La destra vince con la fuoriclasse Giorgia l’egemonia della sinistra c’è solo a Sanremo
Concita De Gregorio
Quindi riassumendo. La sinistra ha Sanremo e la destra ha il Paese. È così? Ho capito male o è così? Non è questo che dice il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi, Fratello d’Italia? Uno che di mercato dello spettacolo se ne intende, è un professionista del ramo: «Occorre una nuova narrazione dopo la nostra vittoria elettorale». Sorvolo sul fatto che “narrazione” sia una parola da reato: bisognerebbe dare dieci euro da devolvere alla formazione scolastica primaria ogni volta che si pronuncia, avremmo risolto il deficit dell’Istruzione. Sì, certo, è un tic lessicale detrito della sinistra: vuoto propagandistico e stantio come tutte le formule enfatiche che non portano, vedete, a nessun risultato. Strano che la destra di governo non trovi parole sue, più assertive e pugnaci, ma andiamo avanti. Se fossi la Sinistra – qualunque cosa essa ormai sia – e mi chiedessero preferisci essere egemone a Sanremo o nel Paese non avrei dubbi: voi sì? Ma se fosse vero che “la narrazione di Sanremo” è di sinistra, e piace a due terzi del Paese, come mai gli stessi due terzi poi non votano o votano a destra, se alle urne ci vanno – fra un momento arriviamo a chi diserta e perché. Qualcosa non torna. O la pappetta omogeneizzata di Sanremo è il riflesso del Paese (che sarebbe, secondo Mazzi, di sinistra) o il medesimo Paese, come risulta dalle urne, è di destra e allora dev’essere di destra anche una buona parte di chi si sintonizza entusiasta sullo spettacolo mainstream di RaiUno: quello dove le vallette ora si chiamano co-conduttrici e guarda come sono brave a scendere le scale, guarda che intelligentissime che sono, sanno persino scrivere il compito assegnato e dolente da sole. La guerra di invasione dell’Ucraina la mettiamo alle due di notte, se no Berlusconi e Salvini si dispiacciono e un po’ a dire il vero si dispiace anche la sinistra senza casa, quella cosiddetta radicale che il Pd lo trova troppo di destra, preferisce sintonizzarsi con la Lega. E’ tutto sbagliato, è tutto incomprensibile e da rifare. Che motivo ci sarebbe di cambiare i vertici della Rai, di imporre dirigenti nuovi – ad averne, disponibili fascistissimi e credibili per curriculum – se già questi producono il risultato emerso dalle urne? Se fossi la Destra – e abbiamo sotto gli occhi cos’è – mi terrei stretta tutti gli Amadeus del mondo. Funziona, questa storia di Benigni che parla di Costituzione sacra e Fedez che bacia in bocca il cantante profano, straccia la foto del sottosegretario vestito da Hitler (che burlone, il sottosegretario, burlone anche Fedez) se poi il giorno dopo gli elettori di sinistra restano a casa, a votare non vanno e se vanno non bastano: Giorgia Meloni vince, stravince e hai voglia a dire che non è una fuoriclasse, che esagerazione. Fatelo voi, se vi riesce, di portare un partito da 3 al 30 in una briciola di anni: fatelo, come mai non lo fate?
Quindi non capisco cosa c’è che non va, visto da destra è un successo. Il problema, caso mai, è di là. Com’è che la presunta cultura egemone, quella di sinistra, non esprime una cultura politica? Com’è che i fan di Benigni, di Madame, di Tananai che mette gli ucraini nella sua canzone e spopola nelle radio poi non trovano la forza di alzarsi mettesi il cappotto sopra il pigiama e andare al seggio, il giorno dopo? La risacca, probabilmente. Il senso di inutilità del gesto. Troppe volte l’elettorato di sinistra si è fidato e si è affidato a chi, alla fine, ha fatto il suo personale interesse. Ha macinato soldi, legittimamente per carità, consulenze e conferenze profittando del suo reddito reputazionale: del credito che in qualche momento gli elettori gli avevano dato, credendo che lo statista, l’uomo nuovo avrebbe lavorato per loro, per tutti e non per sé. Candidati sbagliati, si sente dire. Bè certo: in prima battuta quello. Candidati opachi, senza carisma, frutto di mediazioni fra nemici interni. I più amati, a sinistra, i più votati dagli elettori sono stati regolarmente messi alla porta. Sarebbe lunghissimo l’elenco dei consiglieri assessori e deputati non ricandidati – non ammessi alle primarie – sebbene assai popolari fra gli elettori, tuttavia non “in quota” di qualcuno. Le quote, le rivalità interne e semiesterne, gli interni di prima ora titolari di un partito proprio. Quelli che hanno preso il bus del consenso e poi sono scesi per capitalizzarlo, per fare lo sgambetto a chi gli stava sullo stomaco perché quella volta mi dicesti, quella volta facesti. Fate voi la lista, la sapete. Se poi i nuovi diventano il sangue fresco di cui i vecchi vampiri si nutrono appropriandosene: tutto resta come prima, niente cambia. Questa la percezione. Questa la grande depressione. Gli elettori di sinistra non sono scomparsi: sono esausti. Risparmiano le forze, come i malati, per continuare a vivere. Finché non ci sarà il segnale che la vecchia fallimentare guardia si è ritirata (ma la meraviglia di ritirarsi?
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