Archive for the ‘Politica’ Category

I sette punti di Schlein alla Direzione Pd e l’attacco della minoranza: «Mai metterci a rimorchio»

martedì, Giugno 20th, 2023

di Maria Teresa Meli

Il presidente del partito e governatore emiliano: «No ad approcci minoritari». Guerini: «L’Ucraina è una questione dirimente»

I sette punti di Schlein alla Direzione Pd e l’attacco della minoranza: «Mai metterci a rimorchio»

No, il redde rationem non c’è stato. Nessuno lo voleva, del resto. La minoranza è convinta di poter guadagnare spazio negoziale dalle difficoltà di Schlein , perciò niente scontro diretto. Ma è la prima volta nella storia del Pd che chi è alla guida solo da pochi mesi riceve tante critiche in Direzione . Non era mai successo prima. Nemmeno con il pur divisivo Matteo Renzi . C’è chi usa il tono soft, come Stefano Bonaccini, e chi, per esempio Lorenzo Guerini, è più duro. Così alla fine per non rimandare all’esterno l’immagine di un partito spaccato Schlein, dopo una trattativa convulsa, accetta di non metter ai voti la sua relazione («Non te la possiamo votare», gli spiega l’area Bonaccini) ma solo i sette punti su cui la segretaria intende mobilitare il Pd, in modo da avere il si di tutti o quasi.

Erano anni che le Direzioni si chiudevano con il voto sulla relazione del segretario. Dunque il malcontento c’è e si vede. Come dimostrano le fuoriuscite di alcuni. Clamorose, o silenziose, come quella dell’ex segretaria dei pensionati della Cgil Carla Cantone, deputata nell scorsa legislatura. Sullo sfondo, la decisione dei sostenitori del «governatore» dell’Emilia-Romagna di indire una «convention» il 22 e 23 luglio, forse a Cesena, per strutturare l’area. Non la nascita di un «correntone» (sarà invitata anche la segretaria, per dimostrare che non c’è nessun intento ostile) ma poco ci manca. Rilievi e critiche sembrano però rimbalzare su un muro di gomma: Schlein ha tutta l’intenzione di andare avanti secondo i suoi piani.

Bonaccini è tra i primi a parlare: «Io non credo che con il congresso di febbraio abbiamo archiviato la vocazione maggioritaria perché se fosse così avremmo archiviato il Pd. Non è con approcci minoritari che mandiamo all’opposizione la destra». E ancora: «Alla segretaria dico che se gestione unitaria deve essere si discuta di più e meglio di quanto fatto finora, perché un grande partito, che è altra cosa da un movimento, solo così si tiene fuori da logiche correntizie». È d’accordo col partecipare a manifestazioni di altri «ma noi dobbiamo essere la forza trainante, mai metterci a rimorchio».

Poi tocca ad Alessandro Alfieri, che non risparmia critiche alla segretaria. Quindi Gianni Cuperlo si rivolge così alla leader: «Abbiamo una scalata da fare in montagna, meglio farla in cordata e non credere che chi è dietro è zavorra». Ed è Giorgio Gori a introdurre il tema della giustizia: prende gli applausi quando cita Enzo Tortora. E continua: «Di fronte a proposte che non sono perfette ma che segnano un cambiamento, non ci possiamo fermare solo a un riflesso dettato dal nostro essere all’opposizione». Insomma, Gori invita il Pd a discutere nel «merito» il ddl Nordio e non a dire un no pregiudiziale all’abolizione dell’abuso d’ufficio. Interviene anche Matteo Orfini: «La segretaria si fidi del Pd, che è un partito complicato e plurale e quindi va gestito con la fatica della direzione politica». Duro il discorso di Pina Picierno. Per la vice presidente del Parlamento europeo «partecipare alla manifestazione del M5S è stato un errore».

