La lunga mano del Fsb e la troppo facile colpevole Daria Trepova. Da Navalny al video della donna, tutti i buchi neri della bomba nel “caffè Prigozhin”

Naturalmente, Fsb e Ministero dell’Interno russi puntano ad altro; e accusano gli ucraini. Ed è ovvio che a Kiev neghino il coinvolgimento nell’esplosione (Mikhail Podolyak, consigliere del capo di staff di Zelensky, definisce l’incidente «terrorismo interno»), il fatto è che il governo ucraino viene assolto anche da Evgheny Prigozhin, il capo di Wagner, che ieri ha spiegato: «Per quanto riguarda la morte di Daria Dugina, sì, tutto è simile. Ma non incolperei il regime di Kiev per queste azioni. Penso che ci sia un gruppo di radicali che è poco legato al governo. Ecco come lo chiamerei». Prigozhin, che non è uno che non sappia comunicare, si è astenuto dallo specificare se questi «radicali» fossero ucraini. Sa bene, lui per primo, che l’assassinio di Tatarsky (cioè una delle figurine più violente dell’impero propagandistico wagneriano), suona anche come un altro colpo ai deliri di potere del capo di Wagner. Un colpo targato direttamente Fsb?

Non è tutto: gli Interni russi accusano, oltre ai servizi ucraini, anche Alexey Navalny e il suo team di aver partecipato all’organizzazione dell’attacco terroristico. Ma se la prima cosa (un coinvolgimento ucraino) è possibile, la seconda appare – a tutti gli osservatori russi seri – completamente fuori dalla realtà. Al punto da inficiare anche la prima. Si torna al punto di partenza: qualcuno, e se sì, chi, ha incastrato Daria Trepova?

Ieri alcuni canali Telegram (tra cui quello di Ksenia Sobchak, la figlia del sindaco di Mosca, uno dei pupazzi di Putin) hanno sostenuto che l’incarico a Trepova sia stato dato da Roman Popkov, ex-leader del ramo di Mosca del Partito Bolscevico Nazionale (Nbp) di Limonov. Popkov si oppose attivamente alla guerra in Ucraina, ed è all’estero. È legato a Ilya Ponomarev, fiero oppositore di Putin, ex membro della Duma, che con il «Russian national army» è stato già tirato in ballo nell’attentato a Daria Dugina. Secondo questi canali, Popkov ha chiesto a Trepova di completare il compito ricevuto da un «unico amico» che si è rivelato essere un agente Sbu. Popkov ha già spiegato a The Insider che lui non c’entra nulla: «Purtroppo», perché «Tatarsky meritava eccome di morire». E la storia messa così ha enormi buchi, perché anziché accusare Navalny, accuserebbe altri russi, il mondo di Ponomarev. Non sono la stessa cosa per niente.

Zdanov, il direttore della Fondazione Navalny, alla luce di tutto questo, taglia corto: «Tutto ciò che sta accadendo suggerisce che in realtà sono stati gli agenti dell’Fsb a eliminare loro stessi questo propagandista. Lo fanno dal 2014: avvelenandosi e uccidendosi allegramente, dividendosi i mercati. È solo che non tutti i casi sono pubblici. E oggi è molto conveniente per loro attribuirli a noi. Abbiamo bisogno non solo di un nemico assoluto esterno sotto forma dell’Ucraina, ma anche di uno interno sotto forma della squadra di Navalny».

LA STAMPA

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