Dalmine (Bergamo), – Svolta nelle indagini dell’omicidio di Franco Colelleoni. I Carabinieri del Comando Provinciale di Bergamo hanno arrestatoil figlio Francesco.
L’attività di polizia giudiziaria proseguita ininterrottamente dal
momento della scoperta del cadavere del 68enne ha permesso di accertare
che nella mattinata di ieri, dopo l’ennesimo diverbio per la riapertura del loro ristorante, padre e figlio, cuoco del locale, hanno avuto una colluttazione nel corso della quale il 34enne ha percosso violentemente il padre facendolo cadere a terra e
facendogli sbattere più volte la testa su una pietra del cortile. Il
presunto movente è nei cattivi rapporti familiari e in quelli legati
alla gestione del ristorante di famiglia.
Derubato. O forse sopravvissuto. Il signor Anacleto Giriolo, pensionato 72enne residente in via Settembrini, è una delle vittime della coppia di rapinatori che, probabilmente, poi hanno proseguito nelle razzie assassinando, forse in reazione a una sua «resistenza», il professor Stefano Ansaldi, ginecologo di 65 anni originario di Benevento con studio a Napoli, sgozzato alle 18.15 di ieri in via Mauro Macchi angolo via Scarlatti.
Dice Giriolo: «Camminavo tranquillamente, stavo tornando a casa. D’improvviso, mi hanno spinto, sono caduto a terra… Hanno preso cellulare e orologio, sono scappati… Una passante ha visto tutto, ha iniziato a urlare, ma quelli erano già lontano».
Ancora a tarda serata, mancava un collegamento definitivo tra i due
episodi, il colpo ai danni del pensionato e l’uccisione del medico. Ma
l’immediata, intensa caccia dei carabinieri che cercano una coppia
probabilmente di nordafricani, forse di giovane età, si è innescata con
l’ obiettivo di catturare sia i rapinatori di Giriolo, sia i killer di
Ansaldi, essendo probabilmente responsabili unici di entrambi i reati.
I due hanno raggiunto la stazione del metrò di Lima, attraversando un affollato corso Buenos Aires,
con passanti a occupare l’ intero marciapiede e in coda fuori dai
negozi. I rapinatori avevano indosso la refurtiva sottratta al 72enne
(al ginecologo non sarebbe stato rubato nulla) e sono saliti a bordo di
un treno con destinazione Sesto San Giovanni. Dopodiché, avrebbero preso
la direzione opposta, fino a Bisceglie, soltanto che in quella stazione, sui vagoni, loro non c’erano. C’era solo il telefonino del pensionato.
Una scossa di terremoto di magnitudo 3.8 è stata registrata in provincia di Milano alle 16.59. L’epicentro è a Trezzano sul Naviglio, a 7,9 km di profondità. Lo conferma su Twitter l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
I timori indotti nei funzionari regionali dalle inchieste della Procura di Milano stanno paralizzando la centrale acquisti della mia Regione Lombardia, scrive (tramite il proprio staff legale) il presidente Attilio Fontana ai quattro pm che in estate lo hanno indagato, per l’ipotesi di frode
in pubbliche forniture, a valle dell’affidamento senza gara di una
fornitura (poi tramutata in donazione) di camici dalla società regionale
Aria spa al cognato. Al punto che questi funzionari
vorrebbero una sorta di preventivo via libera dei pm per non ostacolarmi
nell’acquisto a trattativa privata che ho comunque deciso di promuovere
in Svizzera nel tentativo di non farmi scappare 350.000 dosi di vaccino
contro l’influenza, pena altrimenti l’impossibilità di «ridurre almeno in parte i disagi chi lamenta difficoltà e ritardi nel reperimento del vaccino».
Quasi a deviare verso altri parafulmini l’eventuale definitivo fallimento della telenovela lombarda dei vaccini,
questa è la rappresentazione della situazione che il presidente
leghista della Regione ha messo per iscritto, a firma del proprio staff
difensore, in una inusuale comunicazione rivolta tre giorni fa al
procuratore aggiunto e ai tre pm titolari del fascicolo in cui è
indagato. Missiva da essi inoltrata al collega Giordano Baggio che ha il
fascicolo senza indagati sulle infelici gare (12 sinora, con sbalzi
anche da 5 a 27 euro a dose) da settembre.
La Lombardia dovrebbe entrare in zona gialla l’11 dicembre. Il condizionale è d’obbligo perché il passaggio è garantito soltanto se i dati continueranno ad essere in linea con quelli degli ultimi giorni. L’ha confermato giovedì il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, che immagina da metà dicembre una Regione con libertà di movimento, movimento che i governatori (tutte le Regioni dovrebbero essere a quel punto in zona gialla) puntano ad avere tra i Comuni anche nei giorni 25 e 26 dicembre e 1° gennaio, contrariamente a quanto stabilito dal decreto legge approvato nella notte tra mercoledì e giovedì. Il governatore, però, non nasconde qualche preoccupazione, in particolare, per il weekend del 19 e 20 dicembre, l’ultimo in cui si può partire prima delle festività natalizie.
