Archive for the ‘Salute’ Category

Variante XE, sintomi e contagiosità: cosa sappiamo finora

martedì, Aprile 12th, 2022

di Cristina Marrone

Figlia di Omicron BA.1 e BA.2 potrebbe essere più trasmissibile ma al momento non sembra causare malattia più grave. Gli «ibridi» saranno sempre più frequenti

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Che cosa è XE?

Ormai se ne parla da giorni: la nuova variante ibrida del Covid 19, battezzata XE sta suscitando nuove preoccupazioni proprio nel momento in cui quasi tutto il mondo sta abbandonando le restrizioni, Italia compresa. XE è una combinazione di varianti già altamente trasmissibili BA.1 e BA.2 di Omicron ed è stata rilevata per la prima volta il 19 gennaio nel Regno Unito. XE presenta tre mutazioni che non sono presenti né in BA.1 né in BA.2. La sua proteina Spike deriva da BA.2, che in Italia aveva raggiunto una prevalenza del 44 per cento già lo scorso 22 marzo.

Secondo alcuni scienziati chi si è contagiato con BA.2 dovrebbe conservare una certa protezione contro XE (il tampone rileva tuttavia solo la positività e non il ceppo), anche se per ora si tratta ancora di ipotesi ancora molto preliminari.

«Le varianti ricombinanti sono ben descritte per altri virus e spesso non sono associate a un pericolo maggiore«, afferma il dottor Andrew Badley, professore di malattie infettive presso la Mayo Clinic

Quanto è diffusa XE?

Nel Regno Unito sono stati assegnati a XE oltre mille genomi virali. La variante ricombinante è presente anche negli Stati Uniti, Thailandia, India, Giappone e altri Paesi. In base al report inglese la variante XE sembrerebbe più frequente nelle donne in ogni fascia di età.

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Uk Health Security Agency

È davvero più trasmissibile?

Secondo le stime attuali che arrivano dal Regno Unito XE ha un vantaggio di trasmissione che va dal 12,6% al 20,9% rispetto a Omicron 2 e questo la renderebbe la sottovariante di Omicron più trasmissibile finora emersa. Ogni volta che emerge una nuova variante più trasmissibile è altamente probabile che con il tempo possa diventare dominante. I dati disponibili tuttavia non permettono di trarre conclusioni su questo punto. Tuttavia se i dati di trasmissibilità venissero confermati alcune stime si spingono ad affermare che nel Regno Unito XE potrebbe diventare dominante nel giro di un paio di mesi.

È una variante preoccupante?

L’Organizzazione mondiale della Sanità non ha assegnato a XE una lettera greca: per il momento appartiene a Omicron, almeno fino a quando non verranno identificate differenze significative nella trasmissione e nelle caratteristiche della malattia, inclusa la gravità. Non è stata classificata come una nuova VOC (variante di preoccupazione)

Che tipo di malattia provoca?

Non ci sono dati statisticamente rilevanti sulla sua gravità (anche se non sembra essere variato il tasso di mortalità o di ricovero) o sulla capacità di eludere l’immunità acquisita da vaccino o da precedente contagio. Finora non si registrano segnalazioni di sintomi differenti che includono affaticamento, letargia, febbre, mal di testa, dolore muscolare e osseo. Tuttavia al momento la gravità della malattia da XE sembra essere lieve e non ci sarebbero differenze con Omicron, anche se va tenuto conto che sempre più persone, a livello globale, sono vaccinate, e che questo possa contribuire a una manifestazione di sintomi più lievi.

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Remuzzi: «La diffusione della variante XE è già iniziata, probabilmente anche in Italia: ecco perché è motivo di preoccupazione»

mercoledì, Aprile 6th, 2022

di Laura Cuppini

Il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri elenca cinque ragioni per essere ottimisti e tre motivi di preoccupazione sull’evoluzione del Covid

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Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e professore per «chiara fama» di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano, sembra che non possiamo ancora mettere la parola «fine» alla storia della pandemia.

