Archive for the ‘Politica’ Category

Funerali di Stato. Il livore finale contro il leader che ha battezzato un pezzo di storia

mercoledì, Giugno 14th, 2023

Francesco Maria Del Vigo

Funerali di Stato. Il livore finale contro il leader che ha battezzato un pezzo di storia

Pochi, pochissimi. Ma come al solito sguaiati e chiassosi. Un baccano che potrebbe anche essere un trascurabile rumore di fondo, ma che viene amplificato dal silenzio e dall’abbraccio, questa volta sì maggioritario, degli italiani. La furia antiberlusconiana non si ferma neanche davanti alla morte del fondatore del «core business» (come disse il Cavaliere a Travaglio nella celeberrima puntata di Annozero passata alla storia per la spazzolata) sul quale hanno campato lautamente gli odiatori seriali di ogni risma.

Così, nel giorno della scomparsa del leader di Forza Italia, mentre la maggioranza dei cittadini e dei politici – di destra e di sinistra – rende omaggio a un uomo che ha fatto la storia di almeno tre decadi del nostro Paese, una sparuta pattuglia di irriducibili (senza dignità) continua ad attaccare il Cavaliere anche ora che non può più difendersi.

E il nuovo livello dello scontro – con sprezzo del possibile – è ancora più infimo di quello che abbiamo conosciuto negli anni dell’odio più velenoso. Non solo per le tempistiche degne del peggior sciacallaggio. L’idea è che Silvio Berlusconi non sia abbastanza un uomo di Stato da meritare i funerali di Stato e il lutto nazionale. Silvio Berlusconi, l’uomo che ha seduto per più giorni a palazzo Chigi nella storia della Repubblica italiana e il politico che nel corso della sua carriera ha raccolto un bottino ineguagliato di 240 milioni di preferenze. Ma evidentemente non è abbastanza, non è sufficiente a giustificare una celebrazione non solo doverosa, ma che costituisce solo un minimo risarcimento per le persecuzioni e gli attacchi subiti dal fondatore del centrodestra.

Così, gli ultimi giapponesi della sinistra anti Cav, cercano di mettere a reddito anche i giorni del dolore per guadagnarsi uno strapuntino di visibilità: giurano di non esporre la bandiera a mezz’asta fuori dagli atenei universitari, si lamentano dei ricordi pubblici delle istituzioni come se Berlusconi non ne fosse stato un rappresentante di prim’ordine o, peggio ancora, sminuiscono o trasfigurano il ruolo politico che ha avuto nella nostra storia recente. «Berlusconi catastrofe del Paese», «Egolatra pioniere dell’antipolitica», «La Repubblica del banana» titolano i giornali progressisti, accodandosi, come diligenti scolaretti, ai peggiori istinti della sinistra più violenta.

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Dimartedì, Corrado Augias asfalta la sinistra: non è in grado

mercoledì, Giugno 14th, 2023

Giada Oricchio

La morte di Silvio Berlusconi segna la fine di un’epoca. Il futuro di Forza Italia è tutto da decifrare, mentre il passato è già oggetto di analisi. Ospite del talk su La7 “diMartedì”, Corrado Augias, decano dei giornalisti ed ex europarlamentare, ha ammesso che il Cavaliere era innovativo e visionario: “Ha tolto il gesso e le giunture anchilosate alla comunicazione politica ma al tempo stesso ha eliminato le forme che stanno a una Repubblica come i riti a una chiesa”. Insomma, ha fatto barcollare la democrazia. Secondo Augias c’è una somiglianza tra Silvio Berlusconi e i successivi Donald Trump e Boris Johnson, così il conduttore Giovanni Floris ha chiesto: “E a sinistra a chi assomigliano?”, “Io non vorrei parlare della sinistra” ha risposto lo scrittore dopo una breve pausa e un sospiro appena accennato. Poi ha spiegato: “Non vorrei parlarne perché credo che la situazione sia molto grave per la sinistra ed è un danno per il Paese non tanto per la sinistra. La democrazia vive di equilibri, di contrasti civili, anche aspri, forti, ma fondati su progetti e indirizzi”. Augias ha concluso lapidario: “La sinistra in questo momento non è in grado di bilanciare la destra”.

