Archive for the ‘Salute’ Category

Lotta al Covid: ora è allarme Omicron 2

domenica, Marzo 20th, 2022

Grazia Longo

ROMA. L’imperativo categorico di virologi ed esperti è non abbassare la guardia. Proprio in concomitanza con la fine della fase di emergenza, il 31 marzo, si scopre che la variante Omicron 2 ha un tasso di contagiosità elevatissimo. Fenomeno che, unito all’allentamento delle misure restrittive e al fatto che 4,5 milioni di italiani non sono vaccinati e altri 7 milioni non hanno fatto la terza dose, non fa sperare in nulla di buono. Anzi, in molti sono già pronti a scommettere che ci sarà bisogno di nuove misure di contenimento, perché l’allerta Omicron 2 è davvero alta.

Il presidente della Fondazione Gimbe, il dottor Nino Cartabellotta, ipotizza per la fine del mese una risalita della curva dei contagi «fino a 120-150 mila casi al giorno. Nelle ultime due settimane Omicron 2 è salita al 44% e purtroppo anche per chi è vaccinato la copertura declina velocemente, dopo 3 mesi. Il vaccino tutela così dalla malattia grave ma non dal contagio, per cui anche se immunizzati si è protetti dal 40 al 65%». Al momento, le regioni in cui Omicron 2 è più diffusa sono quelle del Centro-Sud, «ma presto potrebbe estendersi al Centro-Nord, con conseguenze anche sull’ospedalizzazione perché quando salgono i numeri dei malati, lievitano inevitabilmente anche i ricoveri. Basti pensare che questi ultimi il 12 marzo scorso erano 8.234 e ora sono 8.319. Pochi numeri di differenza ma che danno il senso del trend».

È in allarme anche il professor Fabrizio Pregliasco, virologo, direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Galeazzi: «I contagi continueranno a salire e tra una decina di giorni dovremo valutare gli effetti anche sulla mortalità. L’elevata contagiosità di Omicron 2 va di pari passo all’allentamento delle misure restrittive. Mi rendo conto che si tratta di scelte politiche, adottate un po’ da tutti gli Stati, perché la gente non ce la fa più a vivere nell’emergenza, ma non siamo ancora pronti per la fase del “liberi tutti”». L’input del professore è quello di «tenere ancora alta l’attenzione: è come quando apriamo il rubinetto dell’acqua calda, non possiamo aprirlo tutto in un colpo perché altrimenti rischiamo di scottarci. E con il Covid è la stessa cosa: non possiamo pensare di poterlo archiviare di botto». Per questo motivo è prevedibile ipotizzare «una nuova fase di restrizioni. Dobbiamo essere pronti a modificare di nuovo le abitudini, è possibile che in futuro ci siano oscillazioni di nuove restrizioni». Pregliasco punta, infine, il dito contro chi non vuole sottoporsi alla terza dose: «Molti sono convinti che ne bastino due, ma non è così. Occorre fare la dose booster. Tra l’altro c’è anche il rischio di contrarre un secondo contagio. Il 5% degli italiani si ammala di Covid due volte: si stanno riscontrando molti casi di giovani non vaccinati che prima hanno avuto la variante Delta e ora la Omicron. Per fortuna al momento la situazione nelle terapie intensive è relativamente tranquilla e i ricoveri sono stabili».

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Covid, prove di normalità. Dal 1° aprile niente certificazione verde all’aperto, poi anche al chiuso