Siamo almeno arrivati agli ultimi capitoli?
«Abbiamo cinque ragioni per essere ottimisti e tre motivi di preoccupazione. La prima fonte di speranza viene da un passato lontano: nel 1889, a San Pietroburgo, è scoppiata quella che è stata chiamata “influenza russa”, una vera e propria pandemia diffusa in tutto il mondo, con un milione di morti accertati. Non è stato sottolineato abbastanza che le similitudini con la situazione attuale sono notevoli: il presunto responsabile è un coronavirus (OC43), l’infezione provocava una polmonite severa e uccideva soprattutto gli anziani. Pur senza vaccini e farmaci a contrastarlo, il virus è rimasto aggressivo per alcuni anni (e tre ondate) per poi “spegnersi”. Le autorità sanitarie raccomandavano ventilazione e disinfezione deli ambienti, distanziamento, isolamento degli infetti. Tutte le attività, incluse le scuole, sono state chiuse. Il confronto con Sars-CoV-2 è impressionante. OC43 circola ancora ed è uno dei tanti patogeni del raffreddore. Possiamo sperare che sia questo il finale della storia. Ma non avverrà domani».

Quali altri fattori possono suggerire un miglioramento della situazione?
«Secondo il Global burden of disease (Gbd), programma internazionale che valuta l’impatto delle principali malattie a livello di mortalità e disabilità, in Italia un picco di contagi, ricoveri e morti per Covid si è verificato tra gennaio e febbraio di quest’anno, seguito da un calo e una piccola ripresa. Una discesa più significativa dovrebbe cominciare a metà aprile per poi proseguire fino a luglio, anche grazie alla bella stagione. Le previsioni del Gbd, messe a punto però prima dell’avvento di Omicron BA.2, indicano zero casi di Covid in Italia tra giugno e agosto. Una prospettiva importante, anche se abbiamo imparato che questo virus ci può riservare molte sorprese. Ci sono poi altri tre elementi a nostro favore. Il primo è che la popolazione è quasi completamente infettata o vaccinata e quindi esiste un’immunità diffusa che ci consente di affrontare eventuali nuove mutazioni con una base protettiva che non avevamo nel 2020. Il secondo è che Omicron, nonostante l’elevatissima capacità di diffusione, tende a localizzarsi generalmente nella parte alta delle vie respiratorie, risparmiando bronchi e polmoni. Infine, questione cruciale, oggi abbiamo non solo i vaccini, ma anche antivirali e anticorpi monoclonali. Le industrie farmaceutiche stanno lavorando a farmaci che siano in grado di contrastare le possibili varianti di Sars-CoV-2. E c’è la prospettiva di un vaccino che copra tutti i coronavirus: un progetto della Duke University di Brigham e del Women’s Hospital di Boston che nelle scimmie ha mostrato un’efficacia vicina al 100%».

Quali sono invece i motivi di preoccupazione?
«In primo luogo quello che sta accadendo a Hong Kong: un’ondata pesantissima che dimostra in modo inequivocabile come Omicron non sia poco pericolosa in una popolazione, soprattutto anziana, poco vaccinata. Solo il ciclo completo con tre dosi ci può proteggere da questa e altre varianti. In Italia abbiamo un milione e 200 mila over 70 che non hanno completato il ciclo vaccinale: un grosso serbatoio di circolazione per il virus, a cui si aggiunge la fascia tra i 5 e i 12 anni dove la copertura è ferma al 34% e quelli più piccoli per i quali non esiste ancora un vaccino. Senza dimenticare che in Paesi a noi vicini, come quelli africani, le percentuali di vaccinazione sono bassissime».

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Covid, braccio di ferro sulle mascherine

martedì, Aprile 5th, 2022

Paolo Russo

ROMA. Se dipendesse dagli scienziati e dai super esperti del ministro Speranza le mascherine al chiuso, ultimo totem dell’era pandemica, le terremo tirate su ancora per un bel po’. Ma Palazzo Chigi vorrebbe mandare un nuovo e definitivo messaggio di ritorno alla normalità al Paese. Anche perché gli stessi esperti hanno da tempo spiegato al premier che con l’alta contagiosità di Omicron, ancora più infettiva nella sua seconda versione, è praticamente impossibile contenere il virus. E quindi, è il ragionamento portato avanti da più di un esponente del governo, tanto vale iniziare a conviverci. Come del resto stanno facendo buona parte dei Paesi europei, dove le mascherine al chiuso sono già un ricordo o stanno per diventarlo. A costo di far esplodere i contagi, come è successo in Gran Bretagna, dove i ricoveri nei reparti ordinari sono 20 mila e i morti circa 200 al giorno. Un prezzo che da noi in tanti non sono disposti a pagare.