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Crosetto azzera Grillo: “Vitalizio di partito”, la triste parabola dell’ex comico

lunedì, Giugno 19th, 2023

Christian Campigli

Un’uscita a dir poco infelice. Che, al di là dei sorrisi e delle smentite di circostanza, ha creato più di un malumore all’interno del Partito Democratico. Non si placano le polemiche sulle parole di Beppe Grillo. Il comico genovese ieri ha invocato alla rivolta le “brigate del reddito”. Sotto lo sguardo basito di Elly Schlein che, tra mille perplessità, aveva accettato di scendere in piazza accanto a Giuseppe Conte. Un’uscita, quella del fondatore del Movimento Cinque Stelle, sulla quale è intervenuto anche il Ministro della Difesa, Guido Crosetto. “Era scomparso, fuori dai radar – ha scritto su Twitter uno dei tre  fondatori di Fratelli d’Italia – Ha poco da dire e di nulla gli importa. Ma deve guadagnarsi il vitalizio di partito. Allora si inventa brigate e passamontagna. Cosi può tornare a casa in Sardegna e lasciarci a commentare. Merita solo indifferenza e non fa nemmeno più ridere”. In un paese come l’Italia, che ha vissuto e contato i morti durante gli anni di piombo, quando le Brigate Rosse sparavano ed uccidevano, evocare le brigate del reddito ha provocato un forte scossone. Soprattutto nell’interno del Partito Democratico. Sono di oggi le dimissioni del candidato (perdente) alla guida della Regione Lazio, Alessio D’Amato. “Ho comunicato a Stefano Bonaccini le mie dimissioni dall’Assemblea Nazionale del Pd. Brigate e passamontagna anche No. È stato un errore politico partecipare alla manifestazione dei 5S. Vi voglio bene, ma non mi ritrovo in questa linea politica”.

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Sondaggio Masia, “forti variazioni”: l’effetto Berlusconi e un crollo a sinistra

lunedì, Giugno 19th, 2023

Ci soni “variazioni importanti” nell’ultimo sondaggio politico presentato da Fabrizio Masia ad Agorà, su Rai3. E non riguardano solo l’aumento di consenso di Forza Italia dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi. Nella puntata di lunedì 19 giugno il sondaggista snocciola i dati dell’ultima rilevazione Emg-Different sulle intenzioni di voto e non mancano le sorprese. “È stata una settimana delicata, ci sonio forti variazioni nelle intenzioni di voto” premette Masia. Il dato che balza subito all’occhio è quello di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni “è rimbalzato, ha preso mezzo punto in una settimana” ed ò salito al 28 per cento. Il Pd di Elly Schlein cresce dello 0,1 e oggi è al 20 per cento (il sondaggio naturalmente è precedente alle polemiche sulla manifestazione del M5s e ai malumori tra i dem). 

Primo sondaggio dopo la scomparsa del Cav: cosa succede a Forza Italia

Calo rilevante del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte: oggi è al 14,6 per cento in virtù di un calo di sei decimali negli ultimi sette giorni. Anche la Lega “ha perso moltissimo”, spiega Masia. Il Carroccio è al 9,2 per cento (-0,8). Boom di Forza Italia sull’ondata emotiva della scomparsa del suo fondatore: gli azzurri guadagno un punto e mezzo e salgono all’8,9 per cento. Le altre liste: +Europa 3 per cento, Azione 3,3, Italia viva 3,2, Verdi-Sinistra 2,4, Italexit 2, Unione Popolare 1,5, Noi moderati 1,3. 

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Elly Schlein “in trappola”: la sconvolgente denuncia dal cuore Pd

lunedì, Giugno 19th, 2023

La segretaria del Pd Elly Schlein è caduta in una “mezza trappola”, portando il saluto del partito al corteo di sabato a Roma contro la precarietà organizzato dal Movimento 5 Stelle. Lo sottolinea Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e coordinatore dei sindaci del Pd, in una intervista al Corriere della Sera. “Il congresso ha definito una leadership, ma dobbiamo avere un progetto per vincere le Europee, coinvolgendo tutto il gruppo dirigente, incluso Alessio D’Amato“, che ha deciso di lasciare la direzione in aperta polemica con quanto ascoltato in piazza, dalle sparate filo-russe di Moni Ovadia ai deliri “brigatisti” di Beppe Grillo in passamontagna. Frasi in libertà e provocazioni politiche su cui, anche solo involontariamente, la Schlein ha messo il cappello senza dire una parola né fare un distinguo.

