Ora la coalizione diventa più stabile

Marcello Sorgi

La sorpresa non è la vittoria – ampiamente prevista – del centrodestra in Lombardia e Lazio, ma le dimensioni della stessa: oltre il cinquanta per cento dei voti per i governatori eletti. Per il centrosinistra la sconfitta è altrettanto netta, con un premio di consolazione per il Pd, che con tutti i guai che ha supera egualmente i magri risultati delle politiche di settembre. Ma al di là di questi numeri che confermano il quadro politico uscito dalle elezioni politiche del 25 settembre, con qualche interessante variazione che non ne muta la sostanza, l’allarme viene dalla bassissima affluenza alle urne: mediamente sotto al 40 per cento, e nel Lazio ben al di sotto. Dati che influiscono sulla qualità e sul funzionamento delle istituzioni, dal momento che una larghissima maggioranza non ci si riconosce; e che impegnano, non solo i nuovi governatori e le giunte che si formeranno, ma tutti gli eletti, a ricercare nuovi canali di comunicazione con quella parte della società civile che rifiuta di farsi rappresentare dall’attuale sistema dei partiti e dalle coalizioni.

Nel complesso, gli elettori andati alle urne hanno espresso un incoraggiamento a Meloni e al governo che presiede; e non perché questi primi cento giorni (in realtà qualcuno in più) siano stati scevri da errori o da imprevisti che hanno messo alla prova le capacità della giovane premier. Ma perché è come se dalle urne fosse uscito un caloroso invito a lasciarla lavorare e a consentirle di realizzare il suo programma, anche nelle pieghe che possono suscitare perplessità (vedi, ad esempio, il comportamento tenuto dalla presidente del Consiglio all’ultimo vertice europeo). In questo senso si apre un problema per le opposizioni, insieme e separate: è un’illusione credere di poter rimontare giocando sulle scivolate del governo, e non lavorando alla costruzione di un serio progetto comune, da comunicare e spiegare agli elettori senza l’ansia del giorno per giorno, ma puntando a costruire una reale alternativa. Un confronto su proposte convincenti, non pensate solo con l’obiettivo di conquistare consensi anche tra le frange estreme dell’opinione pubblica, ma lavorando anche in modo pedagogico per far capire ai propri elettori che non sì può arretrare rispetto alla comprensione dei problemi e alla qualità delle soluzioni avanzate quando si stava al governo. Vale per le questioni energetiche e per il pacifismo irrealistico che si riaffaccia nel tragico contesto della guerra in Ucraina. E riguarda tutti: Pd, Terzo Polo (tentato dal ruolo ormai inutile di stampella del centrodestra) e 5 stelle.

Nelle percentuali di liste, soprattutto al Nord, si è avuto un responso tutto sommato equilibrato a destra, dove Fratelli d’Italia è cresciuto molto (ma non rispetto alle politiche), lasciando un abbondante margine di sopravvivenza alla Lega, aiutata dall’approvazione in Consiglio dei ministri del progetto di riforma per l’autonomia differenziata, e una ridotta fetta della torta per Forza Italia, che tuttavia può sommare ai suoi consensi una parte di quelli per la lista civica del presidente Fontana e scontare una parte di quelli andati alla Moratti, a tutti gli effetti voti moderati che con lei possono tornare a casa (tra l’altro con il pieno consenso di Berlusconi).

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