Archive for the ‘La Giustizia’ Category

Gregoretti, via al processo contro Salvini. Ma il pm: archiviare, non ci fu sequestro di persona

sabato, Ottobre 3rd, 2020

di Claudio Bozza

Gregoretti, via al processo contro Salvini. Ma il pm: archiviare, non ci fu sequestro di persona

Matteo Salvini arriva al Tribunale di Catania con l’avvocato Giulia Bongiorno

Il pm Andrea Bonomo ha chiesto al Gup Nunzio Sarpietro il «non luogo a procedere» per il reato di sequestro di persona aggravato nei confronti di Matteo Salvini. Una svolta che potrebbe evitare il processo a carico dell’ex ministro dell’Interno, per il quale la procura di Catania aveva già chiesto l’archiviazione durante la prima fase del procedimento. Anche Giulia Bongiorno, difensore di Salvini, ha chiesto sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. Al fine di accertare se le procedure di sbarco indicate nel capo di imputazione sono tuttora seguite dal governo Conte 2, il gup Nunzio Sarpietro ha accolto la richiesta di ascoltare anche il premier Giuseppe Conte, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, gli ex ministri Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta e il responsabile degli Esteri Luigi Di Maio. L’udienza è stata rinviata al 20 novembre e al 4 dicembre.

«Era la mia prima volta in tribunale da potenziale colpevole e imputato, sono assolutamente soddisfatto di aver sentito da parte di un giudice che quello che si è fatto non l’ho fatto da solo. Era parte di una procedura». Questo il primo commento di Salvini durante una conferenza stampa organizzata subito dopo l’udienza preliminare sul caso Gregoretti; con il leader della Lega anche l’avvocato Bongiorno, in sedia a rotelle, dopo essere stata colpita da una lastra di marmo, in Tribunale. E poi: «È stato un processo politico? No — afferma ancora Salvini —, non credo che sia un processo politico. Ho trovato nel giudice una persona libera e autorevole».

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Boss scarcerati per l’emergenza Covid, Bonafede: “Non decide il ministro chi deve rientrare in cella”

giovedì, Ottobre 1st, 2020

di LIANA MILELLA

ROMA – “Sono 112 i boss già rientrati in cella”. Il Guardasigilli Alfonso Bonafede, accompagnato dal capo del Dap Dino Petralia, parla davanti alla commissione Giustizia del Senato che ha aperto un’indagine conoscitiva sulla carceri. Fornisce i dati sui mafiosi – in tutto 223 dice Bonafede – messi agli arresti domiciliari durante l’emergenza Covid. Dice testualmente: “Alla data del 23 settembre i detenuti del circuito alta sicurezza e quelli sottoposti al regime del 41-bis rientrati negli istituti penitenziari risultano essere 112, cioè tutti e 3 quelli sottoposti al regime del 41-bis che erano stati precedentemente sottoposti a detenzione domiciliare, nonché ai 109 detenuti appartenenti al circuito dell’alta sicurezza. Dei 112 rientrati, 70 risultano detenuti definitivi e 42 sono ristretti a titolo cautelare”.  Quindi sarebbero ancora 111 quelli tuttora ai domiciliari. Di questi Bonafede dice: “Si deve certamente ritenere che la permanenza degli stessi in detenzione domiciliare sia da ricondurre ad autonoma valutazione effettuata dall’autorità giudiziaria. Perché, lo ricordo ancora una volta, il decreto ha obbligato tutti i detenuti scarcerati per emergenza Covid a tornare davanti al giudice per una nova valutazione”. Il Guardasigilli si riferisce al suo decreto dello scorso maggio che ha imposto ai giudici di sorveglianza di rivedere la concessione dei domiciliari, rivalutandola periodicamente, la prima volta dopo un mese, e poi ogni 15 giorni. Decreto che i giudici hanno contestato ricorrendo anche alla Corte costituzionale, perché ritengono che limiti l’autonomia delle loro decisioni. Bonafede annuncia anche di aver disposto “un monitoraggio” sull’attuazione del decreto. 

Ma le sue parole non frenano le polemiche. Lo attacca l’ex M5S Mario Michele Giarrusso, che fa parte anche della commissione parlamentare Antimafia, che gli chiede le ragioni per cui fu emessa la nota circolare del 21 marzo, con cui il Dap segnalava ai giudici di sorveglianza di monitorare i detenuti affetti da una serie di patologie, ma anche quelli over 70. Secondo Giarrusso ritiene che fu proprio quella circolare a determinare le scarcerazioni di numerosi boss. Circolare e successive scarcerazioni che, sempre Giarrusso, collega alle rivolte avvenute in carcere a febbraio su cui sono state aperte indagini giudiziarie per verificarne la natura e l’ipotesi che fossero il segnale di una trattativa aperta con lo Stato che poi, come conseguenza, ha portato alle scarcerazioni. 