Il ministro Speranza ha detto che in base ai numeri dell’epidemia il 20 aprile si deciderà se prorogare o meno l’obbligo di mascherina al chiuso, che scadrebbe dieci giorni dopo. Me è sulla soglia del liberi tutti che si preannuncia un braccio di ferro tra l’ala aperturista del governo e gli esperti. Per questi ultimi infatti l’attuale incidenza di 811 casi settimanali ogni 100 mila abitanti è troppo distante da quel limite di sicurezza fissato a «quota 50», che consente di riprendere a fare in piena efficienza il contact tracing e di isolare sul nascere ogni nuovo focolaio. E discese precipitose al momento non se ne vedono, perché da giorni i contagi camminano su un plateau dal quale faticano a scendere. Ancora ieri di casi se ne sono contati 30.630, gli stessi di una settimana fa, mentre i morti sono saliti un po’, da 118 a 125. E se nelle terapie intensive il tasso di occupazione è sotto il 5% ed è sostanzialmente stabile, nei reparti di medicina i ricoveri stanno via via aumentando: ieri altri 224 in più che portano il totale a 10.241. Con questi numeri è difficile trovare scienziati disposti a caldeggiare l’addio definitivo alle mascherine. Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e docente di Igiene pubblica alla Cattolica, è stato chiaro: «Nel piano del governo quella di togliere l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione al chiuso dal 1° maggio è un’ipotesi. Questo mese monitoreremo con molta attenzione la curva dei contagi. Ma mi sembra molto difficile poterla togliere dal primo maggio».

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“È solo un’influenza”: adesso la guerra fa più paura del Covid

lunedì, Aprile 4th, 2022

di Ilvo Diamanti

Da oltre un mese, la guerra in Ucraina è divenuta la principale, quasi unica, “emergenza”, secondo l’opinione pubblica. In Europa e, naturalmente, in Italia. D’altra parte, è una “guerra in diretta”, che si combatte sotto gli occhi tutti. In tempo reale. Per questo motivo, attrae l’attenzione generale e s-valuta “paure” che, fino a pochi mesi fa, coinvolgevano e sconvolgevano gran parte dei cittadini. La pandemia, in particolare. Secondo i sondaggi condotti da Demos, infatti, l’inquietudine suscitata dal Covid, fra gli italiani, è scesa ai livelli minimi da quando, nel marzo 2020, si è propagata nel Paese.

Le tavole

Nelle settimane recenti, in particolare, la quota dei cittadini che dichiarano di sentirsi preoccupati dal Covid è scesa al 53%. Ancora molto, ma solo 4 mesi prima, a dicembre, questo sentimento coinvolgeva l’80% delle persone. E un anno fa oltre il 90%. Quasi tutti. Assistiamo, dunque, a un sensibile raffreddamento del clima di “paura virale”. In contrasto con l’andamento dei contagi, che, nello stesso periodo, appare, nuovamente, in crescita. Non solo in Italia, anche in Germania e in Francia, per esempio.

Tuttavia, dal 1° aprile, per decisione del governo, è cessato lo stato di emergenza. E le norme che regolano la nostra vita pubblica sono cambiate sensibilmente. Riguardo al lavoro, la scuola, il tempo libero. Anche il nostro “volto” è destinato a mutare. Libero da mascherine, che rendono difficile “ri-conoscere” anche le persone che “conosciamo” bene. Le ragioni che spiegano questa “svolta” sono diverse. In buona parte, note. In primo luogo, i vaccini. Oltre 8 persone su 10, infatti, si sono vaccinate. Gran parte degli italiani (il 66%) ha già fatto la terza dose. Mentre le categorie più a rischio hanno iniziato ad assumere una ulteriore dose. La quarta.

Ma la campagna vaccinale ha prodotto un altro importante effetto. Il ridimensionamento delle conseguenze virali. Anche se la diffusione del contagio prosegue, perché il virus, a sua volta, “varia” e il passaggio da una “variante” all’altra ne riduce gli effetti sulla nostra salute. A causa, tra l’altro, del reciproco adattamento fra noi e il virus. Così, oggi, il Covid-19 è paragonato a un’influenza. Per durata e impatto.

