Orlando: “Bonaccini sbaglia, nel Pd più rispetto agli avversari che ai compagni di partito”
Carlo Bertini
Il “superbonus” andava superato, ma non come ha fatto Giorgia Meloni perché il decreto del governo «produce un trauma, penalizza solo i meno abbienti». Andrea Orlando, Pd, ex ministro, critica la scelta sul “110%”. E sul Pd risponde a Bonaccini che parla del vecchio gruppo dirigente schierato con Schlein: «Sono amareggiato, così si fanno liste di proscrizione».
Anche lei, da ministro, ammise che il superbonus andava superato. Non era inevitabile intervenire?
«Che
fosse necessaria un’uscita graduale nessuno lo discute. Il problema è
come lo si fa. Questa uscita non è graduale, penalizza solo chi non ha
le disponibilità finanziarie per anticipare le spese. Dicono che i ceti
abbienti si sono rifatti le case con la fiscalità generale: ma loro
potranno continuare a farlo anticipando i soldi (e usufruendo poi delle
detrazioni, ndr), sono gli altri che verranno tagliati fuori.
Così si creano sperequazioni, si dà un forte colpo alle imprese che
rischiano di trovarsi in situazioni difficili. Si produce un trauma, non
una via d’uscita».
La destra dà la colpa a voi, di fatto. Meloni dice: «E’ stato scritto male, ora tocca a noi risolvere».
«Mi
sembra una ricostruzione fantasiosa, dopo il governo “Conte II” c’è
stato un esecutivo di cui facevano parte anche due delle tre forze di
questa maggioranza. Mi pare una tecnica consolidata: c’è sempre la
ricerca di un responsabile, di un capro espiatorio».
Lo scontro sul superbonus, come quello con i benzinai, nasce
anche dalla linea di ‘austerità’ adotta dalla premier, finora è stata
molto “draghiana” sui conti pubblici.
«Penso che in verità
ci siano elementi di discontinuità col governo Draghi, a mio avviso
negativi. Lo scorso esecutivo teneva conto delle compatibilità che l’Ue
indicava, ma lavorava per non ridurre la spesa sociale e agiva in difesa
del tessuto produttivo europeo e italiano. La Meloni, invece, è passata
dalla propaganda anti-europea a una posizione di subalternità. Il fatto
è che le alleanze della Meloni portano al gruppo di Visegrad, contrario
ad una più forte solidarietà europea, mentre con Francia e Germania è
in difficoltà. Si appoggia solo sull’atlantismo, in assenza di una
strategia europea. Ma non basterà per fare gli interessi del nostro
Paese».
Lei ha criticato i giudizi positivi su Meloni di Bonaccini e Letta. Il presidente dell’Emilia Romagna, su La Stampa, dice: sono polemiche per qualche voto alle primarie.
«Bonaccini
sbaglia! Sono molto stupito di quei giudizi. Da mesi critichiamo la
manovra di bilancio proponendo un impianto totalmente alternativo,
diciamo che la Meloni è più capo partito che premier… Sono posizioni
dell’attuale gruppo dirigente, di cui non faccio parte. Con questo gli
elogi c’entrano poco e depotenziano anche le nostre battaglie. Tanto più
mentre c’è un tentativo di delegittimazione del ruolo delle
opposizioni, e del Pd in particolare, che alcuni di noi stanno pagando
sulla propria pelle».
A proposito del gruppo dirigente. A Bonaccini viene rinfacciato il passato sostegno a Renzi, lui replica dicendo che chi ha guidato il partito in questi anni – compreso lei – è con Schlein. E’ qui che si gioca la sfida tra i due?
«Credo che chi si candida alla segreteria Pd dovrebbe far capire cosa vuole fare, piuttosto che imbarcarsi in queste ricostruzioni. E comunque bisognerebbe avere almeno rispetto per la verità, se non verso i propri compagni di partito per i quali si mostra meno “fair play” che verso la Meloni.
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