Secondo Ricci, comunque, Schlein non ha sbagliato ad andare nella piazza della manifestazione organizzata da Conte: “Noi dobbiamo trovare un modo di coordinarci con le opposizioni. Altrimenti Meloni farà quello che vuole. Nel prossimo futuro si vota anche per eleggere i sindaci di cinquemila Comuni e in alcune Regioni. E’ giusto che la segretaria tessa una tela su temi specifici”. La segretaria del Pd “ha tentato, portando un saluto, di dare un segnale distensivo. Ma dopo il suo passaggio, in quella piazza convocata contro la precarietà, è’ successo di tutto. Dal loro palco, Moni Ovadia ha detto cose sulla guerra e sulla Nato inaccettabili. Beppe Grillo ne ha dette altre che lasciano sbigottiti. Così guastano il nostro lavoro unitario”.

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Brigate e blasfemia. La deriva estremista indigna i moderati: D’Amato apre la fuga 19 Giugno 2023 – 07:35

lunedì, Giugno 19th, 2023

Massimo Malpica

«Brigatisti» civici col passamontagna sul viso. Europa «serva degli Usa» sulla guerra in Ucraina. E donne incinte crocifisse issate alle spalle del sindaco Pd. La nuova deriva radicale dei dem, certificata anche dalla partecipazione di Elly Schlein al comizio di Grillo (e alle affermazioni di Moni Ovadia sulla guerra), non piace ai moderati di via del Nazareno, e così fioccano non solo le polemiche ma anche qualche addio, altrettanto polemico, che rischia di sfasciare il partito.

Poco più di un mese fa a sbattere la porta era stato il senatore Enrico Borghi (passato a Italia Viva), che due giorni fa non ha mancato di criticare Schlein per aver «rincorso» i pentastellati offrendo «solidarietà» ai riformisti del Pd. E ieri il dietro-front è stato quello di Alessio D’Amato (in foto), ex assessore alla Sanità con Zingaretti governatore laziale, che ha deciso di voltare le spalle al suo partito il giorno dopo la decisione di Elly Schlein di scendere in piazza con Conte e i pentastellati, facendosi immortalare proprio davanti al palco dove prima Grillo ha «rievocato» i brigatisti e poi Moni Ovadia ha tirato in ballo le responsabilità dell’Occidente sull’invasione russa dell’Ucraina.

«Ho comunicato a Stefano Bonaccini le mie dimissioni dall’Assemblea nazionale del Pd. Brigate e passamontagna anche No. È stato un errore politico partecipare alla manifestazione dei 5S. Vi voglio bene, ma non mi ritrovo in questa linea politica», twitta rassegnato D’Amato, aprendo la frattura tra l’anima riformista dem e la rotta radicale sposata dalla segretaria.

E, come detto, l’ex candidato del Pd a governatore del Lazio, sconfitto a febbraio da Francesco Rocca, non è il solo a prendere le distanze dalla scelta della nuova leader dem. Già a caldo Pina Picierno aveva chiarito di non gradire affatto la nuova linea del suo partito. L’europarlamentare Pd, infatti, pur ammettendo che «unire le opposizioni è fondamentale», e dunque concedendo una ragione alla presenza in piazza di Schlein, aveva aggiunto caustica, sempre su Twitter: «Ma intorno a cosa ci uniamo? Alle parole aberranti di Moni Ovadia sull’Ucraina o alle farneticazioni di Beppe Grillo sui passamontagna?». E non aveva apprezzato quanto accaduto in piazza a Roma nemmeno il presidente del Copasir ed ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. «Non polemizzo sul fatto che si sia deciso di partecipare, seppur nella fase iniziale della manifestazione, senza averne discusso. Non posso però non rimarcare la mia distanza siderale da ciò che è stato detto sulla guerra di Putin all’Ucraina. Il Partito Democratico è dalla parte dell’Ucraina, della sua lotta per la libertà e per la sovranità del suo popolo», aveva commentato l’esponente Pd. Incassando a stretto giro di posta il plauso di Simona Malpezzi, ex capogruppo Pd a Palazzo Madama, sostituita con Francesco Boccia proprio dalla Schlein e «avvisata» a mezzo stampa. «Condivido totalmente le parole di Guerini», il commento della senatrice dem, «noi siamo dalla parte dell’Ucraina, a sostegno della sua libertà e per la sovranità del suo popolo.