venerdì, Marzo 18th, 2022

PAOLO RUSSO

Dal 1° aprile andrà in pensione in tutti luoghi all’aperto, eccezion fatta per gli stadi, poi da inizio maggio il Green Pass diverrà un ricordo anche al chiuso. Sempre che la curva epidemiologica non si inerpichi troppo in alto, hanno messo in chiaro Draghi e Speranza, illustrando il decreto che traccia la road map verso la normalità e riabilita al lavoro gli over 50 non vaccinati. Un mezzo milione di irriducibili che dal 1° aprile potranno tornare al loro posto e a intascare di nuovo lo stipendio, dovendo però mostrare il Green Pass basico, ossia fare un tampone rapido ogni 48 ore. Ma la via verso la normalizzazione è tracciata, con la fine dello stato di emergenza il 31 marzo, dopo due anni e due mesi. Anche se tanto la Protezione civile che il ministro della Salute potranno continuare a emanare ordinanze per fronteggiare eventuali emergenze e garantire il proseguimento della campagna vaccinale. Non più portata avanti dalla struttura commissariale, che cessa di esistere dal mese prossimo, così come si smobilita il Cts. Ma gli uomini di Figliuolo continueranno a fare la loro parte in un’unità di missione presso il ministero della Difesa, mentre il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, e quello dell’Iss, Silvio Brusaferro, continueranno a far visita a Draghi per suggerire cosa fare. Sperando non ci sia più motivo di doverli convocare.

LUOGHI DI LAVORO: no vax over 50, per rientrare basta il certificato base

Dal 1° aprile rientreranno al lavoro e incasseranno di nuovo lo stipendio i No Vax ultracinquantenni che erano rimasti a casa perché sprovvisti del Super Green Pass, rilasciato solo a chi è in regola con le vaccinazioni. Anche se per i lavoratori over 50 fino al 15 giugno permane l’obbligo di vaccino e la sanzione di 100 euro per gli inadempienti. Chi è senza vaccino, fino al 30 aprile dovrà comunque mostrare il Green Pass base, ossia fare un tampone rapido ogni 48 ore o molecolare ogni 72. Dal 1° maggio non sarà richiesto nemmeno quello. Nei luoghi di lavoro fino al 30 aprile si continua però ad indossare la mascherina chirurgica. 

SMART WORKING: accordi individuali, deroga nel privato per altri tre mesi

Con la fine dello stato di emergenza il 31 marzo lo Smart working non sarà più regolato da accordi collettivi, ma sarà il datore di lavoro a doversi accordare con il singolo lavoratore. Questo per ora solo nel settore pubblico, dove la modalità prevalente resta quella del lavoro in presenza. In quello privato, invece, il decreto approvato ieri consente al datore di lavoro di derogare ancora fino al 30 giugno agli accordi individuali. I soggetti fragili, affetti da particolari patologie già individuate dalla legge n. 11 del 18 febbraio scorso, continueranno a loro volta a poter usufruire del lavoro agile sempre fino al 30 giugno 2022. 

TRASPORTI: dal primo maggio su aerei e navi senza certificazione

Dal 1° aprile niente Green Pass per salire su bus, metro e treni regionali. Fino al 30 aprile quello base, che è rilasciato anche con un tampone rapido valido 48 ore o un molecolare con validità a 72, servirà ancora per salire su aerei, navi e traghetti (esclusi quelli che fanno collegamenti con le piccole isole), pullman che colleghino più di due regioni e sui mezzi adibiti a servizio di noleggio con conducente. Tutti mezzi di trasporto ai quali fino ad ora si poteva accedere solo con il Super Green Pass, su cui però fino al 30 aprile continuano ad essere obbligatorie le Ffp2, indispensabili anche per salire su treni regionali, bus e metro. 

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Due anni con il virus: la paura è al minimo ma non tra i giovani

martedì, Febbraio 22nd, 2022

di Ilvo Diamanti

Oggi ricorre il secondo anniversario del Coronavirus in Italia. Un evento che nessuno intende celebrare. Noi per primi. Ma che non dobbiamo dimenticare. Due anni dopo, però, la preoccupazione, in Italia, scende al livello più basso degli ultimi due anni. Da quando è apparso chiaro che il contagio ci coinvolgeva direttamente. È quanto emerge dal recente sondaggio condotto da Demos per Repubblica.

