Archive for the ‘Esteri’ Category

“Pericoloso se la Wagner batte Putin”

domenica, Giugno 25th, 2023

Francesco Curridori

Evgenij Prigozhin, capo delle truppe dei mercenari ella Wagner, dopo aver conquistato Rostov, ha tenuto tutta la Russia col fiato sospeso finché la mediazione del presidente bielorusso Alexandar Lukashenko lo ha indotto a fermarsi a 200 km da Mosca per evitare “un bagno di sangue”. Un dietrofront che ha sorpreso tutti, ma che non chiude totalmente la crisi scoppiata tra il presidente russo, Vladimir Putin, e il suo ex fedelissimo, Evgenij Prigozhin, uno degli eroi della campagna russa in Siria. Abbiamo raggiunto telefonicamente Carlo Jean, ex generale di Corpo d’Armata e presidente del Centro Studi di Geopolitica Economica, che ci ha rilasciato questa intervista per capire quanto le mosse di Prigozhin siano da valutare come un bluff oppure un pericolo solo rimandato.

Le truppe della Wagner hanno preso Rostov. Perché è così cruciale e strategica quella città?

“Rostov è sede del comando della Regione Militare responsabile delle operazioni in Ucraina.Inoltre, è nodo di comunicazione. E’ base logistica essenziale di tutte le forze russe del Sud-est”.

Evgenij Prigozhin sarebbe potuto arrivare velocemente a Mosca?

“Le comunicazioni tra Rostov e Mosca, via Voronez, sono molto facili e lunghe solo 500 km”.

Siamo veramente all’inizio di una guerra civile tra le truppe della Wagner e l’esercito dell’Armata Rossa? E il presidente russo Vladimir Putin potrebbe perderla?

“A parer mio no. ci potrebbe essere guerra civile se il corpo degli ufficiali russi si divide tra i sostenitori di Progozhin e i fedeli al Ministro Shoigu. L’esercito regolare e le truppe del ministero dell’Interno possono facilmente schiacciare le compagnie militari private tipo Wagner e quelle costituite dai vari oligarchi”.

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Russia, 24 ore sull’orlo della guerra civile: poi la trattativa segreta, e Prigozhin lascia Rostov tra gli applausi

domenica, Giugno 25th, 2023

di Fabrizio Dragosei

Storia del colpo di stato sfiorato. Le forze della Wagner sono arrivate a poche ore di autostrada da Mosca, poi la mediazione di Lukashenko ha bloccato tutto. Il capo dei ribelli andrà in Bielorussia, i soldati coinvolti non saranno processati. Ma l’immagine dello zar è cambiata per sempre

Russia, 24 ore sull’orlo della guerra civile: poi  la trattativa segreta, e Prigozhin lascia Rostov tra gli applausi
Un gruppo di miliziani del gruppo Wagner in un edificio di Rostov sul Don (Afp)

Pace fatta all’ultimo momento, «per evitare uno spargimento di sangue», anche se non sono ancora del tutto chiari i termini dell’intesa alla quale ha dato una copertura «internazionale» il presidente bielorusso Lukashenko, forse per salvare la faccia a Vladimir Putin. Ieri mattina infatti, quando i miliziani di Evgenij Prigozhin avevano iniziato la loro marcia su Mosca, il capo del Cremlino era intervenuto con parole durissime in diretta televisiva nazionale, bollandoli come traditori, terroristi e ricattatori. Difficile quindi poche ore dopo far digerire al popolo russo, nonostante la sua ormai comprovata bocca buona per le cose raccontate sull’Ucraina, che si era trovata un’intesa.

Le ultime notizie sulla rivolta di Prigozhin, e la guerra in Ucraina

La Wagner non minaccia più il cuore del potere con la sua colonna che era giunta fino a 200 chilometri dalla capitale. Prigozhin abbandona la partita, secondo il portavoce di Putin, e si trasferisce in Bielorussia. I miliziani che erano con lui non saranno perseguiti penalmente mentre gli altri potranno firmare un contratto con la Difesa per unirsi alle truppe ufficiali. I mercenari avrebbero lasciato Rostov tra gli applausi. Non è ancora chiaro quale sarà il destino dei due odiati nemici di Prigozhin, il ministro della Difesa Shoigu e il capo di stato maggiore Gerasimov. Lui ne aveva chiesto, come minimo, l’allontanamento (ma in altre dichiarazioni anche l’arresto, la fucilazione…) e i suoi dicono che abbia ottenuto questo risultato. Invece il Cremlino sostiene che eventuali riorganizzazioni alla Difesa non sono state discusse con il capo della Wagner. Ieri sera però circolava la voce di un avvicendamento. Al posto di Shoigu andrebbe Diumin, attuale governatore di Tula.