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“Ho subito in prima persona il terrorismo. Dal leader 5 stelle parole intollerabili”

lunedì, Giugno 19th, 2023

Luca Fazzo

Due cattivi maestri a distanza di mezzo secolo, e si parla sempre di passamontagna. Sono passati cinquant’anni da quando il professor Toni Negri incitava ad armarsi i militanti dell’Autonomia, «mentre mi calo il passamontagna sento il calore della comunità operaia». E lo stesso simbolo guerrigliero rispunta nelle parole di Beppe Grillo, che nel suo comizio di sabato invita a passare alle vie di fatto contro il governo che vuole smantellare il reddito di cittadinanza: «Fate le brigate di cittadinanza, mettetevi il passamontagna e di notte, senza farvi vedere, fate i lavoretti, sistemate i marciapiedi. Reagite».

Parola da brividi per tutti e soprattutto per chi come Olga D’Antona ha vissuto nel modo più tragico gli anni di piombo: suo marito era Massimo D’Antona, giurista specializzato in diritto del lavoro, consulente del governo guidato da Massimo D’Alema, assassinato dalle Brigate Rosse a Roma la mattina del 20 maggio 1999. Negli anni successivi sua moglie è stata parlamentare prima per i Ds e il Pd: e in quella veste si indignò per la scelta di Piero Fassino di invitare su un palco Adriano Sofri, il mandante del delitto Calabresi. Ieri è in vacanza, e la notizia del proclama del fondatore del Movimento 5 Stelle le arriva in ritardo. La prima reazione è l’incredulità.

«Ha detto davvero così? »

Purtroppo.

«Cosa posso dire… Siamo davvero aldilà dell’immaginabile. Le parole di Grillo non possono essere equivocate, sono molto chiare. E sono chiaramente un richiamo all’eversione».

Una pagina terribile della storia di questo paese.

«Esatto, noi ci siamo passati e questo rende ancora più inaccettabili le parole di Grillo. Sia chiaro: anche io penso che sia giusto vigilare sull’operato del governo di centrodestra, odi destra che sia. Hanno vinto le elezioni, hanno il diritto di governare, ma da donna di sinistra dico che bisogna tenera alta la guardia perché ci sono valori che non possono essere messi in discussione, specie nel campo dei diritti civili. Uno dei diritti civili negati ad esempio è il diritto all’esistenza di un bambino solo perché ritenuto colpevole di avere due genitori dello stesso sesso. Ma davanti alle parole di Grillo dico che evidentemente siamo chiamati ad una doppia vigilanza: da una parte verso i rischi autoritari del governo, e dall’altra verso la deriva di chi per contestare questo governo rispolvera le parole d’ordine di un’epoca buia».

Giuseppe Conte ha difeso Grillo, accusando chi lo ha criticato di fare della «falsa opposizione». Davvero per battere la Meloni serve infilarsi il passamontagna?

«Non diciamo assurdità. Finché saremo in una democrazia, saranno garantiti tutti gli strumenti perché l’opposizione possa fare il suo lavoro in modo intransigente e pacifico. La pace prima di tutto, la democrazia prima di tutto».

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Forza Italia, asse Marina Berlusconi-Tajani. La famiglia del leader: «Vicini al partito»

sabato, Giugno 17th, 2023

di Paola Di Caro

Il messaggio di Marina Berlusconi dopo la morte del padre. Tajani: «Il nome di Silvio sempre nel simbolo. Una convention ogni 29 settembre. Nel rapporto con gli alleati non cambia nulla: saremo sempre la pietra angolare dell’esecutivo di centrodestra»

Forza Italia, asse Marina Berlusconi-Tajani. La famiglia del leader: «Vicini al partito»

ROMA — La sala è piccola, ma il messaggio che viene lanciato dallo stato maggiore di Forza Italia è grande: qui siamo, qui rimarremo. Nel nome di Berlusconi, che «resterà per sempre nel nostro simbolo» e con l’appoggio della famiglia del Cavaliere, arrivato con una telefonata ad Antonio Tajani che la recita leggendola su un foglio: «Marina mi ha ribadito, nel rispetto dei ruoli, stima, affetto e vicinanza di tutta la famiglia nei confronti di Forza Italia, che è una delle maggiori realizzazioni del padre».