Va sottolineato, peraltro, come il senso di inquietudine continui a coinvolgere quasi 7 italiani su 10. In modo molto o abbastanza intenso. Tuttavia, nel febbraio 2020 i segnali della sua presenza erano ancora lievi. Appariva un nemico lontano, in arrivo dalla Cina. E non ci rendevamo conto che “La Cina è vicina”, per citare il titolo di un noto film di Bellocchio. Pochi giorni dopo, però, il Covid diviene noto a tutti. E il “virus della paura” contamina la società. In misura non necessariamente coerente con la crescita del contagio. Perché il sentimento evolve seguendo altre e diverse tendenze. E contro-tendenze. Nell’estate del 2020, in particolare, la preoccupazione scende sensibilmente insieme alla sensazione (e all’auto-convinzione) che il virus stia concludendo il suo viaggio tra di noi. Il clima estivo, infatti, riduce gli spazi della diffusione virale. Così, molti si illudono che la minaccia sia alla fine. E così finisce l’autoreclusione. O meglio (peggio), il distanziamento sociale, per citare una definizione ministeriale, che evoca il declino della società. Una tendenza reale. Alcune indagini, infatti rilevano come la partecipazione sociale e associativa, nel 2020, crolli. E nel 2021 appaia pressoché dimezzata: dal 50% al 25-30%.

D’altra parte, la sospensione della paura, nell’estate 2020, aveva generato il ritorno alla e della vita sociale. Nelle piazze e nei quartieri. Con la conseguente e altrettanto improvvisa ripresa dei contagi. Soprattutto fra i giovani. Che, in precedenza, erano stati risparmiati. E, per questo, si erano illusi di essere immuni. Non era e non è, ovviamente, così. E oggi appaiono, infatti, i più preoccupati. Soprattutto gli studenti, provati dall’esperienza della Dad, la didattica a distanza. Che, come abbiamo scritto in altre occasioni, riproduce la Sad, la Società a distanza. Cioè, la non-società.

L’indice di preoccupazione, in Italia, fino a un anno fa, coinvolgeva l’80-90% dei cittadini. In larga maggioranza “molto” inquieti. Con riflessi importanti sul piano della salute sociale. Mentre avvengono cambiamenti significativi sul piano politico e istituzionale, a cui abbiamo dedicato attenzione in diverse occasioni. Il clima di paura e insicurezza, in particolare, ha generato una crescente domanda di protezione pubblica. E, al tempo stesso, di autorità. Si tratta di orientamenti diffusi che hanno accentuato la tendenza alla personalizzazione non tanto dei partiti, ma delle istituzioni stesse e dello Stato. Così si spiega il crescente consenso intorno al presidente del Consiglio, soprattutto dopo l’incarico a Mario Draghi, un anno fa. E, in precedenza, allo stesso Giuseppe Conte.

Lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha raggiunto indici di fiducia molto più elevati che in precedenza. A maggior ragione dopo la recente rielezione. Mentre i partiti hanno perduto ulteriormente fiducia, presso i cittadini. In altri termini, sta cambiando la nostra democrazia.

Tuttavia, l’evoluzione della paura virale, nell’ultimo anno, mostra come si stiano riducendo le componenti più inquiete. Negli ultimi mesi, il peso di coloro che si dicevano “molto preoccupati” si è sensibilmente ridimensionato. Costituiva il 56% dei cittadini, lo scorso marzo, nei mesi seguenti si è ridotto intorno al 30%. E oggi è scesa al 24%. Il minimo, negli ultimi due anni.

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Via le quarantene, stop al Super Green Pass e le nuove regole per alberghi e ristoranti per Pasqua: ecco tutte le date chiave

lunedì, Febbraio 21st, 2022

Giampiero Maggio

In calo tutti gli indicatori e i parametri relativi al Covid e allora il governo sta valutando tutta una serie di passi per riavvicinare l’Italia alla normalità. Si guarda sia alla situazione epidemica, sia alle prossime festività di Pasqua (domenica 17 aprile) in chiave turistica. Restano ancora diverse restrizioni, in particolare per chi arriva dall’estero e da determinati Paesi. Il 31 marzo scadrà lo stato di emergenza: il governo valuta tutta una serie di provvedimenti, dall’abolizione della quarantena per chi arriva dall’estero alla cancellazione del green pass per alberghi, piscine, strutture ricettive in genere. 