Il potere

Nata come rivolta contro l’incompetenza e la corruzione degli alti vertici militari, quella di Prigozhin si era trasformata in una ribellione contro lo stesso potere russo e contro il presidente. Almeno cinquemila mercenari avevano lasciato Rostov sul Don dopo averne preso il controllo e avevano percorso 800 chilometri verso Mosca senza incontrare alcuna resistenza. Il centro della capitale era stato nel frattempo parzialmente blindato mentre molti, tra i quali tutti gli oligarchi, si erano affrettati a partire. Da ex fedelissimo esecutore degli ordini di Putin, Prigozhin si era trasformato nei racconti delle autorità in un bandito. Uno spauracchio per convincere gli altri Paesi (se mai ce ne fosse stato bisogno) a tenersi fuori della disputa.

Tutto era cominciato venerdì mattina, con una intervista molto più dura e sincera delle solite, rilasciata da Prigozhin. Non solo un attacco a Shoigu che avrebbe voluto iniziare l’Operazione militare speciale in Ucraina «per ottenere il bastone di maresciallo» e mettere sul petto la «seconda stella d’oro di eroe della Russia». Il capo della Wagner aveva affondato il colpo contro l’intera leadership.

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Prigozhin, il mercenario sanguinario assetato di potere che ha osato tradire lo Zar

domenica, Giugno 25th, 2023

Domenico Quirico

Evgenij Prigozhin durante l’avanzata della Wagner a Bakhmut

Grossolano nei gusti, nelle abitudini, nel linguaggio, nella persona, perfino nel lavoro di padrone di una compagnia di ventura, manesco come un facchino, schiamazzone insolente: ecco in poche parole il ritratto del ribelle di Rostov, Prigozhin. Solo a guardarlo latrare, con l’elmetto di traverso e il grasso che sfonda il giubbotto antiproiettile, mentre annuncia la marcia su Mosca «per liberare il popolo», proprio lui, dopo averne fatte di tutte le tinte, ti mette il cuore a traverso. Sentirlo parlar di libertà è bestemmia che dovrebbe annichilirlo, visto che nei suoi attacchi all’élite militare «con i figli al sole delle Maldive» pigliava caldane per la legge marziale e la guerra totale: «Bisogna vivere qualche anno sul modello della Corea del Nord… bisogna fucilare duecento persone come ha fatto Stalin» proponeva questa specie di Farinacci putiniano, di suocera del regime. Una lettura che dovrebbe suggerir prudenza a coloro che a occidente cominciano già a trovarlo simpatico perché risolverebbe il problema Putin.

Con violenze brutali, commettendo i peggiori abusi e spregevoli soperchierie, spremendo da un capo all’altro del Medio Oriente e dell’Africa la sua carne da mortai, frustata, macellata e dimenticata era diventato troppo ricco per essere punito. Finora. Ha infinite volte nell’anno e mezzo di guerra sfiorato il reato di lesa maestà. Chissà: il conquistatore di Bakhmut si è accorto che l’impunità stava per finire. La sua ascesa, le sue accuse che cadevano nel vuoto torricelliano, le sue ambizioni politiche (ha cercato di metter le mani sul partito nazionalista Rodina) gli hanno procurato rancori feroci e pressoché universali, nell’esercito, in una parte consistente dell’Fsb, i servizi di sicurezza, tra i mandarini della burocrazia accaparratrice putiniana. Uno sguaiato parvenu nella galleria dei ritratti dei cortigiani di uno zar invecchiato, tra mammalucchi obbedienti e servitori muti. La sua rozzezza nazionalista e antisistema gli assicurava certe simpatie nel popolino; «Evgenij Viktorovich viene a salvarci» gridavano gli abitanti di un villaggio bombardato dagli ucraini vicino alla frontiera. Ma troppo poco per avere carte buone da giocare nella successione a Putin. Prigozhin si è accorto di esser isolato, che in una autocrazia equivale alla condanna a morte. E ha giocato la carta più rischiosa, il tradimento. Perché, sia detto di passaggio, in una cosa Putin ha ragione, Prigozhin è un traditore. Questo ex bandito (è stato nove anni in prigione ai tempi dell’Unione Sovietica) deve tutto al presidente: ricchezza potere immunità. Il problema del tradimento non è tradire, atto in sé assai facile, ma tradire bene.

