Pd, il primo mese di Elly Schlein: stato maggiore in allarme, ma i sondaggi smorzano le polemiche
Con numeri così, è difficile porre problemi: anche se Elly Schlein ha preso sul serio il senso della sua investitura e fa la leader. È la vera novità che il Pd deve metabolizzare. La nuova segretaria non è un primus inter pares, messa lì grazie ad un accordo tra capicorrente. È come Salvini, come Berlusconi, come Conte: detta la linea senza passare da riunioni e Direzioni. Decide da sola. Non fa (per ora) accordi con capibastone e correnti. In un mese è diventata l’anti-Meloni, l’alter ego di Giorgia: in campo ci sono loro due. La novità per il Pd è sensazionale: tanto che, negli stati maggiori, molti credono che non continuerà così.
E se invece continuasse così, cambiando quel che il popolo delle primarie le ha chiesto di cambiare? Detrattori silenziosi sostengono che fino alle elezioni europee dell’anno prossimo non rischia niente: e che anzi, poiché quel voto avverrà col sistema proporzionale, lei potrà evitare lo scoglio delle alleanze, contro il quale è naufragato Letta. Elly Schlein ha davanti del tempo, insomma. Anche se non è necessariamente detto che questo, per lei, sia un vantaggio.
Quanto durano le lune di miele? Nemmeno sei mesi e quella di Giorgia Meloni sembra già calante. E come declinare soluzioni – dall’economia al clima, dall’immigrazione al lavoro – finora profilate con slogan e battute? Le insidie sono evidenti, e sulla riva del fiume – infatti – c’è già chi comincia a cercare un po’ di posto. Sono gli esclusi: o quelli che davvero non riescono ad esser d’accordo. Ma il vero rischio – precisamente come accadde a Renzi – sarebbe l’emergere di un vero e diffuso rigetto da parte della base del partito. In quel caso, nulla salverebbe Elly Schlein. Ma certo nulla, ugualmente, garantirebbe la sopravvivenza del Pd.
LA STAMPA
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