Green Pass, Draghi: “Limiteremo le restrizioni; presto una road map per eliminare incertezze”

Lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi, in occasione della conferenza stampa di qualche giorno fa sul caro bollette, ha parlato di «una road map per tornare alla normalità e uscire dallo stato di emergenza». I passi da fare, però, «saranno graduali e in totale sicurezza». Uno dei passaggi sarà la graduale eliminazione del super green pass con la fine dello stato di emergenza. 

In Europa c’è già chi le restrizioni le ha allentate da un pezzo: dai Paesi scandinavi, alla Gran Bretagna, fino a Spagna e Francia. Su questo fronte l’Italia resta ancora indietro e, comunque, ad un livello molto prudenziale rispetto agli altri. Dalle associazioni di categoria parte la richiesta al governo «di agire rapidamente». L’obiettivo dell’esecutivo è garantire e favorire l’arrivo degli stranieri in Italia: in questi due anni, infatti, cosa è mancato è proprio il turismo da altri Paesi. Come si muoverà il governo? 

Presidio no green pass davanti al Municipio a Torino: “Non ci arrenderemo mai”

Alberghi, ristoranti e bar

Ad oggi il Super Green Pass è ancora necessario per il classico caffè al bancone. Con l’allentamento delle misure, sparirà anche la certificazione rafforzata. Quando? Dall’1 aprile. L’eliminazione dell’obbligo del Pass interesserà alberghi, fiere, eventi in genere, ma anche bar e ristoranti. Via il pass per pranzare o fare colazione all’aperto.

Cambio di rotta

Un cambio di rotta del Governo sul tema del green pass viene richiesto con forza da Fipe Confcommercio. Così il presidente Lino Enrico Stoppani ha inviato ai ministri della Salute e dello Sviluppo economico, Roberto Speranza e Giancarlo Giorgetti una lunga letere. «In tema green pass, tanto più in considerazione del miglioramento progressivo del quadro sanitario, bar e ristoranti chiedono semplificazione, rimuovendo l’onere a loro carico dei controlli dei certificati. Mentre diversi Paesi in Europa si avviano verso il superamento del green pass, proiettandosi verso una nuova normalità, i Pubblici Esercizi italiani chiedono quantomeno un passaggio di maturità del Paese, con l’introduzione del principio dell’autoresponsabilità nell’utilizzo della certificazione verde», si legge in una nota della Fipe. «Ovvero, di fronte ad un controllo delle forze dell’ordine, solo l’avventore dovrebbe rispondere del possesso dei titoli per poter accedere e soggiornare nei locali». Non è escluso che il green pass al chiuso possa cadere già a maggio.  

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Super Green Pass, dal 31 marzo il via libera per abolirlo: ecco come funzionerà

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Paolo Russo

La pandemia non è magicamente evaporata, ci siamo ancora dentro», avverte il ministro della Salute, Roberto Speranza. E i 70.852 contagi e 388 morti di ieri sembrerebbero dargli ragione. Ma i numeri, si sa, dipende da come li si legge. Così, nel -30% dei casi rispetto a sette giorni fa e nel progressivo svuotamento dei reparti Covid, c’è chi vede una spinta a prepensionare il Green Pass rafforzato, che da ieri serve per andare al lavoro se si hanno più di 50 anni.