Teme una nuova «fuga dal Nord»: «Rischiamo di rivivere quello che successe nella notte fra il 7 e l’8 marzo» — ha detto Fontana parlando a Mattino 5,
venerdì mattina —. Il rischio è proprio quello. Proprio perché oggi
possiamo prevederlo, dovremo cercare di attrezzarci perché ci sia
particolare attenzione nelle stazioni, negli aeroporti e da tutti i
luoghi da cui la gente potrebbe partire. Bisognerà parlare con le
Prefetture e con le forze dell’ordine per evitare che si creino più danni che lasciare la libertà a tutti di circolare nel periodo natalizio».
Per due volte la polizia bussa alla porta di Alberto Genovese: prima che la violenza inizi e durante la feroce violenza sessuale sulla giovane modella di 18 anni.
A chiamare sono due inquilini del palazzo, uno è l’ étoile della Scala
Roberto Bolle, che abita al piano di sotto, esasperato dal frastuono
assordante della musica della festa del milionario imprenditore mago
delle startup . Gli agenti non entrano, come è consueto negli interventi
per schiamazzi: la prima volta dopo aver parlato con Genovese, che
abbassa la musica; la seconda vanno via perché la festa è finita e la
musica ormai è stata spenta, ma proprio in quei momenti la ragazza,
drogata e semi incosciente, sta subendo il calvario «nelle mani del suo
aguzzino». Genovese verrà arrestato quasi un mese dopo nell’inchiesta
del pm Rosaria Stagnaro coordinata dall’aggiunto Letizia Mannella.
Roberto Bolle
Alle 22.40 del 10 ottobre scorso la Volante Sempione primo turno si ferma davanti a un palazzo nel pieno centro di Milano. A chiamare è stata un’inquilina «disturbata dai continui rumori molesti e della musica a volume alto», si legge nell’annotazione di servizio. Gli agenti verificano direttamente che il fracasso arriva dalla terrazza di Genovese e bussano alla porta del lussuoso apparamento con vista sul Duomo. Ad aprire è Genovese stesso che, «invitato formalmente ad abbassare il volume della musica, acconsentiva e irritato – sottolineano i poliziotti – rientrava all’interno». È evidente che lo stupro non era cominciato. La vittima, infatti, ha detto di essere entrata nella camera da letto proprio intorno a quell’ora e di aver subito assunto droga. Poco dopo un’amica la cerca, ma viene respinta da un buttafuori che sorveglia la stanza da letto.
Ora di punta del primo martedì da lockdown
autunnale. Nel quartiere Corvetto, ma è così anche nella zona di
Maciachini o sulla circonvallazione vicino ai Navigli e in generale nei
diversi spicchi della città, la zona rossa non si percepisce. Basta
rivolgere lo sguardo alle strade della città, nuovo epicentro dell’epidemia:
rombi ai semafori preannunciano lo scatto dei veicoli in attesa, che
arriva puntuale non appena la luce diventa verde. Nei parchi cittadini,
non c’è la folla di appena tre giorni fa, quando una bella domenica di
sole ha attirato migliaia di milanesi sui prati a godersi il sole, sulle
panchine o nei campi da basket. Come nei supermercati ci sono file di
clienti in paziente attesa, tanti anche anziani, e piccoli assembramenti
ai banchi dell’ortofrutta o davanti agli scaffali dei prodotti che
vanno per la maggiore. La mattina, i genitori sciamano – a piedi o in
auto – per portare i figli piccoli nelle scuole rimaste aperte.
L’eccezione è nel pieno centro storico, dove il silenzio è rotto quasi soltanto da passaggi di tram, qualche taxi sparuto o moto. Tante, invece, le biciclette. La situazione che appare sotto gli occhi girando di quartiere in quartiere rende lontani, nella realtà, gli scenari che si prefiguravano la settimana scorsa ricordando il primo lockdown, quando per le strade sembrava essere calato davvero il deserto, con pochissimi veicoli in movimento salvo mezzi pubblici e serpentoni fuori dai supermercati accanto a sfilze di serrande abbassate. In questa che è una ’chiusura più soft’ rispetto alla precedente, considerando il numero di negozi aperti, le scuole per i più piccoli ancora “in presenza” e le attività consentite, per le strade pulsa ancora la vita.
«Serve
l’intervento dell’Esercito e della Protezione civile, servono forze
esterne, l’ho chiesto alla Regione: adesso l’epicentro della pandemia
siamo noi».
In
caduta libera. Ieri, nel giorno in cui l’Ordine nazionale dei medici ha
chiesto al Governo il lockdown totale per tutto il Paese per
contrastare la diffusione di questa seconda ondata di coronavirus, il
caso dell’ospedale San Gerardo di Monza e della sanità brianzola in
genere assurge al ruolo di «nuova Codogno» o «nuova Bergamo». E proprio
per ciò che la cittadina lodigiana e il capoluogo orobico avevano
rappresentato all’inizio della pandemia: quello monzese senza dubbio in
questo momento rappresenta il presidio medico dell’area italiana più
massacrata dalla pandemia.
«La capacità di mantenere attivo un
ospedale dipende dall’equilibrio tra entrate e uscite di pazienti.