L’adattamento, però, non riguarda solo la salute. L’aspetto fisiologico. Coinvolge, inoltre, il piano “psicologico”. In altri termini, dopo due anni, ci siamo abituati alla “paura virale”, che, di conseguenza, “fa meno paura”. È divenuta quasi normale. Con il rischio, ben noto, di pensare, o meglio: illudersi, che non vi sia più motivo di vivere “mascherati” e distanziati. Se non isolati. Al contrario, il bisogno degli altri, dopo tanto tempo trascorso in solitudine coatta, favorisce il ritorno, rischioso, alla socialità. A viso aperto e scoperto. Soprattutto in estate.

È significativo, per questo, osservare come, nel sondaggio di Demos, il maggior grado di preoccupazione coinvolga le classi d’età opposte. Anzitutto, i più anziani e vulnerabili. Pressoché due terzi degli ultra 65enni, infatti, si dicono (molto o abbastanza) preoccupati dal rischio di contagio. Consapevoli delle conseguenze e dei pericoli che potrebbe provocare su di loro. Un sentimento condiviso da oltre metà fra le persone più giovani, condizionate dal timore di vedere compromessa, oltre alla salute, la loro attività. Nella scuola e nel lavoro.

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Covid: l’Italia è fuori dall’emergenza. Anche i contagi in frenata spingono verso la normalità

venerdì, Aprile 1st, 2022

Paolo Russo

Quasi a voler spingere verso il ritorno alla normalità, la curva dei contagi ha ripreso ieri a piegarsi verso il basso, proprio alla vigilia del pensionamento di un bel po’ delle restrizioni che ci hanno accompagnato in oltre due anni di pandemia. I contagi, dopo aver lambito quota 100 mila martedì, sono tornati a scendere da 77.623 a 73.195 e quel che più conta sono 8.600 in meno rispetto al della scorsa settimana. Anche i morti da 170 sono passati a 159. Troppo presto per parlare di discesa, ma che abbiamo forse raggiunto il plateau lo dicono i numeri del rapporto settimanale della fondazione Gimbe, che dopo due settimane di netto incremento, dal 23 al 29 marzo registra un appiattimento della curva, cresciuta appena dello 0,3%. Aumenta però l’occupazione dei letti nei reparti di medicina, dove i ricoveri sono stati 9.740 contro gli 8.969 di una settimana prima, per un incremento pari all’8,6%.

Ma se la pressione sugli ospedali a livello nazionale resta sotto controllo, le cose cambiano quando si punta la lente di ingrandimento sulle regioni. Perché qui decisamente in affanno iniziano ad essere Umbria e Calabria, con un tasso di occupazione dei letti superiore al 34%. In sofferenza anche Basilicata (28% dei letti occupati), Marche (24,1%), Puglia (22,4) e Sicilia (26,2%). Aggiungendo alla lista anche Abruzzo, Puglia e Sardegna, tutte sopra il 20% dei letti occupati da positivi, il numero delle regioni sotto osservazione sale a 9. A prescindere da come andranno d’ora in avanti i contagi, la curva dei ricoveri salirà ancora un po’, perché da che ci si positivizza a che si finisce in ospedale in media passano due settimane. Ma se quello a cui stiamo assistendo si rivelerà solo un rimbalzo della quarta ondata, anche gli ospedali reggeranno bene l’impatto. Mentre se ci dovessimo ritrovare nel mezzo di una quinta ondata si rischierebbe di dover rinunciare a qualcuna delle libertà appena riconquistate. Magari solo nelle regioni con i numeri peggiori.

I segnali per ora sono comunque positivi, anche se la campagna vaccinale arranca. Le somministrazioni nella settimana dal 23 al 29 marzo sono ulteriormente diminuite, con una media che oramai è di sole 43 mila punture al giorno, che intaccano poco il muro dei 6,94 milioni di non vaccinati. E stupisce il fatto che fino a mercoledì erano appena 58.545 le quarte dosi somministrate agli immunocompromessi, pari al 7% di chi infettandosi rischia più di chiunque altro.

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Cosa cambia dal 1 aprile per green pass, mascherine e scuola: le nuove regole Covid

giovedì, Marzo 31st, 2022

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Stop quarantena per i contatti stretti: test quotidiani solo per i sanitari. Il generale Petroni successore di Figliuolo

Da domani si applicano le nuove regole per il contenimento del Covid 19. In molti luoghi si potrà entrare senza green pass, in altri servirà solo quello base. Non cambiano le regole per l’isolamento di chi è positivo: 7 giorni se si è vaccinati, 10 se non si è immunizzati o se l’ultima dose è stata fatta da più di 120 giorni. Cambia invece la quarantena per chi ha avuto contatti stretti con contagiati: l’autosorveglianza, «con l’obbligo di indossare Ffp2, al chiuso o in presenza di assembramenti, fino al decimo giorno successivo alla data dell’ultimo contatto stretto» vale per chi è vaccinato e per chi non lo è. Gli operatori sanitari devono eseguire un test antigenico o molecolare per 5 giorni dall’ultimo contatto con un positivo. Il generale Tommaso Petroni è stato nominato dal premier Mario Draghi successore di Francesco Paolo Figliuolo per dirigere il completamento della campagna vaccinale.