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È morta Flavia Franzoni, moglie di Romano Prodi

mercoledì, Giugno 14th, 2023

Maria Corbi

Quando pensi a una coppia solida, “granitica” ti vengono in mente loro, Romano Prodi e Flavia Franzoni, 60 di amore, 54 di matrimonio, sempre uno sguardo complice. E adesso che lei, ieri, se ne è andata improvvisamente, mentre passeggiava con il marito, non riesci a immaginare quel dolore, quell’assenza nella vita del “professore” come lo chiamava lei. Una vita di studio e di impegno sociale che li ha visti sempre uniti, appassionati, solidali. Anche lei insegnava, alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna: “Metodi e tecniche del servizio sociale” .
E quando si aprirono le porte di Palazzo Chigi lei si adeguò al ruolo di first lady, ma a suo modo, con rigore e senza mai prendersi la scena. Aveva un grande rispetto delle istituzioni, capiva quale era il suo ruolo. Ma nonostante questo è stata sicuramente fino alla fine la consigliera più ascoltata del marito. Un amore è cominciato sui banchi dell’Università di Bologna quando lui insegnava e lei studiava. «Eravamo vicini di casa» ha raccontato Prodi. «Ci siamo conosciuti a Reggio e io facevo la corte a Flavia. Lei era bella, io brutto, però dopo tre anni ce l’ho fatta e oggi siamo qui. Il trucco? La manutenzione. Il segreto è la manutenzione degli affetti, necessaria, perché nella vita ci sono sempre difficoltà e inconvenienti ma se c’è affetto si supera tutto».

E per capire il segreto di questa lunga storia d’amore basterebbe leggere il libro che hanno firmato in coppia: “Insieme”, la parola che li ha accompagnati e identificati per tutti questi anni in cui hanno fatto politica, ma in cui hanno sempre messo al primo posto la famiglia, i due figli e poi i nipoti. Del marito Flavia ha raccontato il lato privato: la sua capacità di chef la galanteria nel ricordarsi gli anniversari e di presentarsi sempre con un mazzo di rose, la voglia di esserci sempre per lei e per i ragazzi.

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Enrico Mentana su Berlusconi: “Oggi finisce la Seconda Repubblica, destra e sinistra non hanno più scuse”

mercoledì, Giugno 14th, 2023

Annalisa Cuzzocrea

Sostiene Enrico Mentana che adesso, solo adesso, è finita la Seconda Repubblica. Proprio oggi, con i funerali solenni di una persona che nel bene e nel male l’ha tenuta insieme. «Viviamo in un’epoca in cui non ci sono state figure di questo spessore mancate nel pieno dell’attualità – dice il direttore del Tg La 7 -. Gli ultimi 30 anni in Italia sono stati un referendum pro o contro Silvio Berlusconi. Ha inventato il bipolarismo. Era al contempo, per i suoi pregi e i suoi difetti, fortissimo e divisivo». E quindi, «credo debbano valere le parole del presidente della Repubblica: se Sergio Mattarella gli tributa quella descrizione, se è il primo a partecipare ai funerali insieme a capi di Stato e di governo esteri, che senso hanno i distinguo?».

Berlusconi, i funerali di Stato oggi a Milano. DIRETTA
Il lutto nazionale non aveva mai riguardato la morte di un ex premier. Le Camere resteranno chiuse quasi una settimana. Come fosse un re.
«Lo dico da persona che non lo ha mai votato, ma non si può disconoscere chi per 9 anni è stato presidente del Consiglio in quattro diversi governi, dopo aver regolarmente vinto le elezioni, a differenza di Renzi, Letta, Gentiloni, Conte. È chiaro che è divisivo per questo motivo».
E per quei “tanti difetti”.
«L’antiberlusconismo è stato il grande male della sinistra italiana. Si parla tanto di egemonia culturale, e invece c’è stata una sorta di sudditanza davanti a un fenomeno mai capito davvero».
Pier Ferdinando Casini ha detto che oltre a essere stato capace di aggregare la destra, Berlusconi è stato l’unico capace di unire la sinistra: contro di lui.
«Il campo che è stato il grande protagonista della seconda metà del ‘900, dal 1994 in poi ha saputo descriversi solo come “diverso da Berlusconi”. Un chiaro segnale della sua crisi».
Una sindrome di cui il centrosinistra soffre ancora oggi?
«Penso che tante forze della sinistra, tanti muscoli della sinistra, siano stati persi in questa battaglia piuttosto che nel cercare contenuti su cui farsi votare. Sono passati 9 mesi dal 25 settembre: non sanno ancora spiegare perché hanno perso. Perché non hanno più una presenza sovrastante nelle periferie cui dicono di tenere. Perché non sono più tra gli operai e governano le città solo attraverso l’egemonia nei centri storici».
Non è che il centrosinistra abbia vissuto di solo anti-berlusconismo, però. Anzi, ci è sceso a patti, ci ha governato insieme.
«Perché sennò non governava. Il vero problema del Pd è che dopo non aver vinto le elezioni del 2013 ha guidato tre diversi governi, Letta, Renzi, Gentiloni. E quando gli è capitato di stare all’opposizione durante il Conte uno, un anno e due mesi, sembrava – anche quello – un lutto nazionale».
Elly Schlein andrà al funerale, Giuseppe Conte no.
«Se ci va il presidente della Repubblica bisogna spiegare perché uno non ci va. Mi pare sia come sulle armi all’Ucraina, un gioco di posizionamenti».
Ma del centrodestra cosa sarà? Forza Italia era Berlusconi.
«Forza Italia ha lo stesso problema della sinistra, ma al contrario. È vissuta di berlusconismo. Non è mai esistito un partito monarchico senza la monarchia. Il gaullismo senza De Gaulle ha resistito, ma poi ha desistito. Il franchismo senza Franco ha fatto lo stesso».
Insomma, sparirà.
«Quando un partito nasce su una figura forte non gli può sopravvivere. È quasi una legge, a meno che non trovi un’altra figura fortissima».
Ne vede all’orizzonte?
«No. Non sarà un caso che Berlusconi non abbia mai trovato un delfino».
Forse non lo ha mai voluto.
«Il suo partito era fondato sul culto laico della sua persona. Un culto scanzonato eh, lui era il primo a renderlo tale, ma come dicono gli inglesi: right or wrong my leader. Nel bene e nel male, non si può pensare diventi improvvisamente il partito di un altro».

