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Per farlo si prevede anche la creazione di un meccanismo volontario di licenze: permetterebbe la condivisione del know-how tecnologico per la produzione dei vaccini, tutelando le case farmaceutiche, che rimarrebbero titolari dei diritti. Una strada, questa, che spazzerebbe via ipotesi come la vendita o l’esproprio dei brevetti di Big Pharma. L’idea di lungo termine è la creazione di una rete, EU Fab, di capacità produttive pronte all’occorrenza e presenti in tutta Europa, un asset per il futuro Hera Incubator, che la Commissione vuole trasformare a regime in un’agenzia Ue dedicata alle emergenze sanitarie.
Il piano Ue punta anche ad aiutare i Paesi a individuare le varianti,
con il sequenziamento di almeno il 5% dei campioni positivi (oggi siamo
appena all’1%): un passaggio necessario per l’adeguamento dei vaccini
alle mutazioni del virus e una loro rapida autorizzazione; obiettivo per
il quale l’Ue mette sul tavolo 75 milioni di euro, oltre ai 150 già
previsti nel programma Horizon Europe a sostegno di ricerca e scambio di
dati. «33 milioni le dosi già consegnate in Europa, ma è evidente che
dobbiamo accelerare la campagna», ha ammesso la presidente della
Commissione Ursula von der Leyen, prima di annunciare una nuova commessa
di ulteriori 300 milioni di dosi del vaccino di Moderna. E sui forti
ritardi nella consegna delle fiale di AstraZeneca previste nel primo
trimestre dell’anno, «siamo fiduciosi che si riesca a recuperare, la
produzione è drasticamente aumentata», ha detto Breton.
Ieri intanto
l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, ha dato il via libera alla
somministrazione del vaccino di AstraZeneca ai soggetti in buona salute e
fino ai 65 anni; ad anziani e persone fragili, invece, andranno le dosi
di Pfizer e Moderna.
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