Sinistra senza idee tra opa e piagnistei
Facciamo qui una modesta proposta preceduta da una rivelazione, perché è chiaro che i protagonisti di questa storia non se ne sono ancora accorti: al governo del Paese c’è una destra talmente unita dal suo interesse al mantenimento del potere che uno dei contraenti può andare a reti unificate a far fare una figuraccia internazionale alla presidente del Consiglio senza ricevere neanche un metaforico buffetto. Chi nell’opposizione spera in crisi di governo imminenti e convulsioni da fratelli coltelli è destinato a svegliarsi, prima o poi, con la consapevolezza di non aver capito nulla. Davanti a una maggioranza compatta e forte sia alla Camera che al Senato, davanti alla capacità di scrivere decreti contro la Costituzione – il decreto rave – e contro la logica e l’umanità – il decreto Ong, davanti a un ministro della Giustizia garantista a fasi alterne, a seconda di chi c’è da garantire, un’opposizione sana di mente a partire da oggi si darebbe un programma minimo, ma comune. Provino a fare almeno tre cose, quando smetteranno di insultarsi a mezzo stampa. La prima è il salario minimo: sono tutti d’accordo, le differenze stanno alle virgole, stringano un’alleanza, facciano una conferenza stampa congiunta, dicano a questo Paese che tutto quel che è sotto i 9 euro all’ora è schiavitù e che in Italia non può avere cittadinanza. La seconda è la lotta all’autonomia differenziata: è talmente pasticciata che non si realizzerà mai? Probabile. Ma lottare insieme per i livelli essenziali di prestazione, perché un bambino che nasce a Firenze e uno che nasce a Reggio Calabria abbiano gli stessi diritti garantiti su scuola e sanità, sarebbe una buona battaglia. Infine, dicano insieme no ai muri sull’immigrazione (e già la cosa si fa più difficile). Trovino una proposta comune che non siano fili spinati, viaggi della vergogna e soldi alla guardia costiera libica perché in mare si salvino sempre meno persone. Poi riprendano la legge sullo ius culturae, ius scholae, o quel che sia. La chiamino Futura e non smettano neanche un giorno di provarci. A quel punto, forse, quella scheda elettorale non sembrerà più un oggetto inerme figlio di un altro tempo. Perché se chi deve scegliere non vede davanti a sé neanche il seme di un’alternativa, o sceglie quel che c’è, o resta a casa. Come ha fatto domenica e lunedì, ripassando le canzoni di Sanremo alla tv.
LA STAMPA
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