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I leader ai funerali di Berlusconi: Conte non ci sarà, Schlein sì. E Bindi contesta il lutto

mercoledì, Giugno 14th, 2023

di Maria Teresa Meli

Oltre a Mattarella, a Milano Meloni, Salvini e Tajani. Poi Bossi, Orbán e gli ex premier Draghi e Monti. L’ex ministra: era divisivo. Renzi: lei parla solo male di altri

I leader ai funerali di Berlusconi:  Conte non ci sarà, Schlein sì. E Bindi contesta il lutto

Giuseppe Conte non andrà ai funerali di Berlusconi. È una decisione di quelle che creano un certo scalpore. Primo, perché a disertare una cerimonia di Stato è un ex premier. Secondo, perché il leader del M5S era in maggioranza con Berlusconi ai tempi del governo Draghi. Governo che i due, insieme a Salvini, fecero poi saltare.

Elly Schlein, invece, non seguirà l’esempio del suo futuribile alleato. Dopo ore di tira e molla al Nazareno, che qualcuno nel Pd ha paragonato al «mi si nota di più se vengo o se non vengo per niente» di Nanni Moretti in Ecce Bombo, alla fine una decisione è stata presa. Schlein oggi andrà ai funerali. Con la segretaria i capigruppo dem Chiara Braga e Francesco Boccia. Prenderà parte alla cerimonia pure il segretario del Pd lombardo Vinicio Peluffo. Anche l’ex leader ds Fassino parteciperà alla cerimonia. E, se riuscirà a spostare un impegno all’estero fissato in precedenza, sarà presente pure Enrico Letta. Non hanno avuto esitazione alcuna a decidere di andare Renzi e Calenda, per una volta concordi.

Gallery: Le foto della vita di Berlusconi: le tv, gli amori, la politica

Dunque, Pd e Terzo polo non portano la battaglia politica contro il centrodestra fino alle estreme conseguenze e di fronte alla morte del leader di Forza Italia si fermano. Non così Conte. E come l’ex premier anche i rosso-verdi Fratoianni e Bonelli. I due hanno annunciato che diserteranno quell’appuntamento. Assente anche Bersani. Le opposizioni, quindi, non sono unite anche in questa occasione. Nel centrosinistra fa discutere la sospensione di una settimana delle votazioni di Camera e Senato, mentre divide e scatena polemiche la decisione di indire il lutto nazionale. Rosy Bindi, protagonista di più di una polemica con Berlusconi è dura: «Il lutto nazionale per una persona divisiva come Berlusconi non è una scelta opportuna. Ha segnato l’Italia in negativo e invece siamo nella fase della santificazione. Questo non va bene». Caustica la replica di Renzi: «Rosy è una donna che ha visibilità quando parla male di qualcun altro. Solitamente di Berlusconi, talvolta di me». Ma sulla stessa linea di Bindi si attestano Riccardo Ricciardi dei 5 stelle e Fratoianni. Accusa il primo: «Fa impressione una caserma della Guardia di Finanza con la bandiera a mezz’asta per uno condannato per frode fiscale». «Scelta eccessiva», la definisce Fratoianni, che chiede: «Quanti giorni di lutto avrebbe dovuto fare il Paese quando uccisero Falcone e Borsellino?». Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, annuncia che nell’ateneo non ci saranno bandiere a mezz’asta.

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Silvio Berlusconi, il presidente di tutti

martedì, Giugno 13th, 2023

Andrea Indini

Silvio Berlusconi, il presidente di tutti

Presidente, sempre. Di Forza Italia prima, del centrodestra unito poi. Il Pdl. Ma soprattutto presidente del Consiglio. Premier, per ben quattro volte. Presidente, anche fuori dai Palazzi della politica. Presidente dai campi da calcio all’editoria. Dal sogno rossonero al Giornale di Indro Montanelli. Il nostro Giornale.

