L’Italia sarà più arancione. Ora si studiano chiusure per le singole province

Intanto governo e regioni tentano di arginare l’avanzata delle più contagiose varianti, in grado di spingere verso l’alto la curva epidemica che da settimane passeggia sul plateau. Un altipiano d’alta quota però, visto che ancora ieri i contagi erano 12.074 e i morti 369. Numeri che ci metterebbero poco a generare una 3ª ondata con un Rt in salita sopra il livello di guardia di uno. Lo sanno gli scienziati di Iss e Cts come l’ha capito bene il Governo, che ragiona su un cambio di passo del monitoraggio, rilevando i 21 parametri non più a livello regionale ma di singole province, in modo da far scattare automaticamente le zone rosse senza lasciare margini di discrezionalità ai governatori.

Ieri sera un vertice tra ministero della salute, Cts e Arcuri ha discusso su come tradurre in fatti l’invito di Draghi a fare presto sui vaccini. Primo nodo da sciogliere l’utilizzo del vaccino di AstraZeneca. Il ministero della Salute non ha nascosto la propria irritazione per l’atteggiamento ondivago dell’Aifa, che prima ha autorizzato l’antidoto di Oxford solo per gli under 55 sani, ora invece ha dato via libera anche per le persone tra i 55 e i 65 anni senza le malattie a rischio elencate dal piano vaccini. «Così abbiamo finito per inculcare l’idea che il vaccino non sia utile» è il parere di uno dei dirigenti ministeriali. Per questo si pensa ora di lasciare agli over 55 libertà di scelta, fermo restando che chi rifiuta oggi Astrazeneca dovrà mettersi in coda per farsi inoculare poi un altro antidoto. Smontate le primule di Arcuri bisognerà poi individuare gli spazi alternativi per somministrare i vaccini: compito che spetterà al commissario, dove le regioni non abbiano provveduto da se. 

LA STAMPA

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