Il testimone chiave: “Tadini voleva lo stop, ma l’hanno ignorato”

NICCOLO’ ZANCAN

DALL’INVIATO A STRESA. Il verbale del testimone chiave incomincia con questa domanda: «Mi potrebbe descrivere ciò che vede in foto?». «Da questa foto vedo il carrello della vettura numero 3 semi distrutta. La cosa che salta all’occhio è questo dispositivo rosso, che in gergo chiamiamo ceppo o forchettone. La sua funzione specifica è quella di impedire l’intervento del freno sulla fune portante».

Chi risponde alle domande della procuratrice Olimpia Bossi, è uno dei sei dipendenti della funivia del Mottarone. Si chiama Fabrizio Coppi, ha trent’anni, da due lavorava come manovratore e vetturino nell’impianto di risalita. Abita in una piccola frazione di montagna sopra al Lago d’Orta. Tutti lo cercano, lo cerchiamo anche noi. Perché lui è l’unico ad aver confermato la versione del suo responsabile: la versione del capo servizio Gabriele Tadini.

«L’unico a non averlo lasciato solo di fronte al disastro», commentano gli amici del Bar Idrovolante. Lo conoscono in tanti, lo descrivono come un ragazzo molto preoccupato e psicologicamente distrutto per quello che è successo. Alla porta di casa, Fabrizio Coppi dice: «Vi ringrazio. Ma adesso preferisco non rilasciare dichiarazioni». Tutto quello che aveva da dire è agli atti. Una testimonianza considerata molto importante. Perché è l’unica che potrebbe confermare l’impianto accusatorio della procura di Verbania, quello stesso impianto smontato dal giudice per le indagini preliminari Donatella Banci Buonamici.

Fabrizio Coppi dice che il guasto della cabina numero 3 era noto da tempo. «Questa problematica mi è stata comunicata dal caposervizio Tadini a inizio maggio del 2021. Quando sono arrivato in cima, mi ha detto di non togliere i ceppi perché c’era un problema e doveva farlo controllare dalla ditta». Quella cabina girava senza freni d’emergenza, e lui era spaventato proprio per questa ragione. Non si possono trasportare i passeggeri quando l’impianto di sicurezza è disattivato: «Ricordo di averlo domandato a Tadini, quel giorno in cui mi chiese di tenere il ceppo. E lui mi rispose: “Prima che si rompa una fune traente ce ne vuole”». Sapevano di correre un rischio. Lo consideravano un rischio remoto. Ma chi ne era al corrente? Qui c’è il passaggio chiave della deposizione di Fabrizio Coppi: «Ho udito più volte Tadini discutere animatamente con il responsabile d’esercizio Perocchio e con il gestore Nerini perché questi ultimi due erano contrari alla chiusura dell’impianto, nonostante la volontà di Tadini».

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