Archive for Gennaio 29th, 2017

Ma l’allarmismo ormai non attacca più

domenica, Gennaio 29th, 2017

di Giancarlo Mazzuca

«La vita oltre l’euro». Quando, tre anni fa, scrissi un libro con questo titolo assieme all’imprenditore Ernesto Preatoni, nonostante il mio pessimismo, non pensavo che i nodi sarebbero venuti al pettine in così poco tempo.

Quelle che allora sembravano le farneticazioni di due euroscettici ante-litteram si stanno, purtroppo, avverando tanto che il pollice in giù sulla moneta unica è stato ora emesso come anticipato l’altro giorno dal Giornale persino dal salotto buono della finanza italiana, Mediobanca. Un suo dossier riservato parla chiaro: il nostro debito pubblico, agganciati all’euro, rischia di andare definitivamente in tilt per via dei prossimi aumenti dei tassi d’interesse a livello internazionale mentre la crescita zero è sempre più sotto zero.

Se nel 2013, parola di Piazzetta Cuccia, Italexit, con la conversione del nostro disavanzo in lire, ci avrebbe fatto risparmiare 285 miliardi, oggi il margine positivo dell’operazione si ridurrebbe a 8, ma sarebbe ugualmente un’operazione in attivo. Abbiamo perso troppo tempo, obnubilati dalla parola «Europa» che ci ha riempito la bocca e ottuso il cervello. Adesso se ne stanno accorgendo tutti, ma quando, in quel libro, parlammo di «euromorbo», venimmo accusati di essere disfattisti tout court. (altro…)

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Mentana: «Renzi è un bullo, a Grillo mancano i fondamentali. E attenti a Berlusconi: rischiamo di ritrovarcelo premier…»

domenica, Gennaio 29th, 2017

di Candida Morvillo

Il direttore del Tg di La7 fa il bilancio di 25 anni di carriera e del momento politico (salva solo Gentiloni «che ha l’effetto-bar, è riposante e integro»). E ancora, il web, i webeti, lui che si sente direttore d’orchestra, gli sms di Urbano Cairo, il suo ego da piacione («Non ho una fortissima tendenza all’autofustigazione…») e che cosa gli manca quando si guarda allo specchio

Pile di libri e faldoni a terra, sulla scrivania, sulle poltrone. Nel suo ufficio da direttore del Tg di La7, Enrico Mentana ha in corso tardive pulizie di inizio anno. Dà ordine di disturbarlo solo se arriva la sentenza della Consulta sull’Italicum e ha tempo di parlare di televisione, di web e webeti, di «Renzi che è geneticamente bullo», di Gentiloni «che è uno che non ti fotte». Dice: «Questo 2017 sarà da navigare a vista come mai ed è la cosa più bella per me che amo l’informazione fatta sul tamburo, improvvisando in diretta. So che c’è da scompaginare, come un cantante chiamato a fare più concerti straordinari che di cartellone». Nel 2016, di esibizioni extra ne ha fatte parecchie. C’era la Brexit, c’era Donald Trump, c’erano il referendum o le amministrative, lui era lì, con le sue maratone a oltranza e in diretta, pronto a incalzare gli ospiti come a prenderli per i fondelli. «Pier Luigi Bersani, com’è che non è l’ho vista al Quirinale, che ci sono andati cani e porci?». «Chiuderei qui, sulla pregnanza epocale delle parole di Angelino Alfano». «C’è Massimo Giletti, ma non preoccupatevi, non lo sentirete parlare di politica». Ai Cinque Stelle, quando ritirano i loro dai talk, dice che hanno fatto una bambinata. A Matteo Renzi, che dopo il referendum sulle trivelle sostiene che ha perso il partito dei talk show, propina una ramanzina : «La deve smettere di dare la colpa ai talk . Se non ci fosse la televisione a spiegare le ragioni dell’uno e dell’altro, la gente non avrebbe elementi per decidere… Con tutto il rispetto, queste cose se le deve mettere in testa, ha vent’anni meno di me, ha tutto il tempo». Sul web, girano i blob delle sue performance tv, i lettori del Fatto Quotidiano lo hanno appena eletto «uomo dell’anno». Venticinque anni fa, Enrico Mentana, oggi sessantaduenne, fondava il Tg5 e veniva soprannominato Mitraglia per la velocità con cui sparava notizie. (altro…)