La reazione di Bonafede sulle scarcerazioni 

La replica del Guardasigilli arriva a fine audizione. “Il sistema penitenziario è stato trascurato per decenni, quindi si trova in una situazione di normale precarietà, che inevitabilmente entra in tensione se si affronta una pandemia che nessuna democrazia moderna aveva affrontato”. Poi ecco lo sfogo: “Rispetto tutte le opinioni, sicuramente si poteva fare di meglio, ma il Covid ha messo in crisi tutti i luoghi chiusi.

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Il processo a Palamara va chiuso in fretta, il Procuratore generale della Cassazione Salvi mette il bavaglio a Paolo Mieli

domenica, Settembre 27th, 2020

Piero Sansonetti

Sembra che il Csm voglia bruciare i tempi e trasformare il processo a Luca Palamara in una gara di velocità. Tipo Berruti e Mennea. Addirittura le voci dicono che si vorrebbe chiudere tutto nella prossima seduta di lunedì, o al massimo martedì. Condanna all’unanimità e chiuso lì. Perché? Beh, naturalmente c’è di mezzo la questione della pensione di Davigo, della quale abbiamo parlato nei giorni scorsi (cioè la scadenza del 20 ottobre quando Davigo, suo malgrado, dovrà lasciare la magistratura) ma soprattutto c’è la determinazione a non lasciare a Palamara né lo spazio né il tempo per difendersi, perché si teme che la difesa di Palamara possa comportare l’emergere di molto molto fango dai tombini ben chiusi della magistratura, e coinvolgere anche molti nomi eccellenti oltre che il sistema in sé. Quindi: correre, correre, correre. Questo è l’ordine che viene da tutte le parti. Anche dall’alto? Beh, spesso gli ordini vengono dall’alto.

Mentre i consiglieri del Csm si organizzano per liquidare in tempi lampo il reprobo Palamara (unico reprobo riconosciuto), il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, calca la ribalta e si assume in prima persona le responsabilità dell’operazione “Palamara-speedy”. Nei giorni scorsi aveva scritto e diffuso una circolare nella quale spiegava che l’autopromozione dei giudici presso i togati del Csm che dovranno poi decidere le loro promozioni, non è una attività proibita. E che dunque non vanno aperte indagini sul comportamento di chi ha tentato – spesso con successo – le arrampicate di carriera. Affermando così il principio che i magistrati non sono semplici cittadini ma cittadini superiori. Lo stesso identico comportamento può senz’altro essere considerato “traffico di influenze” o “voto di scambio” per un esponente politico (il quale può eventualmente essere arrestato, se non è protetto dall’immunità, e detenuto anche per alcuni anni in attesa di processo) ma non per un magistrato il quale invece dispone di un diritto speciale a far figurare le influenze esercitate o richieste come puro e semplice candido self marketing.

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Palamara fuori dall’Anm: confermata l’espulsione

domenica, Settembre 20th, 2020

Diventa definitiva l’espulsione per gravi violazioni del codice etico di Luca Palamara dall’ Associazione nazionale magistrati, di cui è stato presidente negli anni dello scontro più duro con il governo Berlusconi.

L’assemblea generale degli iscritti al sindacato delle toghe, riunita a ranghi ridottissimi ( un centinaio i presenti a fronte di 7mila soci) ha confermato il provvedimento del 20 giugno scorso del Comitato direttivo centrale dell’ Anm, bocciando il ricorso del pm romano sospeso dalle funzioni e dallo stipendio e imputato a Perugia per corruzione. Solo 1 voto a favore del ricorso.

“Da magistrato e da cittadino che crede profondamente nel valore della giustizia equa ed imparziale ribadisco che le decisioni devono essere rispettate. Con altrettanta forza ribadisco di non aver mai barattato la mia funzione. Auguro buon lavoro all’Anm nell’auspicio che torni ad essere la casa di tutti i magistrati”. Così Luca Palamara ha commentato la decisione dell’Anm di espellerlo.

