Premier nascosta all’ombra di Draghi

Alessandro De Angelis

Solo per stare agli ultimi tempi: le accise. E poi il “caso Donzelli” diventato il “caso Delmastro”, quindi il “caso Nordio”, ministro dimezzato dalla procura, quindi il “caso Meloni”, in quanto premier che antepone la copertura dei suoi al senso delle istituzioni. E poi la reazione scomposta al mancato invito a cena con Zelensky, vissuto come un colpo mortale in termini di peso politico. E un Consiglio europeo piuttosto deludente, gestito, per compensare la figuraccia, con la retorica dei «risultati storici raggiunti». Già smontata dai numeri degli sbarchi (raddoppiati), anche se la verità è nascosta dai cantori dell’”aiutiamoli a casa loro”. E poi il superbonus e la lite delle comari con Forza Italia. E ancora: il caso Berlusconi, mina esplosa sulla credibilità del governo e anche sul percorso, in vista del 2024, di alleanza dei Conservatori col Ppe. E poi le dimissioni di Augusta Montaruli (anche in questo caso: Giorgia Meloni non poteva permettersi, essendo già condannata in secondo grado, di non metterla al governo?).

Ci si è messa anche l’influenza per la premier, e non è la prima volta che, quando la corrente diventa troppo forte, si verifica un’eclissi da cedimento di anticorpi. E menomale che ci sono le opposizioni a ricordare che la “donna sola al comando” non corre rischi. Si comprende perché il viaggio a Kiev rappresenti un diversivo straordinario e venga vissuto da Giorgia Meloni, anche qui con una certa enfasi, come un momento spartiacque e incancellabile, da sfruttare al massimo nel messaggio, in sintonia col mood europeo di questa settimana: mostrare che c’è un ruolo internazionale del governo ed è saldamente nelle sue mani, nonostante le intemerate filo-russe dei suoi alleati, come controcanto rispetto all’incertezza complessiva della vicenda italiana. La “donna sola” che va a Kiev è in piena “sindrome polacca”: l’idea politica di fondo, in un quadro di freddezza con Francia e Germania, è coniugare, guardando alla Polonia, atlantismo spinto e imprintig conservatore. Con la differenza che loro non hanno il problema del debito pubblico dunque possono assumere una postura più antagonista rispetto all’Europa, mentre l’Italia sovranista, in materia, si è allineata.

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