Lui, il Cav. Che più di tutti ha contribuito a rendere grande il nostro Paese, creando posti di lavoro e ricchezza. Cavaliere del lavoro, appunto. Ma anche Cavaliere dei sogni. Perché è sempre riuscito a vedere il futuro laddove ancora non c’era nulla. Case, strade, asili, parchi: intere città, pensate e costruite a misura d’uomo. E tutti questi sogni li ha fatti brillare sin dentro alle case degli italiani. Canale 5, l’ammiraglia. E poi Italia1 e Rete4. Un nuovo modo di fare televisione, libero dal monopolio statalista della Rai. Un nuovo modo di raccontare l’Italia, tutto proiettato nel futuro.

Per tutti era semplicemente Silvio. Perché era così che parlavano di lui. E non certo per mancargli di rispetto. Tutt’altro. In ognuno di noi, in un modo o nell’altro, c’è un pezzo (grande o piccolo) di lui, di Silvio. Nessuno tra i grandi capitani d’industria del passato, tra i giganti dell’imprenditoria di oggi o tra i capi di Stato che hanno segnato la politica della nostra Repubblica, è mai riuscito, infatti, a fare quanto lui. Tutti grandi nel loro settore, Berlusconi grande in tutto.

C’è probabilmente un’immagine che più di tutte racconta al meglio questo attaccamento degli italiani al Cav. È il 9 aprile del 2009. Tre giorni prima, alle 3:32 di notte, un terremoto ha devastato il Centro Italia. L’Aquila e tutt’intorno la provincia sembrano appena state bombardate. È un dramma per i morti (più di 300) e per i feriti (più di 1.600) ma anche per tutte quelle persone che sono rimaste senza una casa dove ripararsi, un letto su cui dormire, una tavola attorno a cui raccogliersi e mangiare. È l’immagine di un’Italia in ginocchio. Berlusconi vola subito sul posto. Il sopralluogo nella zona rossa e lì incontra un’anziana signora. È in lacrime, si trascina verso di lui e chiede il suo conforto. “Non c’è più niente!”, gli dice. E poi, dandogli del tu: “Silvio aiutaci, Silvio! Silvio, aiutaci! Non c’è più niente!”. E lui, lì da presidente del Consiglio, a rappresentare lo Stato, ad affermare col corpo e la presenza che lo Stato c’è, non risponde solo da premier. Risponde, soprattutto, da Silvio. La abbraccia, la consola. “Facciamo tutto, guardi – le promette – vedrà che l’Italia risponde”. “Nemmeno i denti c’ho più! Stanno là dentro!”, fa lei indicando la casa in macerie. “Glieli recuperiamo, signora, le recuperiamo tutto. Stia tranquilla”.

È con la stessa familiarità che gli italiani gli hanno sempre dato del tu almeno una volta nella vita. Perché se nomini Silvio è matematico che parli di Berlusconi. Allo stadio, sicuramente. Da quel febbraio 1986 in poi. L’ingresso colossale in elicottero e poi, a raffica, gli scudetti, le cinque Coppe dei Campioni, il Milan nel cuore. Silvio anche per gli avversari. In campo come in parlmento. Un amore, quello con la politica, che ha avuto inizio nel 1994 con un video che ormai tutti conoscono a memoria: “L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà”. Forza Italia e il progetto liberale. Un intero popolo che si è riconosciuto in lui, al di là del partito. “Presidente siamo con te – cantavano – meno male che Silvio c’è”. Senza specificare il cognome. Non ce n’è mai stato bisogno. Nemmeno per i nemici più feroci.

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La fine della Seconda Repubblica

martedì, Giugno 13th, 2023

Marcello Sorgi

Con Berlusconi muore la Seconda Repubblica, di cui è stato indiscutibilmente uomo simbolo, come Andreotti lo era stato della Prima. Forse bisognerebbe scrivere «muore definitivamente», perché qualcuno potrebbe obiettare: ma non era già morta e sepolta? Sì e no. Nel senso che, finché c’era ancora Berlusconi, l’idea del maggioritario, dello scontro tra centrodestra e centrosinistra, dell’alternanza tra governi scelti dagli elettori non poteva considerarsi finita del tutto. Prova ne sia che uno degli ultimi avversari di Berlusconi, il più civile, il meno demonizzatore, e insomma Veltroni, che da leader del neonato (oggi assai sofferente) Pd lo sfidò nel 2008, perdendo ma con il risultato storico di sfiorare il 34 per cento, ancora adesso, ogni tanto, prova a riaprire il discorso su quel sistema. In quella sorprendente campagna elettorale, Veltroni lo definiva semplicemente «il leader dello schieramento avversario», ottenendo furbamente che votasse per il Pd una parte dei moderati italiani, un target molto studiato, assimilato ai democristiani di sinistra ma non solo. Gli stessi che poco dopo la sconfitta lo fecero fuori, sostituendolo con il dc di sempre Franceschini, per molti anni in servizio come capo delegazione al governo e ministro della Cultura, e solo da pochi mesi all’opposizione.

