Renzi e Salvini, il ritorno dei due Matteo: i «gemelli diversi» ora al Senato fanno i buoni
Arriva un whatsapp da via Solferino.
L’idea è: raccontiamo i due Matteo.
Che fanno, che dicono. È un po’ anche la loro giornata. Se Renzi non avesse spinto la crisi fin sull’orlo del burrone. Se Salvini non avesse poi accettato di entrare in questo governo.
Intanto Mario Draghi ha appena finito di parlare, e sta ancora lì incerto se sedersi o restare in piedi a prendersi tutta l’ovazione. La scena scorre sul megaschermo montato al centro del salone Garibaldi di Palazzo Madama: non se ne parla di andare a sbirciare dal vivo in tribunetta come ai bei tempi, ci fanno stare solo qui, distanziati e in piedi sul parquet che scricchiola, ma bisogna mettersi un po’ storti, con mezza testa girata verso il finestrone spalancato sul gelo di Roma, perché è sempre meglio beccarsi un raffreddore, che altro.
Renzi sbuca alle spalle.
Allegro, mai visto così allegro. Viene avanti a passi lunghi e si ferma di botto, schiocca i tacchi, fa lo spiritoso, accarezza i capelli di una portavoce, da un pizzicotto sul sedere a un funzionario: poi soddisfatto si tira su i pantaloni che gli calano perché a furia di correre la mattina qualche chilo l’ha buttato via sul serio, s’alza la mascherina per fare le faccette, attacca a parlare con tutti noi che ci mettiamo in circolo.
«Ragazzi, volete sapere se sia stato giusto aprire la crisi? No, dico: ma che meraviglia di discorso ha fatto Draghi? Dai, uno spettacolo. Draghi ha una visione».
Si volta un giovane cronista e chiede se ha sentito bene, le mascherine ovattano tutte le voci: davvero Renzi è entusiasta di Draghi? Sì, gli piace. Non ha cambiato ancora idea, se è questo il punto.
E forse un po’ lo è. «Credetemi: io sono entusiasta di contare di meno. Mi metto qui buono buono, e assisto». Renzi buono buono, vabbé. Però è un fatto che non ci reciti il mantra delle ultime settimane: dobbiamo chiedere il Mes, parlare di Alitalia, fare il ponte sullo Stretto.
Comunque: va bene, grazie, capito. Il circoletto si scioglie, ma Renzi non molla. E prosegue (qui la faccenda, in effetti, si fa piuttosto interessante): «Oh, ragazzi: vi è chiaro che nei prossimi due anni ci sarà una riorganizzazione di tutta la politica italiana? Se a sinistra si fa l’intergruppo Pd-M5S-Leu sulla linea Zingaretti-Bettini e i partiti a destra si europeizzano, al centro si apre un’area liberal democratica riformista che in Europa è rappresentata da Macron, Michel e Vestager e dove noi di Italia viva possiamo diventare forza aggregatrice».
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