Archive for the ‘Cronaca’ Category

Crollo del ponte Morandi, Gianni Mion e la rottura con i Benetton: «Eravamo incompetenti»

martedì, Maggio 23rd, 2023

di Andrea Pasqualetto

Lo storico braccio destro della famiglia di Ponzano: «Gli avvocati chiedono che io venga indagato per quel che ho detto? Facciano pure, è solo la verità». Il procuratore: «Valuteremo»

Crollo del ponte Morandi, Gianni Mion e la rottura con i Benetton: «Eravamo incompetenti»

«Sono a Strasburgo, ho letto anch’io di queste dichiarazioni e devo dire che la cosa non passa inosservata, almeno nei termini in cui sono state riportate. Parlerò con i miei colleghi venerdì prossimo, chiederò la trascrizione integrale della deposizione del testimone e decideremo il da farsi». Il procuratore di Genova Nicola Piacente vedrà cioè se ci sono davvero i presupposti per indagare Gianni Mion, lo storico braccio destro della famiglia Benetton che ha riconosciuto di aver sentito parlare di rischio crollo fin dal 2010. L’aveva già detto ai pm nel corso delle indagini preliminari ma ieri, in aula, ha circostanziato la cosa, ci ha aggiunto un paio di aggettivi e l’effetto è stato dirompente.

Il rapporto

Mion e i Benetton, un rapporto strettissimo fin dai tempi in cui il core business del gruppo di Ponzano era l’abbigliamento. «Entrai nel 1986 in Edizione e la volontà era quella di diversificare il portafoglio», ha ripercorso velocemente la storia finanziaria della quale è stato uno dei protagonisti. Maglioni, sport, Piazza Affari e quel pallino di Gilberto Benetton: Autostrade. «Ma la verità è che eravamo incompetenti e le cose migliori le abbiamo fatte quando avevamo dei soci che ci aiutavano a capire». Questo pensiero d’incompetenza era emerso in modo chiaro dalle intercettazioni disposte dalla Procura di Genova dopo il disastro del Morandi, che hanno messo a nudo un quadretto familiare e del management non proprio idilliaco. «C’è poco da fare, il clima è questo e adesso bisogna inventarsi qualcuno che affianchi i Benetton perché il vero problema è la loro inettitudine… non c’è stata la minima presa di coscienza», sottolinea Mion in una chiacchierata. Nelle conversazioni si parla di Franca Benetton che «dice delle cose e dopo cinque minuti dice l’opposto, non stimola gli investimenti, le piacciono anche i dividendi…»; di suo cugino Alessandro che «adesso vuole i soldi perché lui ha un progetto, dice che è imprenditore e che gli altri non capiscono niente, mamma mia, pensano solo ai c… loro»; di Sabrina che scalpita e «incontra Franca ma i loro discorsi non sono mai molto concreti».

«Ero un surrogato»

L’anima finanziaria del gruppo era Gilberto, padre di Sabrina, deceduto due mesi dopo la tragedia. Era lui il collante, l’artefice della crescita esponenziale delle attività. Fra Gilberto e gli amministratori gravitava Mion, ad di Edizione, poi consigliere di Atlantia e di altre società, un po’ ufficiale di collegamento con le varie realtà aziendali. «Monitoravo il lavoro dei cda, indicavo consiglieri, direttori… — ha spiegato ieri — mi sono sempre considerato un surrogato dell’azionista, che cercavo di supportare in tutti i modi. In alcuni frangenti ritenevo di avere più mestiere io… Ma Autostrade era una cosa troppo difficile per noi e per i miei azionisti».
In un’intercettazione Mion parlava così del Morandi: «Quando io ho chiesto all’ingegner Castellucci e ai suoi dirigenti chi certificasse la stabilità e l’agibilità di questo ponte, mi è stato detto: ce lo autocertifichiamo». I dubbi erano nati durante una riunione di vertice: «Noi sapevamo che il ponte aveva un problema di progettazione, lo sapevamo. A quella riunione c’erano proprio tutti: i consiglieri di amministrazione di Atlantia, gli ad, il direttore generale, il management e loro hanno spiegato che quel ponte aveva una peculiarità di progettazione che lo rendeva molto complicato. Un ponte molto originale ma problematico».