Con alle spalle una grande foto di Berlusconi tra bandiere tricolori, Tajani, Licia Ronzulli, Paolo Barelli e Fulvio Martusciello — coordinatore e capigruppo di Senato, Camera ed Europarlamento — mostrano e predicano unità, e disegnano il percorso immaginato «in totale condivisione», rimarca Ronzulli, per arrivare a rendere FI un partito che continuerà a ispirarsi a Berlusconi e ai suoi valori, ma che dovrà imparare a camminare da solo: «Come ci sono i gollisti, adesso ci saranno i berlusconiani» dicono tutti. Con alle spalle l’appoggio della famiglia, appunto, che è premessa indispensabile per proseguire il cammino e garanzia che non si smobilita. Anzi, sorride Tajani, ci saranno «nuovi arrivi».

La road map — dice il coordinatore dopo aver rappresentato il sentimento di dolore di tutti gli azzurri — sarà quella prevista dallo statuto, da «rispettare alla lettera». Per costruire la nuova struttura quindi, giovedì prossimo si riunirà il comitato di presidenza, che dovrà stabilire la convocazione del Consiglio nazionale che a sua volta eleggerà il presidente reggente. Poi sarà lo stesso reggente a convocare, sentito il Consiglio, il congresso per eleggere la nuova guida di Forza Italia. Ma, conferma il coordinatore, è chiaro che non si riuscirà a tenerlo entro l’anno.

A differenza della vigilia, quando a dominare è stato il nome di Tajani, ieri in conferenza stampa nomi non ne sono stati fatti. D’altronde non ce n’era bisogno: nessuno dubita che sarà lui a gestire questa fase, semmai andrà capito se modificando subito dopo la sua elezione il gruppo di comando, e come. Ma è presto per dirlo, visto che — spiega Tajani — ancora non si sa nemmeno quando sarà convocato il Consiglio. Invece si parla dei ruoli di chi al tavolo non c’è. Tajani alle domande su un possibile ingresso in politica direttamente da parte di qualche esponente della famiglia Berlusconi (si è parlato del fratello Paolo candidato nel collegio lasciato vacante dal fondatore, di Marina, Pier Silvio o anche Luigino ) risponde sempre allo stesso modo: «Vi ho letto la lettera di Marina: parla di vicinanza nel “rispetto dei ruoli”. Più chiaro di così, intelligenti pauca…».

Insomma, lui non può dirlo anche per delicatezza perché non si parla a nome di altri, ma al momento sembra che la scelta dei familiari dell’ex premier sia quella di non scendere in campo direttamente.

Anche su Marta Fascina e il suo ruolo Tajani qualcosa dice, e appare quasi un gesto di delicatezza per non esporla in un momento delicatissimo: «Il suo futuro ruolo? È un deputato e la compagna di vita di Berlusconi: non c’è bisogno di spazi formali». Anche qui sembra che tutto sia ancora da decidere: pesi, presenze, conferme o novità. Ci sono però alcuni punti fermi: portando avanti le proprie bandiere (dalle pensioni minime ai 1.000 euro al taglio fiscale, dal presidenzialismo a un ambientalismo sostenibile), Forza Italia unita assicura il proprio sostegno al governo. E lo fa con forza proprio Ronzulli, che finora era stata considerata una possibile spina nel fianco per Meloni. Altra certezza, il saldo ancoraggio al Ppe. Indispensabile peraltro per occupare spazio politico e per creare un legame con i conservatori in Europa che si trasformi in alleanza.

