Il testimone chiave: “Tadini voleva lo stop, ma l’hanno ignorato”

Ancora: «Il punto di riferimento per ogni problematica era Tadini, lui era sempre reperibile. Ma lui, a sua volta, avvisava telefonicamente sia il direttore d’esercizio sia il gestore. A volte capitava che chiamasse prima l’ingegnere Perocchio e poi il signor Nerini, altre volte capitava il contrario. Ho assistito diverse volte a queste scene, ma solo in alcuni casi ho sentito le conversazioni. Perché Tadini lasciava il posto di manovra e usciva sul ponte d’imbarco». Il manovratore si spinge fino a sostenere che il guasto era noto e che il capo servizio avrebbe voluto bloccare l’impianto per permettere la riparazione, ma il direttore e il gestore si opponevano: «L’avaria continuava a manifestarsi, Tadini voleva chiudere. Ma la volontà di Perocchio e Nerini era quella di proseguire, volevano rinviare l’intervento… Credo che la loro politica comune fosse quella di non fermare l’impianto per motivi economici. Di fatto, dopo quelle telefonate, l’impianto continuava a funzionare».

Ecco perché le parole del testimone Fabrizio Coppi sono ritenute cruciali. Ma, secondo il giudice per le indagini preliminari Banci Buonamici, contengono due vizi gravi. Uno di forma: «In merito a tali dichiarazioni, certamente di contenuto accusatorio, mai Coppi avrebbe dovuto essere sentito come persona informata sui fatti». Non come testimone, ma da indagato: con un avvocato a fianco. E poi, ecco il secondo rilevo del gip: «Coppi ben sapeva del rischio di essere lui stesso incriminato per aver concorso a causare il disastro con la propria condotta». Quelle frasi, quindi, secondo il giudice per le indagini preliminari, potrebbero essere state dettate dalla speranza di mettersi al riparo. Altri quattro colleghi della Funivia del Mottarone non confermano la sua versione, usano parole molto più prudenti. Ecco il disastro.

«È la solita storia del pesce piccolo», dicono al Bar Idrovolante. «Cercheranno di scaricare tutte le responsabilità su Tadini». Così non ha fatto il manovratore Fabrizio Coppi. Ma ogni passo di questa inchiesta è stato bruciato nella fretta e forse nell’emotività.

Adesso tutti cercano di rallentare il passo. Il capo servizio Tadini è agli arresti domiciliari, schiacciato sotto il peso delle sue stesse parole. Il direttore tecnico d’esercizio, l’ingegner Perocchio, chiede attraverso il suo avvocato di poter essere presente alle perizie sul cavo spezzato. Il gestore Nerini ha il telefono staccato da due giorni. Gli investigatori annunciano nuovi indagati, mentre studiano il modo per portare via dal bosco la carcassa della cabina numero 3.

LA STAMPA

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