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Assalto dei vandali alla Fontana di Trevi. Ma stavolta protesta anche la sinistra

lunedì, Maggio 22nd, 2023

Massimo Malpica

Assalto dei vandali alla Fontana di Trevi. Ma stavolta protesta anche la sinistra

Ultima generazione colpisce ancora, ma le azioni degli eco-attivisti sono sempre più impopolari. E ora anche la sinistra se la prende con gli ecovandali, chiedendo di lasciar perdere i monumenti. Ieri nove attivisti del movimento sono entrati nella Fontana di Trevi versando carbone vegetale e annerendo in parte l’acqua del celebre monumento, per poi esporre lo stesso striscione «noi non paghiamo il fossile» già utilizzato nel blitz alla Barcaccia di piazza di Spagna, ad aprile. Stavolta però i romani e i turisti presenti hanno manifestato a loro volta la propria disapprovazione per la protesta degli attivisti contro il cambiamento climatico, facendo partire insulti e bordate di fischi, proseguiti finché i vigili urbani hanno interrotto il blitz entrando in acqua e portando fuori i manifestanti.

E, come detto, pure la sinistra sembra essersi stancata dei metodi scelti dai giovani attivisti di Ultima generazione. A cominciare dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che pur sollevato per la presenza nella vasca di un impermeabilizzante che avrebbe messo al sicuro dal colorante il marmo, che invece è poroso («Non dovrebbero esserci danni permanenti», ha spiegato), ha preso di mira gli autori della protesta. «Basta con queste assurde aggressioni al nostro patrimonio artistico. Oggi imbrattata la Fontana di Trevi. Costoso e complesso il ripristino, sperando che non ci siano danni permanenti. Invito gli attivisti a misurarsi su un terreno di confronto senza mettere a rischio i monumenti», ha commentato a caldo il primo cittadino, che ha poi spiegato come l’assalto ai monumenti sia «del tutto controproducente anche rispetto a una battaglia ambientale» perché, ha continuato il sindaco, «si danneggia l’ambiente per ripristinare, e quindi dal punto di vista comunicativo la contraddizione è evidente». Nello specifico, Gualtieri ha ricordato che ripulire la celebre fontana «costerà molto tempo ed impegno». «Tante persone dovranno lavorare per rimuovere la vernice, appurarsi che non ci siano danni permanenti, come noi speriamo», ha aggiunto Gualtieri, per ricordare infine che l’intervento «costerà anche acqua, in quanto la fontana è a riciclo e quindi ora va svuotata, buttando via così 300mila litri d’acqua, pari alla sua capienza». Anche più duro l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor, che parla di «ennesima puntata della stucchevole telenovela che riguarda le fontane storiche di Roma imbrattate». «La città attacca Gotor è stanca di questi comportamenti sterili e autoreferenziali che danneggiano gravemente rendendola impopolare una battaglia giusta a favore dell’ambiente».

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La Duesemberg Sj Speedster del Maharaja vince il Concorso di Eleganza Villa d’Este 2023

lunedì, Maggio 22nd, 2023

di Edoardo Nastri

L’appariscente sportiva extralusso del 1935 si è aggiudicata il riconoscimento più importante della giuria. La sua storia unica tra Usa e India

La Duesemberg Sj Speedster del Maharaja vince il Concorso di Eleganza Villa d'Este 2023
La Duesemberg Sj Speedster del Maharaja vince il Concorso di Eleganza Villa d’Este 2023

Cernobbio (Como) – Troppo bella per non trionfare. La Duesemberg Sj Speedster Gurney Nutting del 1935 di William Lyon nera e arancione ha vinto il Concorso d’Eleganza Villa d’Este 2023, aggiudicandosi il Trofeo Bmw Group “Best of Show”: il premio più ambito assegnato dalla giuria presieduta da Lorenzo Ramaciotti (già capo del design Pininfarina e del gruppo Fiat Chrysler). Duesemberg oggi è un marchio sconosciuto ai più, ma negli Anni 30 costruiva le auto più costose del mondo.