Il fronte abrogazionista si allarga di giorno in giorno e la proposta di mandare in soffitta il super certificato già il 31 marzo raccoglie sempre più proseliti anche dentro il governo. Il ministro del Turismo, il leghista Massimo Garavaglia, è tra i primi ad essersi schierato per l’abrogazione dell’obbligo, se non subito almeno dal 1° aprile. Anche perché molti turisti di Paesi che il Green Pass lo hanno già cestinato si tengono alla larga dal nostro, dove per sedersi a un ristorante o andare a visitare un museo è chiesto loro di fare un tampone rapido ogni due giorni. Che non è proprio il massimo per godersi una vacanza in relax. Ma ieri allo scoperto è venuto fuori anche il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che ha parlato di «scenario possibile» riferendosi alla eliminazione del Green Pass per fine marzo, quando scadrà lo stato di emergenza.

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Una nuova variante? Ecco quanto è probabile

domenica, Febbraio 13th, 2022

Alessandro Ferro

Le notizie quotidiane sull’andamento del virus migliorano: calano i contagi, l’indice Rt ma soprattutto ricoverati nei reparti ordinari e negli ospedali. Ottime notizie si, ma c’è sempre chi invita alla prudenza: lo fa il Centro europeo per le malattie, Ecdc, che raffredda gli entusiasmi e chiede di non abbandonare subito le misure restrittive. Una nuova variante, nel prossimo futuro, non è del tutto esclusa.

Cosa potrà succedere

Lo ha fatto capire il prof. Mario Clerici, ordinario di Immunologia all’Università Statale di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, intervistato dal Corriere della Sera. “Nessuno di noi può dire quello che succederà nel futuro. Soprattutto perché questo è un virus così strano che ci pone continuamente di fronte a sfide”. Insomma, attenzione a non rilassarci troppo, questo virus è diverso da tutti gli altri visti finora nella breve storia recente della virologia. Nei precedenti casi, almeno 6-7, in cui un coronavirus ha fatto il salto di specie sull’uomo, dopo una fase acuta si è osservata una fase “molto più lieve. Quindi se ci basiamo su quello che è successo con tutti gli altri coronavirus è abbastanza logico supporre, sperare, che avverrà la stessa cosa anche con questo”, sottolinea l’immunologo.

Il rischio di una nuova variante

Il prof. Clerici ha spiegato che, per poter convivere con l’uomo, ogni virus ha bisogno di “adattarsi”, un po’ come succede con il virus influenzale che esiste da chissà quanti anni ed ogni anno muta, leggermente, per poter continuare a provocare influenza, febbre, tosse e i sintomi che conosciamo da sempre. Anche il Covid-19, probabilmente, non sfuggirà a questa regola. “Basandoci sulla biologia delle infezioni virali, c’è la possibilità teorica che emerga una variante più pericolosa ma è molto più probabile che emergano altre varianti sempre meno pericolose. Anche perché le varianti vanno a impattare su una popolazione grazie al cielo sempre più vaccinata”, sottolinea Clerici.

“Il concetto di One Healt”

Come anticipato, i salti di specie sono stati almeno sette dal 1300 ad oggi ma tre di questi sono avvenuti negli ultimi 20 anni. Il prof. spiega che questo è dovuto all’aumento di popolazione che causa un’indiretta promiscuità tra uomo e animale, ad esempio con gli allevamenti di suini. Il concetto è chiamato “One healt”, diventa sempre più facile sia il passaggio che il salto di specie. “Aumenta la popolazione, bisogna far crescere più polli piuttosto che di suini per nutrirla, i contatti sono sempre più continui”. Molto interessante, poi, il concetto di sviluppo di una mutazione, una sorta di “braccio di ferro” con l’organismo: il nostro sistema immunitario combatte il nemico ma “la risposta immune non è mai in grado di uccidere del tutto il virus”: in pratica, la maggior parte dei virus che ci infettano ci tengono compagnia per sempre, in “silenzio” perché controllati dal nostro sistema immune ma, ad esempio, quello dell’herpes ogni tanti riappare. “Non perché si ha un nuovo contatto con il virus, ma perché il virus è sempre presente”, sottolinea Clerici.

