Il valore del potere neutro

di Antonio Polito

Come il capo dello Stato, anche la Corte Costituzionale ha più volte dato prova di una funzione «moderatrice»

Nel triangolo di magnifici palazzi che circonda la Fontana dei Dioscuri, in cima al colle del Quirinale, opera quello che potremmo definire il «potere neutro» della nostra Repubblica. Il copyright di questa formula appartiene all’abate Sieyès, non a caso considerato dal pensiero liberale come «l’inventore del sistema rappresentativo» alla fine del Settecento. Di fronte alle convulsioni della Rivoluzione francese, Sieyès si pose infatti il problema di come limitare il «potere illimitato» della «volontà generale» di Rousseau, per mitigare i pericoli di dispotismo insiti in quella nuovissima forma di governo che era allora la democrazia. All’inizio pensava a un «giurì», a un arbitro , che vegliasse «con fedeltà alla salvaguardia del deposito costituzionale», moderasse le tensioni e i conflitti tra potere esecutivo e legislativo, e agisse «al riparo da passioni funeste». Poi, con la Restaurazione, gli sembrò che un monarca costituzionale potesse assolvere alla stessa funzione. È dunque facile vedere nella presidenza della Repubblica e nella Consulta gli eredi moderni di tale discendenza liberale. E i vantaggi che essi offrono alla democrazia sono stati di nuovo evidenti in queste settimane. Il capo dello Stato Sergio Mattarella si è infatti impegnato con numerosi discorsi in una vera e propria pedagogia costituzionale, mettendo in relazione tra loro i due grandi dibattiti che hanno chiamato in causa le radici e lo spirito della Repubblica: quello sulla Resistenza antifascista in Italia e quello sulla guerra di resistenza in Ucraina.

«La furia bellicista russa», ha detto il presidente con un linguaggio che non lascia spazio all’ambiguità, ripropone infatti all’Europa la minaccia di una «esasperazione nazionalistica che pretende di violare confini, di conquistare spazi territoriali». Il parallelo storico non può che essere con l’espansionismo nazista: «Come dimenticare la vicenda dei Sudeti e della Conferenza di Monaco, che aprirono la via alla Seconda guerra mondiale?». Ecco perché il solenne impegno «ora e sempre Resistenza», che Mattarella ha ripetuto a Cuneo, si invera oggi nel «sostegno all’Ucraina finché è necessario, finché occorre, sotto ogni profilo; di forniture militari, finanziario, umanitario. Se infatti l’Ucraina fosse lasciata alla mercé di questa aggressione, altre ne seguirebbero».

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