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L’auto dei grandi divi

Gary Cooper, Clark Gable, Greta Garbo, James Cagney e molte altre star guidavano una Duesenberg in quel periodo. L’esemplare vincitore del Concorso d’Eleganza ha anche una storia molto speciale che si divide tra Stati Uniti e India. Durante gli anni della Grande Depressione, Duesenberg consegnò questa SJ, l’ultima delle sole 36 costruite, a John Gurney Nutting a Londra, per far installare una spettacolare carrozzeria Boat-Tail Speedster (letteralmente con la coda ispirata alle barche) creata per il Maharaja Holkar di Indora.

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Il patetico teatrino

domenica, Maggio 21st, 2023

Andrea Malaguti

Storia amara di libertà negate, di insulti e di violenza. Eugenia Roccella, ministra-strega-cattiva e suppostamente antiabortista sale sul palco della Regione al Salone del Libro e gli attivisti(e) di “Extinctiotn Rebellion” e “Non una di meno” le gridano addosso come se fosse un nemico da tacitare e umiliare (magari perché, nella spirale dell’incomprensione acida, anche loro si sentono tacitate e umiliate). Va da sé che non si fa, perché un conto è la protesta e un altro è la prevaricazione, anche se dall’altra parte c’è la rappresentante di un governo di destra-destra che sui diritti civili tende a medioevalizzare piuttosto che ad allinearsi alla tanto invocata civiltà Occidentale.

Roccella contestata al Salone del libro, Montaruli contro Lagioia: “Vergognati”

Per chi avesse dubbi, chiedere al preoccupato premier canadese Justin Trudeau. Roccella reagisce con stile, chiede alle forze dell’ordine di non portare via nessuno (applausi) e invita i ribelli sul palco. Una di loro ci va. Roccella dice: prego parla. E lei parla, ma non dialoga. E quando la ministra-strega-cattiva prova a riprendersi il turno, viene ancora sommersa dalle grida. Sbagliato e, certo, inaccettabile come sostiene una premier che dovrebbe interrogarsi sulle proprie difficoltà a fare i conti col dissenso. Qualcuno invoca il direttore (uscente) del Salone, Nicola Lagioia. Non essendo ubiquo e tanto meno Superman con la responsabilità del servizio d’ordine di questa gigantesca fiera stracolma di gente, Lagioia si presenta appena può. Dice: «Protestare è il sale della democrazia, ma lasciatela parlare». Intervento di buonsenso che non risolve la questione, ma spinge la deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli a gridargli le peggio cose. «Vergognati, suoneremo i tamburi quando te ne andrai». Lo vuole in esilio. Allontanato con piume e pece. Lagioia la guarda esterrefatto, senza neanche sapere che l’indignata e molto onorevole accusatrice è stata appena condannata a un anno e sei mesi per avere comprato Swarovsky, vestiti e borse firmate con soldi pubblici. Come direbbe Bartali: è tutto sbagliato, è tutto da rifare.

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Da Annunziata a Ranucci, le trasmissioni Rai a rischio. I programmi in bilico

sabato, Maggio 20th, 2023

di Antonella Baccaro

Alcuni programmi, come Report e Cartabianca, sono stati confermati, ma non si sa ancora a quali condizioni

Programmi in bilico e cambi di format, sospetti e paure in Rai
Roberto Sergio, nuovo amministratore delegato della Rai (Foto Ansa)

La conta dei sommersi e dei salvati in Rai non è ancora finita. Manca una manciata di giorni al consiglio di amministrazione di giovedì 25 maggio, quando molto probabilmente sarà varata la griglia delle nuove direzioni di genere e di testata. E poi ci vorrà ancora più di un mese prima che i palinsesti autunnali vengano presentati ufficialmente: il 7 luglio. 