Il fattore tempo è il cappio che si stringe attorno al collo di tutti i ribelli, da sempre. Perché gli incerti, i doppiogiochisti, quelli che vorrebbero approfittare del cambio di regime e della confusione ma… all’inizio stanno in guardia, si defilano: negli alti comandi, nei ministeri e nei circoli che contano. Nelle ville di Rubliovka, la zona di Mosca dove vive l’élite, queste sono ore febbrili. Si discute affannosamente sul che fare, ci si prepara a dormire in luoghi segreti (non si sa mai i vecchi metodi della Ceka, i cappotti di cuoio, il bussare all’alba…), si danno disposizioni ai piloti degli aerei privati di tenersi pronti al decollo. Si fanno partire i figli per posti sicuri: «Te l’avevo detto quando è scoppiata la guerra» gemono le signore. I conti nei Paesi amici, Azerbaigian, Turchia, ricevono un’ondata di improvvisi bonifici. È tutta una questione di tempo. Ora è il momento in cui è sufficiente tacere. Ma prima o poi bisognerà pronunciare un inequivocabile sì a uno dei due contendenti. Il dubbio fa bollire i comandi militari, le caserme, al fronte, nei ministeri, nei grattacieli dei colossi del gas e del petrolio. Poi decideranno cosa conviene fare. In una telefonata troppo anticipata a un numero sbagliato passa la linea tra esser domani ministro o carcerato.

Figura singolare quella del padrone della Wagner, esercito privato dell’età della globalizzazione di tutto, anche e soprattutto della violenza. Lo abbiamo sottovalutato questo strano oligarca quando lo definivamo “il Cuoco del Cremlino” perché, tra l’altro, dall’amico Putin aveva in concessione (miliardaria) l’organizzazione a corte di banchetti, ricevimenti e festini per le Loro Eccellenze. E la refezione di innumerevoli scuole, ospedali, caserme.

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Russia a rischio disintegrazione. E l’Occidente teme il pericolo nucleare

domenica, Giugno 25th, 2023

Lucio Caracciolo

L’insurrezione armata del Gruppo Wagner contro il potere russo, provvisoriamente sedata quando le truppe di Prigozhin erano a duecento chilometri da Mosca, può segnare una svolta nella guerra d’Ucraina. Proprio mentre la fin troppo annunciata campagna d’estate delle truppe di Kiev sembrava impantanarsi sulla linea del fronte, il colpo di mano organizzato da Evgenij Prigozhin ha rovesciato il tavolo. Comunque finisca l’avventura dei wagneriani, il vertice russo ne esce squalificato. È in corso un rimescolamento nei rapporti di forza fra le fazioni del sistema putiniano. Crepe profonde minano la piramide del potere, fino a minacciarne il crollo.

Non aver saputo prevenire un tentativo di golpe annunciato da mesi svela la fragilità delle strutture militari e di sicurezza russe. E potrebbe inaugurare una guerra civile dagli effetti imponderabili. Fino alla disintegrazione della Federazione Russa. Scenario sul quale a Kiev, ma anche a Varsavia e in altre capitali atlantiche, si lavora alacremente. Senza peraltro disporre di un piano qualsiasi per gestirne le conseguenze, a partire dall’eventuale perdita di controllo dello Stato sull’arsenale nucleare russo, che conta seimila testate.

La marcia su Mosca di Prigozhin, sospesa in extremis, è il culmine di un piano concepito da molti mesi. Al quale hanno dato mano ufficiali delle Forze armate e dell’intelligence, oligarchi disperati per la perdita delle loro fortune custodite in Occidente, esponenti della cerchia intima putiniana, ultrà nazionalisti. Nell’apparente atonia del capo. Il quale sembrava davvero sorpreso, ieri mattina, dalle notizie provenienti da Rostov, centro strategico caduto in mano alle milizie wagneriane. Senza il controllo di quella città, la logistica che tiene in piedi lo schieramento russo sul fronte del Donbas e dintorni entra in crisi.

Nei prossimi giorni avremo un quadro meno confuso delle forze in campo, in quella mischia che lo stesso Putin ha assimilato all’alba della guerra civile scoppiata nel 1917 a seguito del golpe bolscevico. Capiremo meglio se l’iniziativa di Prigozhin è di pura fabbricazione interna o se ha goduto di sostegni esterni, non solo ucraini. Quanto agli americani, se si rallegrano per il caos in campo nemico e per il sollievo che ne traggono gli ucraini, allo stesso tempo ne temono le conseguenze. La Russia in mano a un criminale comune, o contesa fra banditi vari, è un pericolo per tutti. C’è il rischio che troppe mani si aggirino attorno al bottone nucleare teoricamente affidato a Putin. Inoltre, non rallegra Washington l’estensione del conflitto che vorrebbero spegnere dignitosamente entro l’anno. Per tacere della penetrazione della Cina nello spazio russo, già visibile. Per gli Stati Uniti è quello il Nemico vero, l’unico in grado di minacciare il vacillante primato americano.

