I conti con il nostro passato: la saggezza della Costituzione
Negli anni di quell’infuocato dopoguerra si decisero molte cose della nostra Storia, della sua ambiguità, delle sue molte apparenti contraddizioni e dei suoi molti taciti compromessi: tutte cose che possono dispiacere, e che però aiutarono non poco la Repubblica a mettere radici e a vivere. Il Partito comunista, ad esempio, ebbe una parte decisiva nella scrittura della Costituzione, e se non altro in questo senso svolse sicuramente un ruolo centrale nella costruzione della nostra democrazia. Eppure quel medesimo Pci — impregnato di stalinismo fino alla punta dei capelli e con il suo massimo dirigente coinvolto direttamente nei più atroci misfatti di Mosca — non poteva certo dirsi una forza politica democratica. Ciò nonostante, se nel 1976 qualcuno avesse chiesto a Pietro Ingrao sul punto di diventare presidente della Camera — all’Ingrao ex direttore della trucissima Unità filosovietica al tempo dei «fatti» d’Ungheria — di dichiararsi preliminarmente contro il comunismo e i suoi crimini, di dissociarsi pubblicamente dal Gulag e dal massacro di Katyn, che cosa avremmo pensato? Saremmo stati d’accordo?
La nostra storia, al pari di quella di tanti altri Paesi, ma forse un tantino di più, è stata fatta anche di questi necessari oblii, di queste opportune dimenticanze. Dopo il 1861 chi chiese mai ai tanti democratici che pur avendo militato durante il Risorgimento nelle schiere mazziniane si erano poi messi al servizio dei Savoia, chi chiese mai di rinnegare il loro passato, di dissociarsi retrospettivamente dalla loro fede e dal suo profeta braccato fino alla fine dalla polizia dei suddetti Savoia? (In molti lo fecero, come si capisce, ma perlopiù elegantemente, in privato). E a Giosuè Carducci, per dirne un’altra, appassionato aedo dell’Italia monarchica di fine Ottocento, chi rinfacciò mai di aver detto peste e corna, qualche decennio prima, del modo in cui quella stessa Italia era stata fatta? Cioè con l’ambiguità e con gli equivoci, con la mutevolezza dei fronti e l’eterogenesi dei fini con cui sono state sempre fatte le cose su questa terra?
Bisogna convincersene: la storia e la politica che ne è l’anima non sono cose che assomiglino al casellario giudiziario, con l’elenco dei pregiudicati da tirar fuori al momento opportuno. I conti con l’avversario, con il nemico, vanno regolati sia pure nel modo più spietato ma sul momento. Non ottant’anni dopo aver vinto.
CORRIERE.IT
Pages: 1 2