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Il sollievo di Nordio. “Le intercettazioni avevano raggiunto livelli di barbarie”

venerdì, Giugno 16th, 2023

Francesco Boezi

Nella sala stampa di Palazzo Chigi, tornata a disposizione dell’esecutivo e dei giornalisti dopo i lavori durati due anni, molto ruota attorno a Carlo Nordio, ministro della Giustizia, e protagonista del giorno. Prima d’illustrare i contenuti approvati in Cdm, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ricordato la figura di Silvio Berlusconi, rimarcando come il Cdm abbia voluto onorare la figura del fondatore del centrodestra. E Berlusconi voleva la riforma della Giustizia in senso garantista, un caposaldo del programma elettorale della coalizione. «Giustizia giusta per ogni cittadino. Sarebbe soddisfatto se potesse essere qui ad ascoltare le parole del ministro Nordio», ha chiosato Tajani, citando l’ex leader azzurro. Il tratto segnante della novità normativa è dunque il garantismo. Il Guardasigilli aveva già esposto l’orientamento del testo a SkyTg24, nel corso di un’intervista mattutina. «Quel che è patologico in Italia è che molto spesso la politica abbia ceduto alle pressioni della magistratura sulla formazione delle leggi. Non è ammissibile, il magistrato non può criticare le leggi come il politico non può criticare le sentenze. È un principio elementare della divisione dei poteri», aveva detto. Un principio declinato nel pratico con le misure. Il ddl Giustizia è stato approvato all’unanimità. Nordio, dopo essersi detto commosso per la scompara del Cav, ha spiegato come il lavoro a queste novità duri ormai da sei mesi. «L’unico rammarico è che una persona di grande spessore politico, che ha segnato la storia del Paese, non abbia potuto assistere al primo de tanti passaggi che avremo per realizzare quella che lui chiamava giustizia giusta», ha fatto presente il Guardasigilli. «Il reato d’abuso d’ufficio viene abrogato e viene eliminata la cosiddetta paura della firma», ha premesso Nordio, che poi ha spiegato come sulle intercettazioni si sia intervenuto soprattutto per la «tutela del terzo». «La normativa che abbiamo introdotto impedisce la pubblicazione di chi viene citato durante queste intercettazioni», ha spiegato. Per Nordio, l’abuso attuale delle intercettazioni, è definibile un «imbarbarimento». E sulla custodia cautelare interverrà un «organo collegiale». Perché il «carcere dev’essere l’eccezione dell’eccezione». Poi il capo di Dicastero si sofferma sull’aumento dei magistrati. E in contemporanea sull’accelerazione dei concorsi ottenuta attraverso una norma specifica.

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Schlein, ritorno in trincea

venerdì, Giugno 16th, 2023

Francesca Del Vecchio

Milano. «Non parteciperemo alla beatificazione di Berlusconi. Il pensiero dovrebbe andare alle vittime già accertate dell’ennesimo naufragio in Grecia». È Elly Schlein, segretaria del Pd, a scandire queste parole. Ventiquattro ore dopo il funerale di Stato di Silvio Berlusconi, per il quale sembrava fosse stata siglata una tregua, torna a riaccendersi la polemica sulla decisione del governo Meloni di indire per l’ex premier il lutto nazionale. Non ci sta la segretaria dem che ieri da Milano ha dichiarato di non poter dimenticare «cosa ha significato la stagione del suo governo per questo Paese, le leggi ad personam, il conflitto d’interesse, la mercificazione di tutto, dalla compravendita dei senatori alle battute sessiste». E ancora, pur rivendicando la decisione di partecipare ai funerali di Stato celebrati in Duomo, di aver «portato il rispetto che si deve davanti alla morte, anche del tuo più acerrimo avversario. Ma è una forzatura inopportuna chiedere tre giorni di lutto nazionale, perché non si erano mai fatti per altri presidenti del Consiglio». Schlein spiega di aver abbracciato la politica proprio «in contrapposizione al berlusconismo e a quello che ha significato». E precisa ancora che il lutto nazionale andrebbe riservato a personalità «non divisive, come i capi dello Stato, persone che hanno unito la Repubblica e che hanno incarnato i valori costituzionali». Tutte caratteristiche, prosegue Schlein, «non corrispondono a Berlusconi».