Il piano di Prigozhin è tutto scritto nei recenti messaggi affidati a Telegram. L’ultimo, datato 24 maggio, stroncava il senso dell’«operazione militare speciale». Altro che smilitarizzazione, «siamo noi che abbiamo armato l’Ucraina» scatenando il soccorso atlantico. Quanto alla «denazificazione», secondo il capo della Wagner oggi gli ucraini, semisconosciuti prima del 24 febbraio 2022, sembrano elevati al rango di antichi greci o romani. Il fallimento è da attribuire in primo luogo all’incapacità del ministro della Difesa Shoigu e del capo di Stato maggiore delle Forze armate, Gerasimov. Già pronti i sostituti, indicati per nome da Prigozhin: i generali Mizintsev e Surovikin.

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Disastro del Titan, cosa sappiamo: l’ipotesi dell’infiltrazione nella discesa e la tenuta del «cilindro»

sabato, Giugno 24th, 2023

di Viviana Mazza

Le perplessità sulla «capsula» in fibra di carbonio spesso 13 centimetri e sui controlli dopo ogni missione. Il modello di «controller» da videogiochi per guidarlo


Disastro del Titan, cosa sappiamo: l’ipotesi dell’infiltrazione nella discesa e la tenuta del «cilindro»

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Determinare come è avvenuta esattamente (e quando) l’implosione del Titan dipenderà dal ritrovamento dei rottami sparpagliati sul fondale dell’oceano Atlantico, non lontano dal relitto del Titanic. A indicare che una «catastrofica perdita di pressione» sia il motivo della fine del piccolo sommergibile usato per le spedizioni turistiche sono stati giovedì i primi due rottami — la parte posteriore appuntita e la rampa sottostante — individuati da un Rov (remotely operated vehicle) a 500 metri dalla prua del Titanic. Gli esperti credono che possa esserci stata una infiltrazione durante la discesa in profondità, dove la pressione sullo scafo è equivalente al peso della Torre Eiffel (decine di migliaia di tonnellate) e la struttura sperimentale in fibra di carbonio dello scafo si sarebbe disintegrata.

Per capire perché questo è accaduto e che cosa si sarebbe potuto fare per evitarlo il ritrovamento dei rottami è cruciale, ha spiegato alla Bbc Ryan Ramsey, ex capitano di sottomarini della Royal navy britannica. «Non esiste una scatola nera, per cui non è possibile tracciare gli ultimi movimenti del sommergibile. Ma al di là di questo il processo di indagine non è diverso da quello che si fa nel caso di disastri aerei».

La Marina Usa, usando dati provenienti da una rete segreta di sensori creata per individuare sottomarini nemici, ha captato domenica scorsa «una anomalia che può indicare una implosione o esplosione» proprio nelle ore in cui il Titan fu calato in profondità. I dati, combinati con informazioni degli aerei di sorveglianza e delle sono boe, sono serviti a localizzare la posizione approssimativa del Titan ed erano stati comunicati alla Guardia costiera già durante le ricerche. Potrebbe però essere difficile individuare il luogo preciso anche perché i rottami cercati dai Rov si trovano sul fondale, sono piccoli e c’è una totale oscurità.

Saranno analizzati in superficie al microscopio, esaminando le fibre di carbonio, in cerca di lacerazioni che possano dare degli indizi. Se gli esperti concluderanno che c’è stata una falla, la domanda cruciale è se ciò dipenda dalla mancanza di test completi sul sottomarino, come suggerito da diversi ex dipendenti di OceanGate. Il Titan non era stato certificato da un organismo esterno: l’azienda sostiene che era un mezzo così innovativo che le attuali metodologie di valutazione sarebbero state obsolete, ma diversi campanelli d’allarme erano emersi prima dell’ultimo viaggio fatale del sommergibile. Era composto da due «cupole» in titanio tenute insieme ad un cilindro in fibra di carbonio spesso 13 centimetri (una scelta poco convenzionale per un sommergibile destinato alle grandi profondità, di solito in acciaio o titanio): era più leggero ed economico, ma come ha osservato il regista del film «Titanic» ed esperto di spedizioni sottomarine James Cameron, meno resistente alla pressione. Ogni volta che il Titan è stato usato per spedizioni dal 2021, lo scafo avrebbe subito cambi di pressione e questo continuo sforzo sulla struttura ha quasi certamente portato ad un suo indebolimento.

