Covid, inchiesta dovuta e da archiviare
In questo quadro si aggiungono le dichiarazioni del prof. Andrea Crisanti. Già il fatto che il redattore della consulenza si senta in dovere di «spiegarla» alla stampa è del tutto inconsueto, ancor più il contenuto. Chi abbia letto qualche consulenza o perizia (atti che per definizione vengono disposti in situazioni complesse) conosce la prudenza degli esperti che spesso adottano la formula che alcune conclusioni sono «incompatibili» con i fatti accertati, altre sono «compatibili», ma nessuno si spinge ad affermare la «sua Verità». Eppure il prof. Crisanti non si ritrae: «Ho tentato di restituire agli italiani la verità sui processi decisionali» (Corriere della sera, 3 marzo); «Abbiamo utilizzato… modelli matematici altamente predittivi che ci hanno permesso di trarre conclusioni» (Nazione-Carlino-Giorno, 3 marzo). E va oltre: «Mi sono impegnato per dare una risposta al dolore dei parenti delle vittime» (Il Messaggero, 3 marzo); dubito che sia stato richiesto nei «quesiti» che, secondo prassi, la Procura rivolge ai consulenti.
Di fronte a questi importanti interrogativi vi è da augurarsi, questa volta più che mai, che il confronto con le difese possa concludersi in tempi rapidi. Altri, non i magistrati, potranno e, meritoriamente, dovranno applicarsi a «valutazioni scientifiche, epidemiologiche, di sanità pubblica, sociologiche, amministrative». Nel frattempo manteniamo ben saldo il riferimento ai compiti e ai limiti rigorosi della giustizia penale: questo sì deve essere il messaggio da comunicare «alla gente», evitando di indurre aspettative destinate, con ogni verosimiglianza, ad andare deluse. È anche rispetto per la «incommensurabilità» del dolore dei familiari delle vittime, che non deve essere posto a confronto con i limiti e la «misura» della giustizia penale.
«Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione» (art. 112 Costituzione), ma, specularmente, il Pm ha «l’obbligo» di richiedere l’archiviazione quando non vi è «una ragionevole previsione di condanna» (art. 408 c.p.p.), evitando aggravi al sistema giudiziario, sconcerto nella pubblica opinione e inutili sofferenze agli indagati.
LA STAMPA
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