Quei bimbi sotto le macerie
Esma Cakir*
«Voglio tornare a casa» . Sono queste le parole strazianti di una bambina di 6 anni riprese dalla telecamera di un operatore televisivo subito dopo essere stata estratta dalle macerie e salvata a distanza di 8 ore dalla terribile scossa di terremoto avvenuta a Kahramanmaras, nella parte centro-meridionale della Turchia.
Coperta da una coltre di polvere e completamente sotto choc pensava magari di essere ancora dentro al suo letto a dormire, pensava di essere svegliata dai genitori. O forse aveva capito, aveva paura di non avere più una casa. Come la mia piccola nipote di 5 anni, Ayca.
Ieri mattina quando ho acceso il telefono decine di messaggi hanno attirato il mio sguardo lasciandomi interdetta perché tutti mi avvisavano di chiamare immediatamente i miei famigliari in Turchia, mi avvisavano che c’era stato un grosso terremoto.
Non sapevo ancora dell’immane tragedia e già brividi incontrollabili invadevano tutto il mio corpo: per noi che viviamo all’estero è soprattutto in momenti come questo che ci rendiamo conto di cosa significhi vivere cosi lontani dai nostri cari, è in momenti come questo che tutto diventa più difficile. Così sono scoppiata a piangere senza riuscire a smettere pensando a mia sorella che abita proprio in quella zona, con due piccole bimbe, precisamente nella città di Adana, una delle 10 città più colpite dal secondo grande terremoto degli ultimi 100 anni in Turchia, uno squasso che è stato paragonato alla potenza di 130 bombe atomiche.
Sono le 4,17 del mattino quando mia nipote Ayca grida lasciandosi alle spalle la casa, subito dopo la prima, spaventosa, scossa: «Mamma, in questa casa abbiamo vissuto tante belle cose… Torneremo ancora qui, vero?».
Quanti bambini hanno perso i loro giocattoli, le loro memorie raccolte dentro il loro micromondo, nelle loro stanze colorate dove dormivano e creavano le loro storie, sognando paradisi immaginari. Quanti ne perderanno ancora?
I miei cari fortunatamente stanno bene. Ora so che sono in salvo. Ma la mia preoccupazione per il mio paese devastato rimane intatta.
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