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Ucraina-Russia, le notizie di oggi | Prigozhin lancia la rivolta, Mosca lo accusa di avviare la guerra civile. «Controlliamo l’aeroporto di Rostov»

sabato, Giugno 24th, 2023

di Francesco Battistini, inviato, e Redazione Online

Le notizie sulla guerra in Ucraina di sabato 24 giugno, in diretta. Il Cremlino ordina l’arresto di Yevgeny Prigozhin mentre i camion militari attraversano Mosca in una escalation di lotte intestine russe

Ucraina-Russia, le notizie di oggi | Prigozhin lancia la rivolta, Mosca lo accusa di avviare la guerra civile. «Controlliamo l’aeroporto di Rostov»

Prigozhin smonta tutte le bugie di Putin sulla guerra in Ucraina: «L’esercito russo una bolla scoppiata»
Il punto militare | Gli alleati aumentano la produzione di munizioni per l’Ucraina (ma ci vorrà tempo)

Ore 08:44 – Cavalli, arte e società: come ha fatto la famiglia di Prigozhin a eludere le sanzioni

(Marta Serafini) Fino a pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, i figli di Prigozhin potevano muoversi liberamente in tutta l’UE, godendosi una vita di lusso internazionale anche se il padre e le sue aziende sono sotto sanzioni dal 2016. Tuttavia, a differenza di molti magnati russi sostenuti dal Cremlino, i cui parenti vivono semplicemente delle loro fortune, i governi occidentali ritengono che i membri della famiglia del fondatore della Wagner abbiano svolto per anni un ruolo attivo nelle sue molteplici attività, spiega il Financial Times. Continua a leggere qui

Ore 08:39 – Lo snodo strategico di Rostov

(Marta Serafini) Rostov-sul-Don, dove sono entrate le forze Wagner, è la città più grande della Russia meridionale ed è la capitale della regione di Rostov che confina con parti dell’Ucraina orientale dove la guerra infuria. Con circa 1 milione di abitanti, la città è un importante porto fluviale e si trova a circa 100 km dall’Ucraina e 1.046 km a sud-ovest di Mosca. È il centro del distretto federale meridionale della Russia. A Novocherkassk, a circa 24 km a nord-est del centro regionale della città, si trova il quartier generale dell’8a armata combinata delle guardie. È stato uno dei centri della formazione militare di Putin in vista dell’invasione dell’Ucraina lo scorso anno. Il mese scorso, la Russia ha annunciato che un tribunale della città avrebbe processato cinque uomini stranieri, tra cui tre cittadini britannici, accusati di aver combattuto a fianco delle forze ucraine contro Mosca. All’inizio di quest’anno, il personale della Difesa russo ha iniziato a costruire un sistema di condotte idriche per collegare la regione di Rostov con la regione orientale del Donbass all’interno dell’Ucraina.

Ore 08:37 – Chi è Prigozhin: dalla fortuna con i ristoranti all’insulto a Crosetto: la storia (e le sparate) del capo della Wagner

(Marco Imarisio) «È solo un privato cittadino, che non rappresenta lo Stato». Vladimir Putin era in modalità sorniona, e davanti alla sala stampa strapiena pronunciò questa frase accompagnandola con un ghigno. Quel giorno del luglio 2018 a Helsinki, dopo il primo incontro con Donald Trump, aveva molte ragioni per essere di buon umore. Il presidente americano lo aveva appena onorato definendolo un «concorrente geniale», e aveva appena detto di fidarsi più dei suoi dinieghi «molto potenti» sulle interferenze russe nelle elezioni Usa che delle relazioni della Cia. Continua a leggere qui

Ore 08:35 – Difesa a mercenari Wagner, `siete stati ingannati, rifiutatevi partecipare rivolta

Il ministero della Difesa russa ha rivolto un appello ai mercenari della Wagner affermando che sono stati «tratti con l’inganno nell’avventura criminale di Prigozhin» ed esortandoli a non partecipare «alla rivolta armata». «Facciamo appello ai combattenti delle squadre d’assalto Wagner», recita l’appello, riportato dalla Tass, in cui si ricorda che «molti vostri compagni di diversi distaccamenti si sono già resi conto del loro errore» ed hanno chiesto aiuto per lasciare la formazione guidata da Prigozhin. «Vi chiediamo di mostrare prudenza e di mettervi in contatto con i rappresentanti del ministero della Difesa russo o delle forze dell’ordine il prima possibile. Garantiamo la sicurezza di tutti», conclude il ministero della Difesa.

Ore 08:32 – Podolyak: «In Russia siamo solo all’inizio»

Il consigliere di Zelensky: «In Russia siamo solo all’inizio». Mikhailo Podolyak, il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha descritto le azioni dal leader mercenario russo Yevgeny Prigozhin come un’«operazione antiterrorismo» e ha detto che «tutto è giusto cominciando in Russia».

Ore 08:21 – Prigozhin, marceremo su Mosca se Shoigu non viene a Rostov

Il capo del gruppo mercenario Wagner ha minacciato di prendere tutte le misure necessarie per rovesciare la leadership militare russa sostenendo che le sue truppe sono pronte a marciare su Mosca se il ministro della Difesa, Sergei Shoigu e il generale Valery Gerasimov, non accetteranno di incontrarlo. «Siamo arrivati qui, vogliamo vedere il capo di Stato Maggiore e Shoigu. Se non vengono, bloccheremo la città di Rostov e ci dirigeremo verso Mosca», ha detto Yevgeny Prigozhin in un messaggio audio da Rostov. Lo stesso Prigozhin ha poi affermato che Gerasimov è fuggito.