Il super green pass resta per ospedali e cinema

Dal 1° al 30 aprile il green pass rafforzato — che si ottiene se si è vaccinati da meno di 120 giorni oppure guariti — sarà obbligatorio per:
– piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra e di contatto, centri benessere (anche all’interno di strutture ricettive) al chiuso
– spogliatoi e docce
– convegni e congressi
– centri culturali, centri sociali e ricreativi al chiuso
feste, comprese quelle dopo le cerimonie
– sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò
– sale da ballo e discoteche
cinema, teatri, palazzetti dello sport
– strutture sanitarie
Dal 1° maggio non servirà più la certificazione verde.

Il green pass base richiesto per aerei e stadi

Dal 1° al 30 aprile il green pass base, che si ottiene con certificato di vaccinazione, di guarigione, oppure con tampone antigenico (valido 48 ore) o molecolare (valido 72 ore) sarà obbligatorio per accedere a:
– bar e ristoranti al chiuso
– concorsi pubblici, corsi di formazione pubblici e privati
– colloqui in carcere
– spettacoli all’aperto
– stadi
– aerei
– treni
– navi e traghetti (esclusi i collegamenti nello Stretto di Messina e con le Isole Tremiti)
– pullman turistici oppure che effettuano i collegamenti tra regioni.
Dal 1° maggio non servirà più la certificazione verde per nessuno di questi luoghi.

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Green Pass, fuori dall’emergenza. Primo aprile: la nuova libertà, dai viaggi ai ristoranti

martedì, Marzo 29th, 2022

di Michele Bocci ,  Viola Giannoli

Bar e ristoranti

Negli spazi esterni senza alcun vincolo, per sedersi all’interno serve il Qr-code

Da venerdì non ci sarà più bisogno di alcun documento per sedersi all’aperto e ordinare da mangiare o da bere. Scompare infatti l’obbligo di essere in possesso di qualunque tipo di Green Pass per i clienti accomodati ai tavoli fuori dai locali. Il decreto ha anche previsto che per consumare all’interno di questi esercizi resti ancora necessario il certificato verde base, quello che si ottiene con la vaccinazione, la guarigione oppure con un test, antigenico o molecolare, negativo. I clienti dovranno anche indossare la mascherina finché non sono seduti. Inizialmente si pensava di applicare la modifica alle vecchie regole solo ai turisti, poi si è deciso di estenderla a tutti. Dal primo maggio, inoltre, in base alle scadenze dettate dal decreto, scomparirà del tutto il Green Pass anche per consumare all’interno dei locali. 

Hotel e negozi

Via tutte le restrizioni negli alberghi. Addio carta verde per lo shopping

Dal primo aprile l’ingresso negli alberghi e in generale in tutte le strutture ricettive è libero. Si potrà prenotare una camera d’hotel e cenare nel ristorante interno o alloggiare in un b&b senza mostrare alcun Green Pass. Non si potrà invece accedere nelle palestre, nelle piscine e nelle Spa degli hotel senza il certificato rafforzato, nemmeno se si è clienti dell’albergo. E anche nel caso in cui si debba partecipare a un convegno o a un congresso organizzato in un albergo servirà il Super Pass. Si potrà invece fare shopping nei negozi senza bisogno di Certificato verde. L’unica misura obbligatoria che resterà ancora in piedi per tutto aprile sarà invece l’uso della mascherina: andrà bene anche quella chirurgica. E lo stesso vale per parrucchieri, centri estetici, barbieri, banche, poste, uffici pubblici: via libera senza Pass ma con la mascherina. 