Report gli altri programmi confermati

Nel frattempo lo scorso cda che ha ratificato la nomina del nuovo ad Roberto Sergio, dopo l’addio di Fabio Fazio, è sembrato voler sgombrare il campo dai sospetti di epurazioni future e ha confermato una manciata di programmi tra cui Report, Cartabianca, Chi l’ha visto?, Mezz’ora in più, Fame d’amore, Linea Verde, I Fatti Vostri, Tv talk. All’appello manca la striscia quotidiana di Marco Damilano, Il cavallo e la torre, su Rai Tre: le indiscrezioni che circolano vedrebbero il programma in via di conferma ma sicurezze non ce ne sono. 

Il rischio dei cambi di orario

«Circa i programmi confermati nello scorso cda non si è parlato né di conduzioni né di collocazioni» dice la consigliera Francesca Bria (quota Pd). La precisazione apre scenari inediti: molti di questi programmi sono legati a filo doppio ai loro «capitani» e difficilmente potrebbero passare di mano. A meno che qualcuno non fosse messo nelle condizioni di rinunciarvi. Prendiamo Report: il programma di Sigfrido Ranucci va ora in onda il lunedì, ma negli ultimi giorni si è parlato di un suo spostamento nella fascia domenicale di Che tempo che fa. Un’ipotesi che ha allarmato Ranucci: «Se qualcuno vuole mettere in difficoltà la trasmissione, strumentalizzandola o spostandola in condizioni difficili, sbaglia» ha detto, mettendo le mani avanti. 

Viale Mazzini adesso vuole il “pluralismo”

Ma se la collocazione di un programma può essere determinante, ancora di più può fare la differenza il modo in cui le trasmissioni vengono impostate. La nuova Rai deve essere improntata al pluralismo, fanno sapere ai piani alti di Viale Mazzini: ad esempio non sarà più possibile che una trasmissione abbia ospiti di una sola parte politica. Una questione già dibattuta presso l’Autorità per le comunicazioni sulla scia di alcuni ricorsi. Secondo alcune passate pronunce, il pluralismo può considerarsi rispettato se un programma assicura ospiti di tutte le parti politiche nel complesso delle sue puntate, e non in ciascuna. É questa la modalità che si è data, ad esempio, Mezz’ora in più, e che la conduttrice Lucia Annunziata sembra intenzionata a difendere, così come, del resto, ha sempre fatto Fazio.

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La famiglia che ha resistito all’alluvione: «I vicini ci portavano il cibo a nuoto»

sabato, Maggio 20th, 2023

di Giulia Arnaldi e Alfio Sciacca

Massa Lombarda, la famiglia Maretti isolata da mercoledì a ieri sera: «Abbiamo resistito senza corrente e acqua. Ci sentivamo abbandonati»

La famiglia che ha resistito all'alluvione: «I vicini ci portavano il cibo a nuoto»
I coniugi Maretti cercano di buttare fuori l’acqua dalla loro abitazione a Massa Lombarda (Ra)

MASSA LOMBARDA (RAVENNA) — Suona quasi beffardo trovarsi a scoprire che, con la casa completamente circondata dall’acqua, quel che più ti manca è proprio l’acqua. «Da subito siamo rimasti senza acqua per lavarci e anche per i servizi igienici, mentre quella da bere ce la portavano volontari e vicini casa, praticamente a nuoto».

La cronaca di come cinque persone (padre, madre, figlia e due nonni di 78 e 83 anni) abbiano resistito bloccati in casa per tre giorni è scolpita nella mente e nel volto della piccola di casa, Giulia Maretti, 32 anni, che ha tenuto i contatti con il mondo esterno grazie ai social e alla precaria ricarica del telefonino, con l’angoscia di restare senza batteria. Tutto questo fino a ieri sera, quando la famiglia ha potuto mettere piede fuori casa.