Berlusconi nel 2008 vinse, anzi stravinse, e in meno di due anni si mangiò la vittoria in una stupida litigata con Fini, suo alleato storico, che alla fine pagò il conto più salato della lite e uscì dalla politica, dopo una modestissima, per lui – leader della destra-destra e uomo che aveva legittimato i post-fascisti portandoli fuori dalla nostalgia del fascismo -, candidatura al centro con Casini, che non riuscì a farlo rieleggere.

A quel punto, la Seconda Repubblica aveva già compiuto quattordici anni, da quell’incredibile 1994 in cui il Cavaliere era apparso sulla scena con il chiaro obiettivo di liquidare la “partitocrazia” della Prima e c’era riuscito, seppure per pochi mesi la prima volta, grazie al Mattarellum, la legge elettorale concepita da un grande esperto della materia, che allora non poteva immaginare che sarebbe stato il successore di Napolitano. Berlusconi, che secondo il suo amico e sodale da una vita Confalonieri era “un sacramento”, un modo di dire milanese per definire uno fuori dal normale, studiò attentamente quella legge assai complicata e ne ricavò che poteva portare al governo “i comunisti”, che pure avevano cambiato nome. Un epilogo da evitare a qualsiasi costo e l’inizio di una nuova vita, la terza, per il costruttore che aveva edificato “Milano 2” e inventato la tv privata in Italia.

Negli stessi giorni, siamo alla fine del ‘93, un professore di scienze politiche poi diventato ministro, il liberale torinese Giuliano Urbani, ebbe lo stesso timore. Chiese udienza all’avvocato Gianni Agnelli e gli illustrò il piano per impedire la conquista del potere da parte degli eredi del Pci: sfruttando la presenza sul territorio della Fiat e scegliendo accortamente i candidati, si poteva evitare lo sbocco temuto in quel momento da tutti i democratici. Ma Agnelli non aveva alcuna voglia di trasformare le concessionarie della sua casa automobilistica in sedi di partito, né di diventare un leader politico, né di affrontare uno scontro con “i comunisti”, che non amava, ma con i quali faceva i conti da molto tempo nelle fabbriche. Così declinò. Non senza segnalare, però, al prof. Urbani, l’uomo che a suo giudizio aveva le qualità e l’apparato necessario per affrontare la sfida: Berlusconi. Per aiutare Urbani, lo chiamò direttamente al telefono, e lo pregò di ricevere il prof. Forza Italia nacque così, con i dirigenti di Publitalia trasformati in agit-prop, Berlusconi leader della campagna, uomini e donne delle sue tv ventre a terra per farlo vincere, e al comando delle operazioni un gran visir poi finito in galera per rapporti con la mafia: Marcello Dell’Utri.

Questa è storia, ormai, nel bene e nel male. Ma ciò che Berlusconi aveva capito, e rimane un’intuizione ancor oggi, è che accanto a quella dei partiti, del sindacati, del cosiddetto mondo collaterale, che governava la raccolta dei voti, con metodi, va da sé, anche inconfessabili, esisteva un’altra Italia, stufa del vecchio sistema, travolto, non solo dai referendum di Mariotto Segni del ‘91 e ‘93, che avevano introdotto il maggioritario, ma dall’inchiesta di Tangentopoli che aveva messo alla sbarra e fatto condannare, con metodi giustizialisti oggi considerati in gran parte inaccettabili, il gruppo di comando del “Pentapartito” e della Prima Repubblica. Un’Italia che non aveva lo stipendio fisso, eppure campava. Un’Italia che aveva preso a modello le tv di Berlusconi, il suo stile di vita, la sua storia personale di piccolo borghese che grazie al suo intuito e al suo coraggio imprenditoriale costruisce un impero e diventa miliardario. Un’Italia che amava divertirsi e non solo lamentarsi. L’Italia di Milano 2 e Milano 3. L’Italia di “Drive in” e dei primi programmi a colori di Canale 5.