Cinema, teatri e discoteche

Vedere un film o andare a ballare: per tutto aprile ci vorrà il Super Pass

Ad aprile non cambia ancora nulla per cinema, teatri e discoteche. Si potrà infatti vedere un film tra le poltroncine rosse, assistere a uno spettacolo teatrale o partecipare a un concerto ma solo dopo aver mostrato il proprio Super Green Pass, quello cioè che si ottiene dopo aver completato il ciclo vaccinale o dopo essere guariti dal Covid da meno di sei mesi. Le stesse regole valgono anche per quelle attività al chiuso come musica dal vivo, laboratori, incontri, serate, rappresentazioni che si tengono nei centri sociali, culturali e ricreative (ad eccezione delle ludoteche). Anche in discoteca e nelle sale da ballo si entrerà solo con il Green Pass rafforzato. E nessun cambiamento è previsto anche sul fronte mascherine: dal cinema al locale serve la Ffp2. Da maggio si cambia: dovrebbe cadere l’obbligo di Super Pass, non quello di protezione per naso e bocca. 

Stadi e palazzetti

Impianti sportivi, massima capienza. Alle partite con il Green Pass base

Lo sport all’aperto, indipendentemente dal tipo di attività, si potrà fare senza dover dimostrare di aver fatto un tampone negli ultimi due giorni, o di essersi vaccinati o di essere guariti dal Covid. Diverso invece il caso di chi si allena in piscine o palestre al chiuso: fino al 30 aprile avrà ancora l’obbligo di mostrare il Super Green Pass. E lo stesso controllo è richiesto anche per usare le docce e gli spogliatoi degli impianti sportivi (sono esclusi dall’obbligo solo gli accompagnatori di persone non autosufficienti come i bambini o le persone con disabilità). I tifosi e gli appassionanti potranno andare allo stadio con il Green Pass base, ma al palazzetto coperto dovranno avere il rafforzato. Sugli spalti, all’aperto e al chiuso, sempre richiesta la mascherina Ffp2. La capienza tornerà al 100%.

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Super Green Pass, quarantene e mascherine: ecco cosa cambia dall’1 aprile con la fine dello stato di emergenza

sabato, Marzo 26th, 2022

Paolo Russo

Dopo oltre due anni il 31 marzo terminerà lo stato di emergenza. Sarà il primo passo per il rientro alla normalità. Dall’1 aprile, infatti, cambierà l’uso del Super Green Pass, così come la gestione delle quarantene, dell’obbligo vaccinale, dell’uso delle mascherine. E questo citando solo alcuni aspetti dell’allentamento della stretta che diventerà definitiva e più ampia a partire dall’1 maggio. Vediamo nel dettaglio, voce per voce, cosa cambia.

CERTIFICATO BASE
Dai bar agli stadi stop all’aperto resta su treni e aerei

Il Green Pass base, rilasciato anche con il solo tampone o dopo la guarigione, all’aperto dal 1° aprile non servirà più. Si potrà così tornare a sedersi nei dehors di bar e ristoranti. Il certificato base dovrà però essere esibito quando si sale a bordo di aerei, treni a lunga percorrenza, navi e pullman che si spostano da una regione all’altra. L’obbligo resta anche per i magistrati. Non serve invece per salire su tram, bus e metro. Dal 1° maggio niente Green Pass anche per mense, concorsi pubblici, corsi di formazione, colloqui con i detenuti, stadi (dal 1° aprile a piena capienza) o per assistere ad altri eventi sportivi all’aperto.  

SUPER GREEN PASS
Serve in palestra e dentro i ristoranti ancora per un mese

Il certificato rafforzato, rilasciato solo a chi è guarito da non più di sei mesi e a chi è in regola con le vaccinazioni, fino al 1° maggio rimane obbligatorio per sedersi al bar o al ristorante al chiuso, tolti quelli dentro gli alberghi, dove si alloggia senza alcun certificato verde. La versione Super per tutto aprile servirà anche per andare in palestra, piscina, centri benessere, per svolgere attività sportive al chiuso, partecipare a convegni e congressi, frequentare centri ricreativi. Obbligatorio anche per andare a feste di qualsiasi tipo o ballare in discoteca. Serve fino al 31 dicembre per entrare in ospedali e Rsa. 