La replica dai forzisti ancora in lutto non si è fatta attendere: la prima è stata Licia Ronzulli, ex pupilla del Cav che ha accusato Schlein di «mancare di rispetto al presidente anche dopo la sua morte». E aggiunge che la decisione del governo è stata «sacrosanta». Per la capogruppo azzurra al Senato – sulla cui presidenza a Palazzo Madama pende un grande punto interrogativo – ha accusato ancora la sinistra di «avere come unico programma quello di demonizzare Berlusconi usando ogni pretesto».

La visita a Milano della segretaria dem, che per nulla si è fatta intimidire dalla polemica con i forzisti, è stata anche l’occasione per tornare su alcuni temi dell’attualità politica: a partire dalla riforma della Giustizia, il cui testo è stato portato nel Consiglio dei Ministri ieri sera. «La montagna ha partorito il topolino: dalle bozze che abbiamo visto e rispetto agli annunci, alcune scelte potrebbero ottenere addirittura degli effetti contrari a quelli dichiarati», ha commentato, ribadendo la sua contrarietà e quella del partito all’abolizione del reato di abuso d’ufficio. La segretaria però non chiude la porta a una possibile discussione sul testo: «L’Ue sta per approvare una direttiva anticorruzione che chiede uno strumento di quel tipo. Siamo però dell’idea che si possa riformare la fattispecie (cioè modificare l’insieme degli elementi costitutivi del singolo reato, ndr) per evitare alcuni effetti distorsivi. Un conto è la riforma, su cui possiamo ragionare, altro è l’abrogazione tout court, che renderebbe ancora più difficile negoziare il Pnrr. Quindi sarei molto cauta».

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Giulia Bongiorno: “Finora l’abuso d’ufficio ha paralizzato la Pa. Non ci saranno bavagli”

venerdì, Giugno 16th, 2023

Francesco Grignetti

ROMA. La senatrice Giulia Bongiorno, plenipotenziaria della Lega in materia di giustizia, fino all’ultimo ha remato contro la secca abolizione del reato di abuso d’ufficio. Alla fine è andata diversamente. E ora dice: «È pacifico che un cambiamento fosse necessario. Il terrore della firma da parte di sindaci e pubblici amministratori è sicuramente un problema. Il ministro Nordio mi ha garantito che ci sarà una rivisitazione complessiva dei reati contro la pubblica amministrazione e non ho motivi per dubitare della sua parola». La senatrice teme infatti che l’abolizione del reato potrà avere come contraccolpo che le procure procederanno con altri reati, pure più pesanti, ad esempio il peculato per distrazione.

Era davvero necessario, questo intervento?
«Quando per ogni firma si deve chiedere il parere all’avvocato, abbiamo una pubblica amministrazione paralizzata e timorosa. Il che evidentemente non è sinonimo di efficienza».

Lei era per una riscrittura del reato piuttosto che per un’abolizione.
«Il ministro sostiene che è stato riscritto più volte, ma il problema non è stato mai risolto».

Perché, secondo lei è così importante riscrivere i reati contro la Pubblica amministrazione?
«Venuto meno l’abuso che ha dato pessima prova, occorre evitare rischi di interpretazioni estensive di altri reati».

Quelli che anche l’Anm ipotizza. Finirà che i magistrati useranno altri reati per portare avanti le indagini?
«Purtroppo non si può escludere. Ecco perché è auspicabile una riforma organica dei reati contro la Pubblica amministrazione. Considero l’abrogazione dell’abuso d’ufficio un punto di partenza e non di arrivo».

Il Guardasigilli ha appena replicato al procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che sarebbe un «sacrilegio» se un pm procedesse utilizzando strumentalmente altri reati dopo questa abolizione.
«Il “sacrilegio” di cui parla il ministro è quel che anche io temo. La speranza è che i timori siano infondati».

Il pacchetto Nordio è molto eterogeneo. Possiamo parlare di riforma della giustizia?
«È solo il primo passo di un percorso riformatore che attueremo nel corso della legislatura. Complessivamente è all’insegna del garantismo, della efficienza del sistema, e della tutela della riservatezza. Mi trova pienamente d’accordo».

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