Ore 08:04 – Putin lancerà presto un appello alla nazione

Il presidente russo Vladimir Putin farà presto un appello alla nazione. Lo ha detto alla TASS il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. «In effetti, Putin farà un appello nel prossimo futuro», ha detto Peskov, rispondendo a una domanda

Ore 07:27 – Attacco russo su Kiev: 2 morti e 8 feriti

Nel bombardamento russo che ha colpito Kiev nella notte sarebbero rimaste uccise almeno due persone e altre otto sarebbero rimaste ferite. Le bombe hanno colpito un edificio di 24 piani, provocando danni ed incendi in diversi piani, ha reso noto il capo dell’amministrazione militare della città, Sergey Popko.

Ore 07:23 – Il sindaco di Mosca: «In corso misure antiterrorismo»

Sergei Sobyanin , sindaco di Mosca, ha scritto sui social media che nella capitale russa si stanno adottando misure «antiterrorismo» dopo che il capo del gruppo mercenario Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha dichiarato ufficialmente guerra ai vertici militari del Paese: « In relazione alle informazioni che giungono a Mosca, si stanno adottando misure antiterrorismo con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza».

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La Nato sta per varcare il Rubicone: polacchi pronti a combattere i russi

mercoledì, Giugno 21st, 2023

DOMENICO QUIRICO

La realtà della guerra, il suo corso subiscono un certo giorno trasformazioni che ricordano quelle della terra quando un terremoto ne smuove le viscere. Il movimento all’inizio è impercettibile, l’ondeggiare di una lampadario o la caduta isolata di un soprammobile, lo si nota appena, non si comprende cosa accada… è qualcosa che non puoi vedere toccare eppure sta accadendo. E cambierà tragicamente, radicalmente la vite di milioni di uomini, le nostre vite di ignari cittadini di un secolo accecato da una mediocre ipocrisia. Fu così, ad esempio, nel 1914 quando un ignoto studente uccise un erede al trono a Sarajevo. Poco più che cronaca nera. A Londra si continuò a bere il tè alle cinque in tutti i club, a Parigi gli Champs-élysées erano affollati più al solito, a Berlino il cartellone degli spettacoli non subì alcuna variazione.

La guerra in Ucraina è andata avanti, da un anno, nel suo crescendo sornione e inarrestabile segnata da questi continui piccoli movimenti: le forniture di armi sempre più sofisticate, i bombardamenti di rappresaglia russi sulle città, la incriminazione di Putin che ha affossato giuridicamente ogni trattativa, i sabotaggi dei timidi tentativi di mediazione. Abbiamo scavalcato quasi senza accorgerci infiniti Rubiconi immaginari, una azione invisibile e silenziosa, contro cui non sembra esserci difesa, che i geologi chiamano terremoto e gli strateghi guerra totale, feroce e materialista, ben raggrumata di rancori e di odio. Anche se le carte geografiche non sono state cambiate e la linea del fronte è sempre lì, quasi immobile, dopo che è stata tagliuzzata e ricucita infinite volte da offensive e controffensive egualmente inutili, ti accorgi che sei entrato in una fase nuova, più grande e insidiosa, e non potrai anche volendo tornare indietro. Di colpo tutto è diventato incerto, come quando uno comincia a dire bugie.

Il nuovo balzo in avanti nella guerra non si avviluppa alla qualità delle armi da fornire alla Ucraina, ad esempio gli aerei da combattimento F16. Una linea superata con la consueta tattica di scavalcare silenziosamente ciò che fino a un minuto prima ufficialmente si è dichiarato come “non all’ordine del giorno”. Provvedono, dopo qualche moina, forniture volontarie di qualche paese Nato più battagliero. In fondo non siamo una alleanza democratica e tra eguali?

Il nuovo passaggio a cui ci stiamo apparecchiando è la discesa sul terreno di contingenti militari della Nato a fianco dell’esercito ucraino per scardinare le difese nemiche nei territori occupati. E provocare, perché no? la rotta russa. A capofila di questo sciagurato sviluppo, palesato dalla balordaggine delle parole dell’ex segretario della Nato, il danese Rasmussen, è la Polonia. Varsavia, che ha già sul campo di battaglia molti “volontari” nelle cosiddette brigate internazionali, sembra pronta a spezzare il fragile tabù del non intervento occidentale; in linea con il ruolo di alleato di ferro degli americani sul “limes” europeo che i governanti di Varsavia si sono assunti in quel sanguinoso parco tematico della guerra moderna che è diventata l’Ucraina. Si voglion saldare i conti, come non ricordarlo? per le innumerevoli ferite che il trogloditismo russo, zarista e staliniano, ha inferto alla Polonia negli ultimi tre secoli. Si rinfrescano mai sopite e gloriose rimembranze dell’Armata rossa in fuga davanti alla petulante cavalleria del maresciallo Pilsudski.