Questo equilibrio da circa una settimana è stato progressivamente
compromesso» ha spiegato ieri senza mezzi termini il direttore generale
dell’Azienda ospedaliera di Monza, Mario Alparone, lanciando l’allarme
sulla situazione in cui versa il San Gerardo di Monza, insieme a quello
di Desio, sotto pressione da settimane per i ricoveri di malati di
Covid19.
Il motivo del «collasso» secondo la lucida analisi di
Alparone sarebbe duplice: «Il primo – spiega – dipende dal fatto che i
trasferimenti di pazienti che prima venivano assorbiti dagli altri
ospedali della Brianza ora è venuto meno e diventa urgente che si
attivino anche verso ospedali meno colpiti dal nostro. Inoltre –
aggiunge – nel frattempo abbiamo sì acquisito 40 medici, 45 infermieri
di comunità e 34 infermieri a tempo determinato, ma abbiamo anche 340
operatori sanitari positivi a casa: un numero straordinario. Il
personale era sufficiente in tempo di pace, non lo è più invece adesso
in una situazione che non esito a definire eccezionale».
I primi due rapinatori sono entrati dall’ingresso principale, alle 8.39, e hanno tirato subito fuori due pistole. I complici si sono poi «materializzati» all’improvviso all’interno, emergendo da un buco nel pavimento, collegato a un cunicolo che passa dai sotterranei. È così scattato l’allarme, martedì mattina a Milano, per una rapina a mano armata in banca, all’agenzia del Crédit Agricole di via Stoppani, angolo piazza Ascoli. Nei primi momenti i rapinatori hanno avuto una rapida colluttazione con il direttore, 48 anni, colpito alla nuca con il calcio di una pistola, alla presenza di una delle dipendenti, 49 anni, mentre una terza collega, 30 anni, è riuscita a scappare dopo aver sentito il direttore gridare «è una rapina». Sul posto è intervenuta immediatamente la polizia, che con una decina di auto ha circondato l’agenzia e bloccato il traffico nella piazza, in una zona centrale della città, tra viale Abruzzi e piazzale Loreto. Deviate 5 linee di bus e tram per lasciar lavorare le forze dell’ordine.
I rapinatori hanno fatto irruzione all’orario di apertura. All’esterno sono subito arrivate una decina di auto della polizia, che hanno circondato il palazzo,
bloccato gli accessi alla piazza e predisposto un’area di sicurezza per
evitare rischi per i passanti. I poliziotti dell’Ufficio prevenzione
generale da protocollo hanno atteso di verificare quale fosse la
situazione all’interno prima di fare irruzione. A quel punto i rapinatori hanno attivato un estintore creando qualche momento di confusione per coprirsi la fuga: sono scappati tutti attraverso i sotterranei.
Il caveau non è stato toccato e i rapinatori non hanno potuto attendere
il tempo necessario perché venisse aperta la cassaforte; sarebbero però riusciti a portar via una ventina di cassette di sicurezza, delle quali si sta verificando quale fosse il contenuto.
E adesso che il Regolamento sulla qualità dell’aria è stato approvato dalla giunta c’è anche una data: dal primo gennaio del 2021 Milano bandisce le sigarette in una serie di luoghi all’aperto. Vietato fumare nei parchi, nel raggio di dieci metri dalle fermate dei mezzi pubblici, nelle zone attrezzate al gioco dei bambini – come era già previsto dalle norme sul verde -, nelle aree cani, nei cimiteri, ma anche sugli spalti degli stadi, compreso San Siro destinato a diventare smoking free. Solo un passo, deciso però, che guarda all’orizzonte del 2030, quando sarà proibito fumare in ogni area pubblica in tutta la città.
E’ un’operazione anti-smog, quella di Palazzo Marino. Perché eliminare il fumo, spiega l’assessore alla Mobilità Marco Granelli, “aiuta a ridurre il Pm10”, ovvero le particelle inquinanti nocive per i polmoni. Eppure, “a maggior ragione adesso, con la pandemia in corso”, quella che il Comune rivendica è anche “una spinta ulteriore per migliorare la salute e fare prevenzione”. Una sfida, tra l’altro, che dal confronto che lo stesso Granelli ha presentato durante una commissione consiliare, unisce città e italiane e internazionali e interi Paesi: dalla Lettonia che vieterà il tabacco entro il 2040 a New York che nel 2011 ha proibito il fumo nei luoghi pubblici compresi parchi, spiagge, piscine e centri ricreativi; da Parigi, che dopo un primo provvedimento concentrato su 6 parchi, nel 2019 ha esteso il divieto ad altre 46 aree verdi. E poi Seul, Sydney, la Svezia e, per restare a queste latitudini, Alghero (no alle sigarette nei parchi e sulle spiagge) o Firenze (divieto vicino ai giochi dei più piccoli”.
Quello che riguarda il fumo, però, è solo un capitolo, il più controverso anche nel dibattito politico, di un regolamento più vasto, che lunedì approderà il Consiglio comunale per la discussione e il voto finale. Obiettivo: migliorare la qualità dell’aria di una Milano che vuole essere sempre più green.