QUARANTENE
Contatti stretti per tutti basta l’autosorveglianza

I non vaccinati che abbiano avuto un contatto stretto, dal 1° aprile non dovranno più mettersi in quarantena per 10 giorni. I positivi, anche se asintomatici, restano in isolamento domiciliare fino a test negativo o per 21 giorni. Senza più fare distinzioni tra chi ha fatto una, due, tre o nessuna dose, il decreto prevede che in caso di contatto stretto scatti l’autosorveglianza. Che consiste nel portare per 10 giorni la mascherina Ffp2 al chiuso o dove si verifichino assembramenti. Alla prima comparsa dei sintomi bisogna comunque fare il tampone e ripeterlo dopo 5 giorni se si è ancora sintomatici.

SCUOLA
Lezioni in presenza scompare la Dad e ritornano le gite

Dal 1° aprile e fino alla fine dell’anno scolastico la Dad scomparirà dalle scuole di ogni ordine e grado, perché a casa resterà soltanto chi è positivo al Covid e chi ha sintomi respiratori o una temperatura superiore a 37,5°. Positivi e sintomatici potranno però seguire le lezioni da remoto se un certificato medico attesterà che sono nelle condizioni di farlo. Tutti i contatti stretti di un positivo, anche se non vaccinati, continueranno in presenza, ma se i contagi in classe dovessero essere 4 o più, dalle mascherine chirurgiche si dovrà passare alle Ffp2. Tornano le gite. I docenti No Vax rientrano a scuola ma non possono insegnare.

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“In Europa stop brutale alle misure anti-Covid”. L’Oms bacchetta l’Italia

mercoledì, Marzo 23rd, 2022

di Elena Dusi

L’Italia torna a sfiorare i 100mila contagi. Sono stati 96.365 ieri i casi di Covid. L’8 febbraio quando ne avevamo 101mila e pensavamo che le infezioni da Omicron fossero definitivamente in riflusso. Invece la curva sta risalendo, «anche se meno rapidamente rispetto a una settimana fa» fa notare Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’Università di Milano. «Mercoledì scorso l’aumento settimanale era stato del 30%, ora siamo sotto al 20%. Penso che da inizio aprile torneremo a scendere».
La ripresa dei contagi è attribuita in parte a Omicron 2 (o Omicron BA.2), la sottovariante di Omicron più infettiva del 20-30%, che in Italia il 7 marzo rappresentava il 44% dei nuovi casi. Ma anche, sottolinea Hans Kluge, direttore dell’ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità, «a quei Paesi che stanno allentando le restrizioni in maniera brutale. Da troppo a troppo poco». Il medico belga cita i Paesi in cui i contagi sono in risalita: «Germania, Francia, Italia e Regno Unito».
La Gran Bretagna, senza alcuna misura anti Covid da circa due mesi, ieri ha registrato 80mila casi. La Germania è a 220mila: alcuni Stati hanno prolungato l’obbligo di mascherine all’aperto, senza però altri provvedimenti particolari. La Francia, nonostante i suoi 180mila casi, procede verso il ritorno alla normalità. Anche gli Stati Uniti, dove ieri Omicron 2 ha raggiunto il 35% di prevalenza, non si preoccupano più di tanto. I casi quotidiani sono 46mila, le previsioni parlano di un aumento, ma l’immunologo Anthony Fauci dice di non aspettarsi una nuova ondata importante.

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Omicron 2, doccia gelata da Andrea Crisanti: “Perché le restrizioni sono inutili”

martedì, Marzo 22nd, 2022

“E’ inutile pensare a nuove misure restrittive, non servono assolutamente a nulla”: Andrea Crisanti frena sulla possibilità di introdurre ulteriori restrizioni contro Omicron 2, la variante che al momento spaventa più di tutte. Intervistato da La Stampa, il microbiologo dell’Università di Padova ha detto: “La verità è che dobbiamo metterci il cuore in pace: prima o poi ci contageremo quasi tutti. Ma basta non appartenere alla categoria dei fragili e il problema si risolve”.

L’esperto poi si è detto contrario anche alla quarta dose di vaccino: “È del tutto inutile. È necessaria solo per le persone fragili”. Poi ha specificato che nella categoria rientrano soprattutto anziani, immunodepressi, autoimmuni e pazienti oncologici. Crisanti ha addirittura detto che “paradossalmente è meglio prendersi il Covid che fare la quarta dose“. E poi ha spiegato che le restrizioni non servono più a nulla perché non siamo più nella prima fase della pandemia: “All’inizio, con la variante Wuhan e senza la campagna di vaccinazione, ero più che favorevole a un rigido regime restrittivo, ma adesso il contesto è cambiato e dobbiamo prenderne atto”.

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