Ci sono anche in questa determinazione pro ucraina considerazioni di politica interna. Essere la punta di lancia nella guerra contro l’aggressione russa è un lasciapassare infrangibile per tutte le accuse e i dubbi che la Commissione europea accumula sulla politica interna in tema di diritti del governo di Varsavia. La guerra serve, eccome. Non solo al fatturato di armaioli di ogni latitudine e dimensione. E non solo ai polacchi. Di un analogo impiego come certificato di buona condotta si serve anche il governo italiano di centrodestra.

Si avvicina dunque la caduta della mediocre finzione della non belligeranza che ci ha messo finora al riparo dalla coscienza dei pericoli di questa guerra. Presentarla con la maschera di iniziativa autonoma al di fuori della Nato dovrebbe evitare, secondo gli ideatori, lo scattare dell’impegnativo articolo 5 che impegna tutti gli alleati in una guerra comune. Dovremo prima o poi tutti immischiarci nella tragedia ucraina mentre finora abbiamo accumulato le buone ragioni per non accostarsi troppo. La guerra falcia agnostici e dogmatici.

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Sottomarino disperso, i soccorritori hanno sentito «colpi» e altri suoni e segnali

mercoledì, Giugno 21st, 2023

di Viviana Mazza

I rumori potrebbero essere stati prodotti dalle persone a bordo per indirizzare le ricerche dei soccorritori. Nel 2018 un dipendente avanzò dei dubbi sulla sicurezza del mini sommergibile sperimentale e venne licenziato dalla OceanGate

Sottomarino disperso, i soccorritori hanno sentito «colpi» e altri suoni e segnali

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Durante la ricerca del Titan i sonar hanno captato quelli che sembrano essere rumori di colpi. Darebbero la speranza che le cinque persone a bordo del sommergibile, scomparso dopo l’immersione domenica per una spedizione turistica intorno al Titanic, siano ancora vive.

Lo scrivono i media americani citando come fonte un’email inviata al dipartimento per la sicurezza interna di Washington. Secondo il documento i colpi si sarebbero sentiti per ore, a intervalli di 30 minuti; dopo la prima segnalazione, il sonar è stato utilizzato di nuovo quattro ore dopo nella stessa area dove il sommergibile e i rumori si sentivano ancora. Almeno due delle persone a bordo – gli esploratori Hamish Harding, con diploma di pilota, e Paul-Henri Nargeolet, ex sub della Marina francese – hanno lunga esperienza di missioni in luoghi estremi e sono certamente consapevoli dei mezzi e degli strumenti con cui vengono cercati: potrebbero dunque aver istruito i compagni ad alternarsi nel produrre questi suoni nel tentativo di essere localizzati. LEGGI ANCHE

Intanto emerge che sin dal 2018, quando era ancora in fase di sviluppo, c’erano dubbi sulla sicurezza del Titan. Quell’anno un dipendente dell’azienda, David Lochridge, è stato licenziato dopo aver espresso perplessità sullo scafo sperimentale in fibra di carbonio: sosteneva che erano necessari ulteriori test e una certificazione da parte di un ente indipendente. I suoi avvertimenti sarebbero stati ignorati finché non scrisse un rapporto; allora fu chiamato a colloquio con lo stesso amministratore delegato Stockton Rush che si trova ora a bordo del sommergibile.

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Grecia, un sopravvissuto inchioda la Guardia costiera: “È arrivata molte ore dopo l’Sos, ci ha trainato e fatto ribaltare”

lunedì, Giugno 19th, 2023

dalla nostra inviata Letizia Tortello

KALAMATA. «Abbiamo chiesto aiuto dalle 12 (ora di pranzo, ndr), perché il motore della barca si era fermato. Ma l’aiuto è arrivato tardi, solo la sera, intorno alle 21,30. La Guardia costiera greca è venuta a quell’ora, ma non ci ha aiutati subito. Aspettava». La testimonianza di Hadi Mahmood Makieh a La Stampa è una ricostruzione che non lascia spazio a dubbi. Se fosse confermata, riporterebbe la responsabilità dell’affondamento del peschereccio naufragato mercoledì al largo di Pilo con 600 morti sull’autorità marittima greca. Che prima non sarebbe intervenuta, poi avrebbe messo in atto una manovra di traino sbagliata e pericolosa, considerato l’elevato carico dell’imbarcazione, che trasportava 750 migranti.