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Le Foche: «Lo stop alle mascherine è un segnale di rinascita. Ma adesso serve prudenza. L’ultima fase è decisiva»

mercoledì, Febbraio 9th, 2022

di Margherita De Bac

L’immunologo: teniamo le protezioni in tasca, il virus resterà

Venerdì 11 febbraio, giornata del sorriso. È il sorriso di chi dopodomani uscirà di casa senza il bavaglio della mascherina e potrà mostrarsi a viso scoperto. Propone di festeggiare il ritorno alla normalità «facciale» Francesco Le Foche, immunologo clinico dell’università Sapienza: «È la vittoria del sistema immunitario adattativo che, armato dai vaccini, dall’immunità naturale e da ambedue insieme, ci protegge dal virus e ci lascia liberi di circolare».

Come vivrà lei personalmente questa nuova prima volta?
«Voglio sorridere a tutti quelli che incontro. Sarà bello riconoscere al volo gli amici senza dover scoprire la loro identità soltanto chiedendogli: e tu chi sei?».

Dimenticare la mascherina?
«Sì, dimentichiamola, ma teniamola in tasca, pronti a sfoderarla in caso di assembramenti e, naturalmente, per entrare al chiuso dove ancora vige l’obbligo».

Non sarebbe prudente però per le persone fragili continuare a proteggersi?
«Sono certo che dopo due anni di un’esperienza così traumatica consigliare prudenza sia superfluo. Sono comportamenti che ormai abbiamo nel sangue e vengono spontanei. Credo che, per forza d’abitudine, vedremo ancora girare parecchie persone con la mascherina, un oggetto da non demonizzare. Ha salvato milioni di cittadini, ci ha insegnato il rispetto degli altri».

È la vittoria del sistema immunitario, quindi?
«Sì, grazie ai vaccini il sistema immunitario si è adattato a rispondere al virus che pure si è riproposto a più riprese sotto forma di nuove varianti».

Rischiamo qualche contagio all’aperto rinunciando a imbavagliare bocca e naso?
«Niente è da escludere del tutto, ma essere contagiati all’aperto, se vaccinati con tre dosi, è davvero un evento eccezionale».

Via la mascherina, è il momento opportuno?
«I contagi sono in calo, l’epidemia sta velocemente scendendo, altri Paesi hanno già fatto decadere quest’obbligo. Parlo di Gran Bretagna, Danimarca, Spagna e Francia. Con la mascherina diciamo addio al simbolo di una fase critica, nera, della nostra vita. È un segnale di rinascita e ripresa, sul piano morale è un ricostituente».

Però la variante Omicron non è scomparsa.
«No, però il suo obiettivo è restare con la specie umana senza minacciarla. Questo virus è il ponte tra la pandemia e l’endemia. Se sapremo gestire bene questa ultima fase, saremo arrivati alla fine».

I bambini fino a 11 anni sono i meno vaccinati. Forse per loro le mascherine indossate all’aperto hanno ancora una funzione?
«I bambini più piccoli, mi riferisco a quelli di 3-5 anni, hanno finalmente il diritto di vedere il mondo così com’è. Sono cresciuti immaginando che la realtà fosse fatta di facce coperte a metà, prive di bocca e naso. Devono poter guardare la vita vera».

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“Basta idiozie sul vaccino: ecco perché serve anche agli under 5”

lunedì, Febbraio 7th, 2022

Martina Piumatti

La curva dei contagi si piega, calano ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva, Omicron morde meno. Non per tutti. Il boom di positivi tra i piccolissimi under 5, gli unici che non si possono vaccinare, rallenta la frenata del virus. Ma ancora per poco. Il 15 febbraio l’americana Food and Drug administration dovrebbe approvare il preparato messo a punto da Pfizer-BioNTech per la fascia 6 mesi-4 anni. Elena Bozzola, pediatra infettivologo presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, spiega a ilGiornale.it perché il vaccino per i piccolissimi è l’arma contro gli effetti sottovalutati del Covid.