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Berlusconi, l’uomo che voleva piacere a tutti: un Casanova della politica e della tv”

martedì, Giugno 13th, 2023

CONCITA DE GREGORIO

Silvio Berlusconi era un uomo simpaticissimo, infantile e molto generoso. Raccontava barzellette desolanti, sconcertanti, imbarazzanti, ma lo faceva con tanto audace sorgivo entusiasmo che non riuscivi mai a dirgli guarda che non si può, come ti viene in mente. Finivi sempre per sorridere alla sua incomprensibile ingenuità, che poi era soprattutto voglia di piacere al prossimo. Berlusconi voleva piacere a tutti. Se non si capisce questo, se non lo si è visto coi propri occhi una e mille volte non si può poi parlare del lestofante che certamente è anche stato, tecnicamente criminale in quanto condannato per crimini, quei crimini che un popolo intero è continuamente tentato di commettere: non pagare le tasse, frodare il fisco, corrompere e comprare col denaro quel che non si può comprare ma succede, invece, comprare persone soprattutto se hai i soldi per farlo, fare affari con il malaffare se questo è il dazio per procedere nella propria marcia, trattare e non opporsi alle mafie di ogni genere e specie, opporsi è fastidioso a volte come sappiamo mortale, conviene chiedere quant’è, piuttosto: quanto costa. Voleva piacere a tutti, scusate se indugio ma sono convinta sia la chiave, è stato un grande Casanova della politica e della tv, del calcio e degli affari.

Aveva orrore del degrado fisico, pensava che avere i capelli fosse un fatto di “rispetto per il prossimo”, che farsi un lifting fosse una questione di decenza come saper usare le posate a tavola, non emettere flatulenze in pubblico e portare una giacca consona all’occasione: buona educazione. Veniva da una famiglia semplice e non agiata, padre impiegato di banca madre casalinga, il padre con qualche inventiva anche irregolare forse – dicono le cronache – lui certamente assai di più. Era un ragazzino molto intelligente, vendeva i compiti in classe, era intonato, cantava nelle navi da crociera. Aveva numeri, li ha messi a frutto: ha cominciato da un’agenzia pubblicitaria, che la pubblicità è l’anima del commercio, no? Ha fatto di un’agenzia pubblicitaria la leva per il governo del Paese. Ha cambiato il Paese per sempre, da una piccola concessionaria. Con ogni mezzo, certamente. Lecito e illecito ma senza mai restarci sotto: provateci voi. Era generoso, di una generosità cinica ma istintiva, a volte commovente. Sono stata direttrice dell’Unità negli anni del suo strapotere. L’apoteosi e l’inizio del declino, il Bunga Bunga e il resto. Ho pubblicato per prima le foto di Topolanek a villa Certosa, del cantore Apicella sull’aereo di Stato: titolo “È qui la festa?”. Non c’è stato giorno in cui non abbia, non abbiamo dato l’assillo sulle feste eleganti, sulla minore età eventuale delle ospiti, sulle buste alle olgettine e le nipoti di Mubarak. Quando poi anni dopo i nuovi editori del giornale a lui nemico, rottamatori del vecchio Partito Democratico e nuove speranze della sinistra, speranze purtroppo e prevedibilmente disilluse, hanno fatto in modo di lasciare i debiti arcaici e strutturali dell’azienda ai semplici dipendenti dell’epoca lui ha telefonato, un giorno, per dire: sono dei miserabili. Lei è una professionista, ha carattere e talento, non lo merita. Fossi stato io l’editore avrei saldato, posso fare qualcosa? Niente, grazie. Si figuri, non c’è di che. Nessuno fra i suoi consanguinei e i suoi famigliari ha mai avuto quel garbo, quel passo e quel fiuto imprenditoriale e animale, posso garantire. Nessuno di chi gli è stato intorno, fossero familiari o beneficiari/e, ha mai avuto la prodezza di dire a un politico di sinistra in carica, eletto sindaco: lei è molto bravo, ha anche un bell’aspetto, ha il talento di chi vince, vuol mica venire con me? Poi molti gli hanno detto di no, che Berlusconi era il male assoluto, ma tanti gli hanno detto di sì, invece.