Riparte «Un aiuto subito», la raccolta fondi per aiuti concreti in Emilia-Romagna

Siamo a Massa Lombarda, uno dei comuni più devastati del Ravennate. «Abitiamo tutti nello stesso stabile — racconta Giulia —. Io e i miei nonni in due distinti appartamenti al pianterreno, i miei genitori al primo piano. Mercoledì mattina quando è arrivata la piena ci siamo messi al sicuro al primo piano e lì siamo rimasti bloccati fino ad un’ora fa (le 18 di venerdì, ndr)». Tre giorni di autentica «prigionia» a fare i conti con i bisogni più elementari: luce, cibo, acqua. «Un incubo che abbiamo compreso solo con il passare delle ore  — racconta Giulia —. Fortunatamente martedì c’era stata l’allerta e avevamo fatto delle scorte. Ma pensavamo che sarebbe durata solo qualche ora o un giorno. E invece sembrava non finire mai».

L’assenza di corrente è stata la prima criticità. «I telefonini si stavano tutti scaricando e avevamo l’angoscia di restare totalmente isolati. Poi mia madre ha armeggiato con il salvavita ed è riuscita, non so come, ad attivare una presa di corrente in una stanza. Almeno i telefonini erano salvi».

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La spaventosa potenza dell’acqua, iscritta nella memoria della nostra specie

venerdì, Maggio 19th, 2023

Le immagini dell’Emilia Romagna riportano, a chi è meno giovane, ricordi di altre inondazioni in altre parti d’Italia. Cambiano le strade, le auto sommerse, non lo sguardo angosciato di chi ha visto la sua vita andare di colpo sott’acqua. (Beppe Severgnini)

CorriereTv


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Droga e documenti falsi: viaggio a Fquih Ben Salah, il paese del Marocco che si arricchisce con lo spaccio in Lombardia

giovedì, Maggio 18th, 2023

di Andrea Galli

È qui, nella città d’origine di Karima El Mahroug alias «Ruby», la base dei grossisti della droga che circola nella nostra regione. «Gli ordini partono dai bar del Corvetto e del Varesotto» 

Marocco

DAL NOSTRO INVIATO 
Fquih Ben Salah (Marocco). Un portico laterale come punto d’osservazione e la prima scusa pronta — un po’ d’ombra a riparare dal già feroce sole delle dieci — qualora l’appostamento venga smascherato, cosa che puntualmente avviene per colpa d’uno dall’altra parte della strada che al telefonino avvisa quelli di qui. Dagli ombrelloni esterni del «Caffè Duomo» salta allora fuori un piccoletto col ghigno, uno dei dipendenti, il quale con coraggio, dato appunto il caldo e pure l’orario, s’accende un portentoso cannone il cui fumo s’allunga sul vialone insieme alla sabbia alzata dai carri dei contadini; egli indugia con lo spinello fino a quando, delle due, una soltanto: o attacchiamo a riferire per davvero i motivi della visita in lande non turistiche, oppure possiamo anche andarcene. 

Le vedette nei quartieri

E poiché siamo arrivati al portico schivando in precedenza i sassi d’altri baristi, certo aiutati dai fedeli clienti, per le inopportune domande loro rivolte sui traffici di droga, e altresì abbiamo giocato (in macchina) a nascondino nei vicoli intasati di capre ribelli contro uno squadrone di motorini Garelli pilotati da ragazzini incaricati di pedinare, sempre per quelle inopportune domande, ecco, tanti saluti al piccoletto. Del resto le fonti l’avevano premesso: se cerchi una risposta alla domanda, vai a Fquih Ben Salah, ma occhio che son tipi sgamati. 

Il traffico di droga verso l’Italia

La domanda era la seguente: tanto si parla, in mezzo alla maggioranza dei connazionali che sgobbano come muratori, piastrellisti e operai, dei marocchini legati alla droga, da quelli che avevano governato il bosco di Rogoredo a quelli che governano i boschi delle province di Varese, Monza e Como; ma spesso si racconta soltanto di manovalanza alle dipendenze di imprecisate Cupole. Ebbene, attingendo a privilegiate fonti nella duplice non agevole situazione locale — le autorità non vogliono sentire parlare di hashish e dispongono di sofisticati apparati informativi—, il Corriere ha scoperto quanto segue. 