L’HUFFPOST

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Omicidio Willy, cambia l’accusa: «Chi l’ha picchiato voleva uccidere»

sabato, Settembre 12th, 2020

di Fulvio Fiano

Dal nostro inviato a Paliano — Rischiano l’ergastolo i quattro presunti assassini di Willy Monteiro Duarte. L’accusa a loro carico è da ieri quella di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi come già anche il gip, nell’ordinanza di arresto, aveva ritenuto «astrattamente» possibile in attesa dell’autopsia. Ma sono fin troppo evidenti i segni sul corpo di Willy e le conseguenze che hanno causato. È stata così sufficiente la relazione preliminare del medico legale a fornire gli elementi necessari perché la Procura di Velletri aggravasse l’accusa. Un’accelerazione impressa alle indagini che proseguono con l’ascolto di decine di testimoni, le perizie sull’auto e i vestiti degli arrestati e l’esame di celle e tabulati telefonici per mettere ordine nei punti ancora da chiarire nella dinamica della rissa.

Secondo l’esame del dottor Saverio Potenza, il pestaggio ai danni del ragazzo di origini capoverdiane è paragonabile a un’azione omicida. Gabriele e Marco Bianchi, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia (con ruoli ancora da definire fino in fondo) si sono accaniti su Willy fino a procurargli numerose fratture dal collo all’addome. Colpi dati in sequenza a partire dal primo calcio allo sterno, seguito da altri al volto. Fino ad arrivare a saltare su di lui quando era a terra esanime, come riferiscono i testimoni. La notizia arriva alla vigilia dei funerali ai quali anche il premier Giuseppe Conte parteciperà. Presente anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti.

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Corinaldo, banda dello spray. La sentenza, condanne tra i 10 e 12 anni

venerdì, Luglio 31st, 2020

Ancona, 30 luglio 2020 – Arrivano le condanne, ma con pene ridotte rispetto alle richieste dell’accusa, per la banda dello spray. E’ arrivata poco dopo le 14.30 la sentenza per la strage alla discoteca di Corinaldo, emessa dal gup del tribunale di Ancona, Paola Moscaroli, al termine della settima udienza del processo che si è svolto con il rito abbreviato e a porte chiuse.

Sei ragazzi della Bassa Modenese sono stati condannati dai 10 ai 12 anni, accusati di aver provocato la morte di cinque minorenni e una mamma alla Lanterna Azzurra, la notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018.  

Tra i capi d’imputazione, riconosciuti l’omicidio preterintenzionale, lesioni personali, furto e rapina. Non l’associazione a delinquere. “Siamo delusi – ha detto
uscendo dall’aula il fratello di Benedetta Vitali, una delle vittime – non ci aspettavamo questa decisione, siamo amareggiati. Aspettiamo l’altro processo”.

Per i 6 imputati pene ridotte rispetto alle richieste dell’accusa: dodici anni e 4 mesi per Ugo Di Puorto, 12 anni e 3 mesi per Raffaele Mormone, 10 anni e 5 mesi per Badr Amouiyah, 11 anni e 3 mesi per Andrea Cavallari, 10 anni e 11 mesi per Souhaib Haddada e 11 anni e 2 mesi per Moez Akari.

In discoteca, mentre si attendeva l’arrivo del trapper Sfera Ebbasta, era stato spruzzato del peperoncino per rubare più facilmente le collanine d’oro indossate dal pubblico fatto di tanti giovani.

Gli spruzzi di sostanza urticante, per l’accusa, avrebbero generato il fuggi fuggi dalla discoteca quella sera culminato con il cedimento di una balaustra fuori dall’uscita di sicurezza n.3: morirono cinque adolescenti – Asia Nasoni, Benedetta Vitali, Daniele Pongetti, Emma Fabini, Mattia Orlandi – e la 39enne Eleonora Girolimini.

Il 25 giugno scorso la Procura, con i pubblici ministeri Paolo Gubinelli e Valentina Bavai, aveva chiesto la condanna per tutti, in totale erano più di 100 anni di carcere.

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Cassazione: definitiva la condanna a trent’anni per Graziano Mesina

venerdì, Luglio 3rd, 2020

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei difensori di Graziano Mesina, rendendo definitiva la condanna a trent’anni. Per l’ex primula rossa del banditismo sardo si riaprono le porte del carcere. Mesina, che attualmente vive ad Orgosolo, è stato scarcerato dopo la condanna in appello per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, per decorrenza dei termini.

Secondo la Dda di Cagliari, l’ex bandito sarebbe stato a capo di due gruppi criminali attivi in due aree della Sardegna per coprire l’approvvigionamento di vari tipi di droga, con base in queste due zone dell’isola. Con il rigetto del ricorso decade in via definitiva la grazia concessa a suo tempo dal presidente della Repubblica.

