Il presidente La Russa e le parole come pietre
Ma il fatto è che da quel posto lassù, cioè la seconda carica dello Stato, e da chi per conseguenza di democratiche elezioni si ritrova a ricoprirlo, ci si aspetterebbe un uso più calibrato delle parole. Parole che dovrebbero rappresentare tutti noi: chi ha un figlio gay e chi non ce l’ha, chi ne è felice o deluso. Non c’è, insomma, bisogno di chiamare in causa la sostanza di questi giudizi, la loro discutibile (nel senso che se ne può e dovrebbe discutere) condivisibilità. È proprio una questione più a monte: quella delle parole, del peso che hanno, del rispetto che dobbiamo loro e della consapevolezza che ogni volta che apriamo bocca le parole fanno un viaggio. Lungo o breve che sia, da un posto all’altro. Nello spazio, che sia cosmico, sociale, politico. Come diceva un grande scrittore – anzi, la donna che lui aveva ascoltato – le parole sono pietre. Mai inanimate, però.
LA STAMPA
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