Migranti, il governo vara lo stato di emergenza: l’obiettivo è svuotare gli hotspot

Francesco Olivo

ROMA. Ora l’emergenza è ufficiale e certificata. Il governo Meloni è in difficoltà per l’aumento degli sbarchi sulle coste italiane, gli hotspot sono pieni e bisognava dare una risposta. Così si è arrivati allo stato d’emergenza sulla questione migratoria, il primo dal 2011. La richiesta, molto pressante, è arrivata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, mentre formalmente la proposta è di Nello Musumeci, ministro del Mare, con delega alla protezione civile. Nei prossimi giorni sarà nominato un commissario, che con tutta probabilità sarà Valerio Valenti, ex prefetto di Firenze, attualmente capo del dipartimento immigrazione del Viminale.

Lo stato d’emergenza durerà, per il momento, sei mesi, con l’obiettivo di superare l’estate, sperando che la situazione internazionale possa favorire una riduzione dei flussi. La prima dotazione è di cinque milioni di euro, cifra considerata nel ministero solo un primo stanziamento.

Si tratta di una misura amministrativa, fondamentalmente per svuotare gli hotspot, che però ha inevitabili risvolti politici: «Abbiamo deciso lo stato di emergenza sull’immigrazione per dare risposte più efficaci e tempestive alla gestione dei flussi», ha dichiarato Giorgia Meloni con una nota al termine del Consiglio dei ministri. L’opposizione attacca: «Risuonano lontane le false promesse elettorali di fantomatici e irrealizzabili blocchi navali – dice Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle -. Quando era all’opposizione Meloni, con l’Italia in ginocchio per il Covid, si stracciava le vesti contro la proroga dello stato di emergenza, eppure lo stato di emergenza in quel momento era una scelta davvero necessaria». «L’emergenza non è quella dei migranti ma quella di una situazione economica e sociale difficile e di una inflazione che ammazza gli stipendi», aggiunge Francesco Boccia, capogruppo del Pd al Senato. «In questo modo avremo probabilmente degli standard di accoglienza più bassi di quelli minimi previsti, con “strutture parcheggio” e affidamenti fatti senza evidenza pubblica, con tutti i rischi che ne conseguono”, dice Riccardo Magi, capogruppo alla Camera di + Europa.

Il primo obiettivo che il governo si pone con lo stato d’emergenza è intervenire sulle strutture, poter andare in deroga al codice degli appalti, viene considerato fondamentale per poter creare nuovi cpr, i centri di permanenza per i rimpatri (il decreto Cutro ne prevede almeno uno per regione). L’altro scopo è snellire la procedura dei trasferimenti, secondo il Viminale l’aumento degli sbarchi (“del 300%”) fa sì che spesso, in particolare a Lampedusa, non ci sia nemmeno il tempo per svuotare gli hotspot. Senza procedure d’emergenza, anche i semplici noleggi di charter e navi devono essere sottoposti a gare europee, procedure che per sei mesi potranno essere più rapide.

Con l’ingresso nello stato d’emergenza poi si attua una via preferenziale anche per l’accesso al fondo di emergenza nazionale, della presidenza del Consiglio, che però va rifinanziato, perché qui si attinge per ogni tipo di situazione straordinaria, a partire dalle calamità naturali.

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