di CONCHITA SANNINO
NOLA – “Prendersela con noi è stata la variabile tragicomica a una vicenda già drammatica. Quando sono arrivato in ospedale domenica, ho guardato in faccia i miei colleghi e gli infermieri a fine turno. Ed erano tutti particolarmente provati, con gli occhi quasi spiritati per la notte che avevano dovuto attraversare, insieme ai poveri pazienti”. Anamnesi di una Sanità sdraiata a terra, proprio come quelle pazienti. Parla Pietro Di Cicco, 52 anni, da quasi venti stimato medico a Nola, nel pronto soccorso dello “scandalo”.
Dottor Di Cicco, quello di Nola è un caso eccezionale?
“Non direi proprio. Quasi tutti gli ospedali del Sud finiscono nelle condizioni in cui l’Italia ha visto che era messa Nola, sotto il peso di un eccezionale afflusso di pazienti”.
Cosa pensa della richiesta di licenziamento, che auspica la Regione?
“Provo tristezza e sgomento. L’idea che si esponga facilmente alla pubblica condanna uno o più colleghi con cui dividi tante ore di lavoro, tante situazioni di rischio, provoca amarezza”.
Quanti siete e per quanti ammalati, nella media?
“In pronto soccorso, 17 medici. Significa 3 per turno, per una media di 160 accessi al giorno, ma che nei giorni del picco e delle famose foto postate sui social erano 300 pazienti al giorno”.
Di cosa avreste bisogno, per non finire alla gogna?
“Non solo di più barelle, non solo di posti letto. Noi come ospedale siamo messi anche bene, abbiamo servizi che funzionano, ma siamo piccoli. Ciò che manca davvero è un’organizzazione efficiente della rete sul territorio. Invece non c’è”.
È l’inadeguatezza segnalata anche dal ministro Lorenzin, che rimbrottava De Luca.
“Devo dire che stavolta il ministro ha ragione, dice cose assolutamente condivisibili”. (altro…)