A breve verrà approvato il vaccino anche per la fascia 6 mesi-4 anni: cosa sappiamo, è sicuro?
“Pfizer-BioNTech ha richiesto alla Food and Drug Administration l’autorizzazione a procedere per la vaccinazione nei più piccoli con due dosi di vaccino di 3 micro grammi, 1/10 del preparato messo a punto per gli adulti. Dunque, sono stati fatti studi per minimizzare il rischio di effetti collaterali e garantire la sicurezza a fronte di una buona efficacia del vaccino. Detto questo, bisognerà aspettare il parere di Fda e vedere i dati delle somministrazioni ai bambini americani. Mamme, papà, e anche nonni aggiungerei, possono stare sereni che ai bimbi non verrà dato un vaccino sperimentale e non senza l’ok da parte delle autorità regolatorie competenti”.

Dai dati, però, è emerso anche che tra i 2 e i 4 anni l’efficacia sembrerebbe essere inferiore nel prevenire contagio.
“Per ora si tratta ancora di dati preliminari che dovranno essere oggetto di studio ulteriore da parte di Fda. La cosa importante è effettuare la vaccinazione, perché i contagi stanno calando ma non nella fascia dei più piccoli, per i quali fino ad ora non è previsto il vaccino. Che sarebbe, invece, fondamentale per prevenire le forme più gravi e i ricoveri. Sotto i cinque anni ci sono 273mila casi con 5.500 ospedalizzati, 90 ricoverati in terapia intensiva e 10 morti. Numeri in linea con i dati americani: 10 milioni di bambini positivi, di cui 1,6 milioni sotto i 4 anni. Quindi parliamo di dati importanti”.

Di solito i bambini sviluppano pochissimi sintomi, un po’ di tosse e qualche linea di febbre. Perché, allora, dovremmo vaccinarli?
“È vero. Sappiamo che la positività di un bambino al momento decorre con pochi sintomi, però, non sappiamo che cosa ci riserverà il futuro e mi riferisco a tutte quelle conseguenze che può comportare un’infezione da Covid. Aumenta di due volte e mezzo la probabilità di sviluppare il diabete, c’è il rischio della Mis-C, la malattia multisistemica pediatrica, del Long Covid. Quindi se abbiamo un’arma per prevenire tutto questo ritengo sia importante valutarla. E per quanto riguarda le preoccupazioni relative agli effetti collaterali, abbiamo visto anche nella fascia superiore, tra 5 e 11 anni, diminuendo la dose diminuisce anche il rischio di eventi secondari”.

Però la somministrazione del vaccino ai bambini non pare decollare. Perché?
“In realtà c’è una concausa di due fattori. All’inizio quando è arrivato il vaccino, come sempre, noi italiani siamo stati a vedere. Io i miei figli gli ho vaccinati immediatamente. Diciamo che in genere è prevalsa la tendenza: facciamo le vacanze di Natale e vediamo un po’ come va. Poi, dopo le feste, con il picco di contagi da far paura, soprattutto tra i bambini, molti genitori sono corsi a vaccinarli. La frenata è dovuta al fatto che circa un 10% dei bambini ha contratto il Covid, un 30% si è già vaccinato e, lo dico per esperienza oltre che di pediatra anche di mamma, una buona parte è in quarantena. Non sa quanti casi di mamme che mi dicono di aver dovuto cancellare la prenotazione perché magari la quarantena finiva il giorno dopo. Così per un giorno devono riprogrammare l’appuntamento, cosa non sempre facile, perdendo l’opportunità di vaccinare il proprio figlio. Un peccato. Spero che con questa revisione delle normative sulla quarantena la situazione si sblocchi”.

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Perché i casi di Omicron, dopo il picco, crollano così rapidamente?

lunedì, Febbraio 7th, 2022

di Silvia Turin

La stessa decrescita si nota anche in Paesi che hanno un tasso vaccinale diverso dal nostro o hanno intrapreso misure di restrizioni differenti dall’Italia. La variabile principale è la contagiosità della variante, ma entrano in gioco anche altri fattori

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In Italia il picco dell’ondata Omicron è stato sorpassato. I casi hanno iniziato a calare dal 18 gennaio, giorno con il massimo storico di nuovi positivi in un giorno: 228.179.