La regione di Béni Mellal-Khénifra

Fquih Ben Salah sorge nella regione di Béni Mellal-Khénifra, una delle più povere del Regno del Marocco: oltre due e milioni e mezzo di abitanti dei quali la metà andata all’estero, un complessivo di 135 comuni quasi esclusivamente rurali, e percentuali incerte, ma lo stesso definite tragiche, di bambini senza istruzione alcuna e adulti analfabeti. 

Il paese di Ruby

Siamo a due ore da Casablanca, che ha un peso in questa storia a differenza della figura di Karima El Mahroug alias «Ruby», originaria proprio di Fquih Ben Salah, paesana illustre e invidiata. La cittadina inizia con campi di terra e pietre dinanzi alla moschea, e approda, nella periferia opposta, in un enorme parcheggio degli scassati furgoni che servono da mezzi pubblici; ancora negli anni Ottanta la popolazione oscillava sulle 45mila persone: oggi sono oltre centomila. 

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Morire nel fango

giovedì, Maggio 18th, 2023

Niccolò Zancan

Inviato a Lugo di Romagna. Così si muore. Distanti. Separati dalla furia di un’onda. Ma Marinella Maraldi e suo marito Sauro Manuzzi erano usciti fuori insieme. Volevano salvare i cani, mettere al riparo gli attrezzi della loro azienda agricola. Volevano lavorare, come ogni santo giorno della loro vita. Ronta di Cesena: una delle piane più floride d’Italia. Campagne con vista Adriatico. Loro coltivavano erbe officinali e fiori per pasticceria. Dalla cascina al capannone, passando per un ponte. Erano lì, in quel momento, quando è arrivata la piena del Savio. La furia dell’acqua ha atterrato il ponte. Il signor Manuzzi ha cercato di abbrancare la moglie, l’ha presa per le braccia per trattenerla. Ma l’acqua è stata più forte. L’hanno visto tornare verso casa controcorrente. Ha resistito per cento metri: «L’onda gli arrivava a mezzo busto». L’hanno visto raggiungere un prato in salita, dove si è accasciato ed è morto di crepacuore. Il cadavere di Marinella Maraldi, 70 anni, è stato trovato ieri mattina. Era a venti chilometri di distanza, sulla spiaggia di Zadina di Cesenatico. Perché così si muore. «Avete visto? Il Savio si è ripreso il suo corso originario».

Sembra una vendetta della natura. Ma è qualcos’altro. «La mia azienda agricola è andata completamente sotto. Basta!», urlava inferocito il signor Augusto Moreno in mezzo al fango. «È colpa dell’uomo!», urlava. C’era già stata un’alluvione nel 2021 in questa stessa zona. «E sapete cosa è successo? Che la Regione Emilia Romagna ha restituito, fra il 2021 e il 2022, la bellezza di 55,2 milioni di euro ricevuti dallo Stato per la manutenzione degli argini e la messa in sicurezza del territorio. E sapete perché quei soldi sono stati restituiti? Perché non sono riusciti a spenderli. Oh, non lo dico mica io! Lo dice la Corte dei Conti!».

Quell’uomo urla la sua rabbia dentro una specie di palude. «Adesso basta!». Intorno a lui, un gigantesco caos si è preso le strade, dividendo la regione in parti irraggiungibili. Di qua o di là dell’autostrada, di qua o di là dalla Via Emilia. Non si passa. Perché l’acqua scorre sul cemento: sono 21 i fiumi esondati in diversi punti. Tantissima acqua tutta insieme: 300 millilitri di pioggia. Dopo anni di siccità tremenda, in due giorni sono cadute le precipitazioni dell’intera primavera. Ma era il tempo di prima. Mentre questo è un tempo nuovo. È il tempo degli estremi: arsura e morte, tempeste d’acqua e morte. E quindi, si muore.