TGCOM

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Luca Palamara a Tgcom24: “Il sistema giustizia va rivisto, così fatica ad andare avanti” | “Csm? Ho timore del sorteggio”

mercoledì, Luglio 1st, 2020

Il sistema giustizia va profondamente rimeditato e rivisto, è un sistema che fa fatica ad andare avanti”, A dirlo, intervistato dal direttore Paolo Liguori nella rubrica di Tgcom24 “Fatti e misfatti” è il pm ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara. “Ha fallito il sistema delle correnti, ha fallito il sistema della spartizione tra correnti“, aggiunge Palamara. E spiega:  “Da un lato ha portato i migliori nei posti più importanti d’Italia ma ne ha penalizzati tanti altri esclusi da questo meccanismo ma avrei timore dell’introduzione del sorteggio” per la scelta dei componenti togati del Csm.

Il caso Palamara e il trojan – “Con i miei avvocati riteniamo esistere un problema molto serio come l’utilizzazione di queste intercettazioni. In alcuni momenti della giornata è perfettamente funzionante, in altri no. Non lo dico io, lo dicono le carte”. Cosi’ l’ex membro del Csm ed ex capo dell’Anm, Luca Palamara, a “Fatti e misfatti” su Tgcom24. “Il pubblico ministero, parlo per me stesso, pensa all’intercettazione come un mezzo di ricerca della prova. È fondamentale: il trojan ha segnato un salto di qualità nella lotta alla corruzione, alla mafia e al terrorismo. Però c’è un problema grandissimo del reale funzionamento di questi captatori informatici”, ha aggiunto. Il trojan “ha una durata limitata, è nelle mani di persone che non sappiamo, gestisce una mole di dati di terze persone che risultano catapultate in questa vicenda che mi riguarda ma sono estranee”, ha concluso Palamara.CHIUDI ✕

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Caos procure, chiesto il processo disciplinare per Palamara e altri nove

giovedì, Giugno 25th, 2020

La procura generale dalla Cassazione ha chiesto il processo disciplinare per dieci magistrati coinvolti nella vicenda dell’hotel Champagne e in altri casi legati. Tra loro figurano Luca Palamara, gli ex togati del Csm Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepri, Gianluigi Morlini e Luigi Spina.

“I magistrati inquisiti potranno difendersi in contraddittorio. E mi auguro anche in tempi brevi, anche se i tempi li detta il Csm. Si tratta dieci posizioni. Per quanto riguarda Cosimo Ferri abbiamo chiesto al Csm di richiedere l’autorizzazione al Senato per l’utilizzabilità delle conversazioni intercettate”, ha detto il pg della Cassazione, Giovanni Salvi.

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Delitto Garlasco, Alberto Stasi chiede la revisione della sentenza: «Trovate nuove prove decisive»

martedì, Giugno 23rd, 2020

«È stata depositata una articolata richiesta di Revisione della sentenza che ha condannato a 16 anni di reclusione Alberto Stasi per la tragica morte di Chiara Poggi». Lo afferma l’avvocato Laura Panciroli, nominata nel dicembre scorso proprio «per una completa rilettura della complessa vicenda processuale, finalizzata alla sua revisione». Chiara Poggi era stata uccisa a Garlasco (Pavia) il 13 agosto del 2007 e l’autore dell’omicidio fu identificato nell’allora fidanzato Alberto Stasi, 24 anni all’epoca dei fatti, oggi 36enne, che a dicembre 2015 è stato condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione ed è ora detenuto nel carcere di Bollate. shadow carousel

Delitto di Garlasco, nove anni di processi e perizie in cerca della verità: la fotostoria

«Sono stati individuati e sottoposti al vaglio della competente Corte di Appello di Brescia elementi nuovi, mai valutati prima, in grado di escludere, una volta per tutte, la sua responsabilità», dichiara l’avvocato di Alberto Stasi, Laura Panciroli. La revisione di una sentenza definitiva è un provvedimento rarissimo, che come presupposto deve avere nuove prove di straordinaria importanza, non disponibili e neppure immaginabili all’epoca del dibattimento. «Le circostanze su cui era basata la sua condanna (le stesse, peraltro, sulle quali era stato prima, ripetutamente, assolto) sono ora decisamente smentite – dice l’avvocato -. Si è sempre dichiarato innocente e in molti hanno creduto che la verità andasse cercata altrove. Ora ci sono elementi anche per proseguire le indagini».

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