La Tunisia gela Meloni e la Ue: no al baratto soldi-migranti

dal nostro inviato Francesco Olivo

Una dichiarazione congiunta per poi arrivare a un memorandum. E poi un nuovo strappo del padrone di casa: «Non accettiamo i migranti in cambio di soldi». L’Unione europea si presenta al palazzo presidenziale di Cartagine con un po’ di soldi, 150 milioni di euro per le disastrate casse tunisine, altri 100 per il controllo dell’immigrazione irregolare. Solo in caso di un accordo con Washington l’Ue è pronta ad intervenire pesantemente per evitare il fallimento dei conti pubblici nel Paese mediterraneo.

Dietro al linguaggio diplomatico, ci sono un fatto e alcune incognite. Giorgia Meloni è tornata a Tunisi cinque giorni dopo l’incontro con il presidente Kais Saied, stavolta accompagnata da due partner considerati strategici, in vista del Consiglio europeo di fine giugno che, nelle intenzioni italiane, si dovrà occupare di migranti: la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il capo del governo dei Paesi Bassi Mark Rutte. Il presidente tunisino, poche ore prima dell’arrivo dei tre, aveva già messo le mani avanti: «Non saremo la guardia di frontiera di altri Stati». Concetto ribadito in un comunicato diffuso quando gli ospiti avevano già lasciato il Nordafrica: «La soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile, così come le soluzioni di sicurezza si sono dimostrate inadeguate, anzi hanno aumentato le sofferenze delle vittime della povertà e delle guerre».

L’incontro avviene lontano degli occhi della stampa, nel palazzo presidenziale di Cartagine i giornalisti non vengono ammessi e le dichiarazioni finali dei tre leader europei vengono diffuse in streaming senza alcuna possibilità di fare domande e nemmeno di poter assistere a strette di mano e saluti, in ossequio a una esplicita decisione della presidenza tunisina. Come già accaduto martedì scorso, Meloni evita poi di incontrare i giornalisti all’interno dell’ambasciata italiana, forse per evitare imbarazzi con ospiti poco sensibili alla libertà di stampa.

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