Visivamente l’andamento della crescita dei casi è stato molto veloce e altrettanto velocemente i casi sembrano decrescere. È così in moltissimi Paesi che hanno affrontato l’ondata Omicron, indipendentemente dallo stato vaccinale della popolazione residente e dalle misure di restrizione differenti adottate. Come mai?

La discesa veloce è conseguenza della rapida salita dei casi, variabili che, a loro volta, dipendono dalla formidabile contagiosità di Omicron. Una variante con un R0 (erre con zero), ovvero il «numero di riproduzione di base» (che rappresenta la quantità media di infezioni secondarie prodotta da ciascun individuo infetto), uguale a 10 contagia in brevissimo tempo la maggior parte di persone suscettibili. Semplificando la spiegazione, tutti si ammalano contemporaneamente e tutti guariscono contemporaneamente. Omicron è molto veloce a trovare persone da infettare (e quindi a far salire rapidamente il conteggio dei nuovi positivi), ma a un certo punto «esaurisce» il bacino, quindi trova soggetti da contagiare meno facilmente.

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Andamento dei casi giornalieri in alcuni Paesi (fonte Ourworldindata)

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Figliuolo: “Il virus arretra. Ora negli ospedali torni la normalità”

domenica, Febbraio 6th, 2022

di Elena Dusi

Dall’alto del picco della quarta ondata, il generale Figliuolo si guarda alle spalle: «L’accelerazione sulle terze dosi in autunno ci ha messo al riparo dalle peggiori conseguenze di Omicron». Poi lancia un’occhiata al futuro: «Quasi tutte le fasce d’età sono vicine al 90%. Ora tocca ai bambini, ancora al 34%. Il vaccino è importantissimo anche per loro». Quando li ha incontrati, negli hub pediatrici, il Commissario Straordinario per l’emergenza Covid Francesco Paolo Figliuolo non li ha trovati spaventati: «Più che altro incuriositi dal mio cappello da alpino». Anche se al momento la quarta dose per tutti non è prevista e gli hub andranno a esaurire il loro lavoro, Figliuolo no, non dirigerà il prossimo Sanremo. «Anche se ho gradito l’invito di Fiorello», sorride.

Il premier Draghi ha lodato la campagna vaccinale, premessa per riaprire il paese. Ma è davvero il momento di allentare le redini?

«Ringrazio il Presidente del Consiglio per l’impulso che ha dato a una campagna senza precedenti, senza la quale non si potrebbe parlare di ritorno a una nuova normalità. Con le vaccinazioni abbiamo alzato una barriera contro le conseguenze più gravi del Covid. Oggi vediamo che anche la variante Omicron sta scemando. Le curve di contagi e ricoveri continuano a calare. Il virus però circola ancora. Bisogna tenere alta l’attenzione ora che entriamo in una fase più favorevole, in cui le risorse sanitarie potranno essere ribilanciate verso la loro naturale destinazione: la cura delle patologie gravi e la prevenzione».

Con tanti contagi sembra che i vaccini non abbiano funzionato al meglio. Come sarebbe stata invece la quarta ondata senza di loro?

«Omicron ha causato una forte impennata di contagi, ma non un aumento altrettanto repentino dei ricoveri, proprio grazie alla copertura così ampia. Se non avessimo accelerato sulle terze dosi, con un numero di somministrazioni giornaliere notevole, i ricoveri avrebbero avuto ben altro andamento. Le conseguenze le avremmo viste sugli ospedali, ma anche sull’economia».

Anche dopo la terza dose gli anticorpi calano nel giro di qualche mese. Ci aspetta una quarta vaccinazione di massa?

«Una quarta vaccinazione come le precedenti non è prevista per il prossimo futuro. Ma il sistema delle somministrazioni ha dato buona prova di sé. Credo che si farà trovare pronto per qualsiasi evenienza».

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