Si muore come è morto il signor Fabio Scheda, 43 anni, che a San Lazzaro di Savena cercava di svuotare il pozzo, per impedire che inondasse casa sua. È morto annegato lì dentro. Così come è morto il signor Riccardo Soldati, 77 anni, inghiottito da una frana nel suo giardino di casa a Casale di Casilese. L’acqua non lascia scampo. È qualcosa difficile da credere fino all’attimo prima. Ma si alza sempre un vento caldo, e poi arriva il rumore tremendo che precede la piena. Dentro un’auto allagata, fra Solarolo e Castel Bolognese, c’è un uomo annegato che deve ancora essere recuperato e identificato.

Così si muore. Recuperati dai sommozzatori nel pieno centro di una città di pianura. Come sono stati ritrovati i corpi di una coppia di anziani, marito e moglie, in via Padelli a Forlì. Scene incongrue. Prospettive difficili da mettere a fuoco. Le barche dei vigili del fuoco nel centro di Cesena. O ancora a Forlì: un’altra vittima. In via Firenze, il quartiere che costeggia il fiume Montone. «Mio marito!», urlava dal balcone una signora. Urlava e piangeva perché sapeva già tutto. Il marito era annegato, mentre lei è stata portata in salvo con un gommone.

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Navi fantasma alla deriva, migliaia di marinai a bordo: coinvolti anche 14 porti italiani

mercoledì, Maggio 17th, 2023

di Milena Gabanelli, Maria Serena Natale e Francesco Tortora

Undici miliardi di tonnellate di merci trasportate ogni anno, il 90% degli scambi totali: il commercio marittimo è la spina dorsale del capitalismo globale. Un sistema formato da 118 mila navi con due milioni di lavoratori a bordo, eppure questo gigantesco equipaggio transnazionale in continuo movimento sugli oceani è invisibile, soprattutto quando finisce nei guai. Pandemia e guerra d’Ucraina hanno aggravato un fenomeno poco noto ma di lungo corso e in crescita, che riguarda anche l’Italia: imbarcazioni e marinai abbandonati a se stessi. Secondo la Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti, che riporta i casi all’Organizzazione internazionale del lavoro, fino al 2016 non si superavano le 25 denunce l’anno, nel 2022 il numero era salito a 103, con 1.842 marittimi coinvolti.

Ufficiale di bordo prigioniero per 4 anni

Luglio 2017, la nave da carico MV Aman battente bandiera del Bahrein e noleggiata da una compagnia libanese resta bloccata nel porto egiziano di Adabiya, nel Canale di Suez, per certificati di sicurezza scaduti. Né dal Libano né dal Bahrein arrivano i soldi per carburante e documenti, il comandante è a terra e i giudici locali nominano tutore legale del mercantile l’ufficiale più alto in grado rimasto a bordo, il siriano Mohammed Aisha, originario di Tartus imbarcato a maggio. Mese dopo mese la MV Aman si svuota e Mohammed si ritrova solo, con il divieto di allontanarsi da una nave ormai fantasma, senza elettricità e senza vita. Ogni settimana il giovane ufficiale nuota fino a riva per procurarsi il cibo e ricaricare il cellulare. Nessuno si muove per quattro anni. Finché nel 2021 interviene la Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti che riesce a far nominare un nuovo tutore e Mohammed può finalmente tornate a casa. La surreale storia della MV Aman rivela un mondo dove è facile restare in trappola perché l’armatore non riesce più a coprire i costi del viaggio o della manutenzione e opta per la via più «conveniente»: stop a pagamenti e contatti, nave e uomini lasciati al proprio destino.

Abbandonate 9.925 persone su 703 mercantili

Negli ultimi 20 anni sono state abbandonate in totale 9.925 persone su 703 navi mercantili e la somma degli stipendi non pagati ha raggiunto i 40 milioni di dollari. Con 25 abbandoni, l’Italia è quinta per casi registrati nei propri porti dopo Emirati Arabi Uniti (89), Spagna (45), Turchia (37) e Iran (35). Tra dispute pendenti e risolte, gli scali interessati sono Augusta (4 casi), Oristano (3), Cagliari, Ancona, Ravenna, Messina, Genova, Napoli, Venezia, Palermo, Porto Empedocle, Chioggia, Savona, Civitavecchia.

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