Draghi al Senato: «Insieme per l’amore dell’Italia». Applausi ed emozione per il premier

Ora dovrebbe andare alla Camera per depositare il discorso, ma viene bloccato dai senatori in fila per congratularsi; in effetti deve ancora nominare i sottosegretari; gli altri si incamminano velocemente verso la buvette. Gasparri, abbastanza disgustato: «A me votare con la sinistra fa schifo, mi è piaciuta però la chiusa di Draghi sull’amor di patria». Zanda, vecchio saggio: «Qui sembra che il problema sia lo sci. Ma allora l’Ilva? L’Alitalia? Le Autostrade?». Si rivede il leggendario Scilipoti, entusiasta: «Finalmente uno statista!».

Seguono sessantotto interventi, quasi una punizione da girone dantesco: Draghi li segue tutti, pure quelli di La Russa, Giarrusso e Quagliariello, prendendo appunti. I più bruschi sono i 5 Stelle, devono pur salvare l’anima oltre al seggio, Nicola Morra alla buvette parla di sé in terza persona come la regina Elisabetta e Maradona: «Il senatore Morra non ha ancora deciso se votare la fiducia…». Mario Monti cita uno dei passaggi di Draghi: «Dobbiamo essere più orgogliosi, più generosi verso il nostro Paese; all’estero ci giudicano meglio di quanto ci giudichiamo noi». Un’anima pietosa ha trovato al sottosegretario Garofoli una mascherina più comoda.

All’ora di cena Draghi replica. Gli sistemano il microfono, «scusate devo ancora imparare» mormora, applauso di solidarietà. Torna sull’ambiente, sulla lotta alla mafia, sul turismo. Si capisce quali saranno le note su cui batterà nelle prossime settimane: la dignità nazionale — «siamo una grande potenza culturale» —, il dialogo diretto con i cittadini, cui dice di avvertire il loro dolore per «il disastro sanitario ed economico», la loro preoccupazione per il futuro. Sono arrivati Colao e la Carfagna; Giorgetti non s’è mai mosso, come Brunetta.

Attesa per Salvini e la sua mascherina-ossimoro, metà tricolore metà Alberto da Giussano, retaggio dei vecchi tempi. Il leader leghista attacca l’Europa dell’austerity, provoca i grillini con i termovalorizzatori e il ponte sullo Stretto; l’impressione è che non reggerà a lungo la coabitazione con la sinistra, lasciando la Meloni sola all’opposizione. Il premier ha esposto un programma ampio, che richiederebbe anni per riformare il fisco, la giustizia, la burocrazia; ma dice di non voler durare a ogni costo, «il tempo del potere può essere sprecato anche nell’illusione di conservarlo». E ancora: «Spesso mi sono chiesto se la mia generazione stia facendo per i nostri figli e i nostri nipoti quello che i nostri padri e i nostri nonni hanno fatto per noi, sacrificandosi oltre misura».

La Bonino lo avvisa: «Non andrà sempre così come oggi, non ci prenda gusto». Balboni di Fratelli d’Italia denuncia gridando a pieni polmoni «la censura Rai che ha oscurato il nostro capogruppo Ciriani!»; in realtà la diretta è stata spostata da Rai3 a Rai2 mentre Ciriani stava parlando, e i suoi cari non se ne sono accorti. Prendono coraggio i grillini, si iscrivono altri sette a parlare in dissenso — tra cui il mitico Ciampolillo —, altri votano no senza annunciarlo. Verranno giorni difficili, che però non cancelleranno questo giorno: a 73 anni, dice Draghi, essere chiamato da Mattarella e guidare il governo e ora ricevere una fiducia dal Senato così ampia è «la più forte emozione della mia vita».

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