Quindi, riassumendo. Ripartiamo da quando Giorgio Gaber diceva: non temo Berlusconi in sé, temo il Berlusconi in me. È stato un tipo umano che riassumeva un popolo e ne era campione. L’arci-italiano. Chiunque avrebbe voluto essere il tizio che partiva dal niente e dominava la scena: chiunque ha pensato se lo fa lui si può fare. Ma no, invece. Perché devi essere Logan Roy, il protagonista di Succession, il Murdoch del tuo tempo e del tuo posto. Devi avere i numeri, il pelo sullo stomaco e la maschera, l’intuito e la sveltezza. Pazienza per quelli attorno a te. Consanguinei e famigliari, vassalli e valvassori. Devi essere l’eroe di una serie tv buona per molte stagioni, e difatti. Negli anni Novanta, ha cominciato. Aveva 58 anni, mica pochi, quando è “sceso in politica”. Perché scendere gli conveniva, certamente. Proteggeva le sue aziende e la sua persona. Ma come andò, ricordiamo. Andò così. Aveva generato un impero anche grazie ai buoni uffici del Partito socialista, di Bettino Craxi. Fu fatta una legge, la legge Mammì, ad aziendam più che ad personam: la prima di una lunga serie. Poté competere con il servizio pubblico, il monopolio. Ebbe le concessioni. Cambiò il costume. L’immaginario. Drive In, le vallette. Le donne nude e la vita a premi, la Rai si adeguò. È stato l’inizio di una stagione nuova, in cui piacere al pubblico dunque esser popolari era sinonimo di successo. Ci si poteva candidare, ad essere pop, e vincere. Si vinse. Si usarono tutti i mezzi. Si fecero affari con chi non si doveva, si fu spregiudicati. Qualcuno fra i pregiudicati si prestò. Non fu abbastanza, l’evidenza dell’illecito. La marcia trionfale proseguì. La sinistra provò ad opporsi. Fu rilevante avere un siffatto avversario, fu per molti profittevole: politici, giornali. Non sufficiente, tuttavia. Qualcuno vinse, talvolta, Prodi per esempio, qualcuno in definitiva perse: nessuno fu in grado di generare un’idea di mondo altrettanto potente. Gli epigoni, alla fine, hanno fatto il loro privato interesse ma non quello di tutti. Renzi, per esempio, che Berlusconi in qualche momento ha rispettato ma infine espulso, come possibile antagonista o erede.

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Ghisleri: “Berlusconi cambiò linguaggio alla politica, più dei processi poté la moglie”

martedì, Giugno 13th, 2023

Annalisa Cuzzocrea

«Berlusconi aveva il costante bisogno di capire cosa accadesse nel mondo reale», lontano dalla vita ricca e privilegiata che conduceva. «Cercava una connessione e la trovava nei nostri racconti», dice Alessandra Ghisleri, la sondaggista che più ha collaborato con l’ex presidente del Consiglio. Fin dal 1999, quando aveva solo 27 anni.

Berlusconi morto, segui le news in diretta di oggi 13 giugno

Se lo ricorda quel giorno?
«Era un sabato e mi chiesero di andare ad Arcore. Ci arrivai così com’ero vestita. Era il 1999, bisognava preparare le Regionali e le Europee. Il presidente non mi aveva mai vista, mi squadrò, poi mi disse: “Si sieda accanto a me con il computer così seguo lei mentre fate la spiegazione”. Ero una ricercatrice junior, a dir poco intimidita».

Andò bene. E fu così per molto tempo. Cos’è che secondo lei ha determinato un successo durato tanti anni?
«Berlusconi ha dato vita al sogno americano, che è diventato un sogno italiano».

Il self made man?
«Ha messo su aziende, ha dato lavoro, ha vinto tante scommesse importanti. Ha portato un numero uno come Mike Bongiorno all’entertainment, un altro come Enrico Mentana all’informazione. Per tante persone ha rappresentato la possibilità di crederci».

E ha costruito un racconto di sé che va dal pianobar sulle navi da crociera all’impero immobiliare e televisivo.
«Nelle elezioni del 2001, che consacrarono il suo successo politico, mandò nelle case degli italiani un libro con la sua storia. Voleva scegliere come essere raccontato».

La videocassetta mandata ai tg per la discesa in campo è la prima grande opera di disintermediazione in politica.
«Conosceva benissimo i meccanismi della comunicazione ed era anche un attentissimo osservatore. Prima di lui c’era una politica paludata che la gente non capiva più. Lui ha cambiato il gergo, ha fatto una rivoluzione prima di tutto nel linguaggio, poi nel comportamento. I suoi uomini dovevano essere tutti vestiti in un certo modo. La cravatta larga era un timbro».

Studiava i sondaggi personalmente?
«Certo. E mi richiamava se la grafica non era bella, se c’era un carattere che non gli piaceva. Tutti a dimensione 18, per il vezzo di non portare gli occhiali. Un giorno mi rimandò indietro un report con scritto di suo pugno quale sua fotografia dovesse esserci, quando ne testavamo la popolarità».

Vanità?
«No, perfezionismo. In tutto. Anche nella strategia politica. Ogni mossa, dal discorso di Onna al predellino, veniva decisa molto prima e testata prima con alcune persone, poi con altre. Ascoltava tutti e alla fine decideva».

Di lei si è sempre fidato?
«Gli dicevo le cose come stavano. Quando aveva sondaggi belli era così fiero che li portava ai capi di Stato. E poi ha sempre avuto trovate geniali. Ricordo quando nel 2009 mi chiamò: c’era appena stato il terremoto all’Aquila, lui pensò di spostare lì il G8. Gli dissi che poteva essere male interpretato, le persone stavano soffrendo, ma aveva ragione: ha fatto in modo che il mondo vedesse quella sofferenza e ne fosse partecipe».