Hadi, siriano di Damasco, oggi è assistito nel campo profughi di Malakasa, ad Atene. Racconta: «Il mare era calmo. La Guardia costiera guardava. Dopo molto tempo, ha lanciato un cavo dalla parte sinistra per cercare di tirare la nostra barca. Il cavo è stato legato da un egiziano che era a bordo, ma l’abbiamo perso, perché non era legato bene. A quel punto, è venuto uno della guardiacoste e l’ha legato meglio». È salito a bordo? «Sì, è salito a bordo per legare il cavo. Siamo stati trascinati dalla sinistra. La barca si è capovolta, forse ha preso un’onda. Io sono finito in mare. Ho nuotato quattro ore, prima di essere salvato. Quando mi hanno trovato, sono svenuto».

Immaginiamo un peschereccio stracolmo di persone che viene trascinato con una cima. La nave si inclina da una parte per il peso. E questo quadrerebbe con i racconti di altri migranti, che spiegano come si siano spostati in tanti per controbilanciare e l’imbarcazione abbia iniziato ad oscillare. La Guardia costiera greca, invece, negli scorsi giorni ha negato di aver lanciato alcuna cima. Poi, ha cambiato idea, ma ha parlato di offerta di soccorsi rifiutata, infine di soccorsi a tarda notte, anche se non ha mai ammesso di aver trainato la barca in difficoltà.

La gioia dei vivi e la pena dei sospesi
Hadi, dopo il disastro si è risvegliato all’ospedale di Kalamata. Si era ferito ad una spalla. Sulla barca portava con sé un minore non accompagnato, Yakoub Abdulwahed, di 13 anni, ma dice di averlo perso di vista nella tragedia. «I bambini e le donne erano al piano meno due della nave. Sotto di loro, c’erano solo i frigili». Lo zio di Yakoub, Emad Abdulwahed, non si dà pace. Anche ieri ha continuato disperatamente a cercare il nipote. Sembrano essere 8 i minorenni sopravvissuti, nessuno dà i nomi. E dopo molte suppliche del famigliare, non c’è neppure la conferma che i minorenni salvati abbiano già parlato con i parenti che hanno fatto denuncia, il che eliminerebbe ogni speranza di trovarlo vivo. Nel caos dei rimpalli e delle comunicazioni, Emad come centinaia di famiglie è in attesa di una voce delle autorità greche, che non arriva mai. «Vi faremo sapere, ci sono 250 richieste come la vostra. Esamineremo», si è sentito dire.

Hadi, invece, i genitori li ha incontrati e riabbracciati venerdì a Malakasa, tra le lacrime. Ci spiega che stava nella parte anteriore del peschereccio, con altri siriani. «Ho perso molti amici». Nessuno sa se siano tra i 78 cadaveri rinvenuti o tra i quasi 600 affondati.

Le violenze durante il viaggio
Col passare dei giorni, lo choc per lui si affievolisce. Ha ricominciato a mangiare. Ricorda molte cose della traversata. «Al secondo giorno dalla partenza dalla Libia, non ci davano più da mangiare e da bere. Molti svenivano. Io stavo sul ponte». E ancora, «i trafficanti hanno sparato a dieci persone che si stavano ribellando, li hanno uccisi tutti». Conferma anche come siano passate barche ad aiutarli: «Due imbarcazioni petrolifere ci hanno dato acqua». A bordo, a qualcuno era stato permesso di tenere i cellulari, ma si sono presto scaricati. «Io l’avevo messo in tasca, insieme al portafoglio dove avevo dei soldi. Quando mi sono svegliato in ospedale, non l’ho più trovato».

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Russia, vicina la fine della guerra in Ucraina? Cambia tutto sulla pace

sabato, Giugno 17th, 2023

Passo avanti della Russia verso la fine della guerra in Ucraina. «Ribadisco che siamo grati a tutti i Paesi, a tutti gli Stati e a tutte le figure pubbliche», a «tutti coloro che parlano di pace, di una soluzione (pacifica) e che vogliono rendersi utili» e «ci sono idee interessanti che possono funzionare». Si è espressa così la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, in alcune dichiarazioni all’agenzia di stampa russa Tass in cui ha affermato che iniziative di pace per porre fine al conflitto in Ucraina proposte da vari Paesi contengono idee che potrebbero «funzionare». «Ci sono idee che sono in sintonia con i nostri approcci», ha ribadito, citando, «ad esempio, l’iniziativa cinese». 

Il problema, ha accusato Zakharova, è che queste iniziative vengono bloccate «dal regime di Kiev». «Tutto questo è stato bloccato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky perché è questo il concetto che è stato definito a Washington – ha incalzato – Washington segue il principio di ‘uccidere quanti più russi possibile’. Un concetto che è stato espresso da importanti rappresentanti dell’establishment politico Usa, George Bush e Lindsey Graham compresi. E inoltre vogliono danneggiare la Russia per danneggiare la Cina». 

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