Berlusconi, la leucemia cronica e l’insufficienza renale: le cure e le speranze della famiglia

Silvio Berlusconi resta in terapia intensiva: impossibile al momento fare previsioni su quanto tempo dovrà restarci. È al padiglione Q, piano – 1, in un box isolato dal passaggio dei parenti degli altri malati. Al fianco del medico di fiducia Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e Rianimazione, da ieri esce allo scoperto anche Fabio Ciceri, primario di Ematologia, Trapianto di midollo osseo e Oncoematologia.

Nelle ultime settimane l’ex premier è stato sottoposto a Pet e prelievo del midollo, i tipici esami per arrivare alla diagnosi di leucemia. Nella giornata di ieri più volte scatta l’allarme: la vita di Berlusconi appare appesa a un filo. Sotto osservazione i movimenti dei figli: nel primo giorno di ricovero, l’altroieri 5 aprile, il loro arrivo tempestivo, uno dopo l’altro, a trovare il papà è il primo segnale che stavolta non si tratta dei controlli di routine a cui le cronache sulla salute di Berlusconi ci hanno abituato. E ieri il loro andirivieni viene interpretato a più riprese come la prova di un aggravarsi delle condizioni del leader di Forza Italia. Supposizioni smentite dalla realtà: anche a tarda sera le condizioni dell’ex premier non vengono definite drammatiche.

Del resto, Silvio Berlusconi ha sorpreso più volte. È il giugno 2016 quando dopo l’operazione a cuore aperto in seguito a un malore causato da un’insufficienza aortica Zangrillo dichiara: «Ha rischiato di morire, era davvero in condizioni severe, preoccupanti e ne era consapevole». E dopo il Covid del settembre 2020 è lo stesso Berlusconi ad ammettere: «Grazie al cielo e alla professionalità dei medici ho superato quella che considero la prova più pericolosa della mia vita». Nessuno può scommettere se sarà così anche stavolta. Quel che è certo è che la famiglia si consola pensando che Berlusconi sta reagendo bene e che il tipo di leucemia è trattabile. Lo spiega il fratello Paolo uscendo dall’ospedale: «Sta riposando. Siamo più sollevati, c’è un miglioramento. Abbiamo la consapevolezza che è curato nel migliore dei modi e quindi siamo fiduciosi».

CORRIERE.IT

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