Era un accentratore che non ha lasciato eredi politici.
«Ci ha provato. Prima il rapporto con Gianfranco Fini, poi con Angelino Alfano».

Il primo lo ha silurato con un gesto, il secondo dicendo che gli mancava il quid.
«Sapeva essere chirurgico. Sono stati rapporti molto complicati. A me ha dato delle chance pazzesche: mi ha portata al tavolo con i consiglieri di Obama, Bush, Blair, Clinton. Voleva sempre studiare tutto. Imparava, assimilava e se la rigiocava. E comunque, avocava a sé onori e oneri. Si è sempre sobbarcato anche le cose più difficili».

Spesso sembrava voler sedurre anche gli avversari.
«Dopo il discorso di Onna, quando mise il fazzoletto dei partigiani, lo chiamai, era in elicottero con Bonaiuti. Gli dissi che aveva il 75 per cento di indice di fiducia. Ci fu un momento di silenzio».

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Massimo Cacciari su Berlusconi: “Re della Tv, statista fallimentare: con Forza Italia ha rivoltato la politica”

martedì, Giugno 13th, 2023

Andrea Malaguti

Massimo Cacciari, giusti i funerali di Stato per Silvio Berlusconi?
«Certo, perché no? È stato quattro volte presidente del Consiglio e da trent’anni è la figura centrale della politica italiana. Mi sembra normale».

Berlusconi morto, segui le news in diretta di oggi 13 giugno

È normale anche il lutto nazionale?
«Non ricordo precedenti per la scomparsa di un presidente del Consiglio, ma mi sembra la minore delle questioni».

I processi, la P2, Mangano stalliere ad Arcore, le leggi ad personam, il web si è scatenato.
«Guardi, io non sono un giudice. Berlusconi è stato assolto nel 99% dei molti processi a cui è stato sottoposto e ho sempre considerato suicida la scelta della sinistra di attaccarlo sul fronte giudiziario anziché su quello politico. Detto questo, se fosse dipeso da me, il lutto nazionale non lo avrei proposto».

Qual è l’eredità politica del Cavaliere?
«Beh, è difficile dirlo. Il personaggio che va giudicato in varie dimensioni».

L’imprenditore lo promuove?
«Sarebbe molto difficile non farlo. Ha inventato la tv privata e ha capito come nessun altro il potenziale della comunicazione. Capacità e senso dell’innovazione sono state quelle di un grande imprenditore».

Il capo politico?
«Il capo politico ha segnato un’epoca. Ognuno può dare il giudizio che crede. Ma Forza Italia ha rivoluzionato il modo di concepire la politica. Un’innovazione che ha finito per diventare egemone».

Non mi è chiaro.
«Lo sbaraccamento della forma tradizionale di partito è cominciata con Forza Italia, che per prima si è presentata come formazione a conduzione carismatica capace di rivolgersi direttamente alla gente. Un’invenzione che ha cambiato le coordinate della politica, fino a condizionare anche le cosiddette sinistre».

Più importante per il consenso il Tg5 o Drive In?
«Mi pare che abbia funzionato la somma delle due cose».

La pagella al Berlusconi statista?
«Un totale fallimento. Ma non ha fallito da solo. Lo ha fatto tutta la sua generazione».

Impietoso.
«Lucido. Dopo trent’anni l’Italia sta molto peggio di prima. Non c’è stata nessuna riforma seria istituzionale, amministrativa o dei servizi fondamentali. E la Costituzione è diecimila volte più inattuata».

Professore, con Berlusconi se ne va anche Forza Italia?
«Non credo. La triplice di governo ha bisogno della componente di forzista in vista delle europee. Il disegno in prospettiva è piuttosto chiaro».

Una maggioranza tra i popolari e la destra?
«Ovvio. E per questo al momento non sono ipotizzabili grandi fughe o strategie di annessione. È vero che Forza Italia è ai minimi storici e che la leadership di Meloni è molto forte, ma è anche vero che dal 1994 la triplice destra-destra, Lega, Forza Italia non si è mai divisa. A differenza di quello che succede a sinistra».

La destra vince anche alle europee?
«Possibile».

È uno scenario che la spaventa?
«In nessun modo. L’Europa attuale è totalmente priva di visione strategica e soprattutto di autonomia in politica estera per cui, chiunque governi, l’egemonia della Nato e degli Stati Uniti continuerà a imporre la propria linea. E per quello che riguarda l’amministrazione interna ci penseranno come sempre le tecno-strutture, che sono del tutto indifferenti al colore di chi vince le elezioni».

Chi è il delfino di Berlusconi?
«Non lo vedo».

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