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Pd, D’Alema: “Via a raccolta fondi. Comitati pronti a ogni evenienza. Senza congresso, al voto liberi tutti”

domenica, Gennaio 29th, 2017
“Noi non avremo un tesseramento nazionale, non vogliamo generare equivoci. Su questo saremo tormentati da un sistema informativo legato all’establishment. I singoli comitati devono raccogliere adesioni, ma prima di tutto fondi  per essere in grado di lavorare e soprattutto per essere pronti alle evenienze che potranno essere”. Quste le parole di Massimo D’Alema all’assemblea per un nuovo centrosinistra al centro congresso Frentani (dove sono presenti esponenti del Pd e di Sinistra italiana), dal cui palco ha ribadito: “Questa non è una riunione per festeggiare la vittoria del No ma è una riunione di lavoro”.

“Vogliamo dare vita a un movimento a cui potranno partecipare anche i cittadini che hanno votato Sì al referendum. Vogliamo organizzare un dibattito, un confronto nel Paese che è grande. Creare comitati a livello provinciale in tutte le città e in tutti i paesi dove è possibile, raccogliere adesioni – ha sottolineato – si possono non stampare tessere. Direbbero che vorremmo fare un partito. Io suggerirei anche che si raccolgano fondi per i comitati” che devono essere “in grado di lavorare e pronti alle evenienze che potranno esserci”, ha detto ancora D’Alema che all’inizio ha scherzato guardando Valdo Spini: “Qui siamo tutti socialisti”. (altro…)

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Usa-Russia, idillio Trump-Putin: “Nuovo rapporto fra uguali, primo obiettivo battere insieme l’Isis”

domenica, Gennaio 29th, 2017

dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI

NEW YORK – E’ la fine della “seconda guerra fredda”. Sboccia l’idillio, è luna di miele fra Donald Trump e Vladimir Putin. E’ il leader russo a rivelare il contenuto della prima telefonata di lavoro col suo omologo americano. Un rilancio delle relazioni bilaterali tra le due superpotenze ex-rivali, ma stavolta “da pari a pari”, un rapporto fra eguali, all’insegna della dignità reciproca. E subito al lavoro insieme, per sconfiggere l’Isis in Siria.

Non c’è l’annuncio ufficiale sulla levata delle sanzioni contro Mosca, però appare nel resoconto sintetico della telefonata fatto da Putin una frase molto allusiva: i due sono “nello spirito favorevole a restaurare e migliorare la cooperazione Usa-Russia, anche nel campo dell’economia e degli scambi”. Se è così, le sanzioni hanno i mesi contati. I due del resto hanno l’intenzione di far seguire a questa telefonata un vero e proprio summit, il primo vertice bilaterale in cui s’incontreranno di persona: resta solo da definire la data e il luogo. (altro…)

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La sentenza della Corte, Gentiloni e i criteri di Mattarella

domenica, Gennaio 29th, 2017

di EUGENIO SCALFARI

LA sentenza della Corte costituzionale ha suscitato una notevole sorpresa. È rimasto un punto soprattutto: è vietato che si facciano coalizioni tra diverse liste. Si potranno certamente fare dopo il voto ma prima no. Francamente non so se la Corte abbia rispettato il suo ruolo o sia andata oltre. Ai tempi di De Gasperi le coalizioni erano costituzionalmente praticate ed anzi erano rappresentative della vera democrazia: l’elettorato sapeva prima del voto quale fosse l’orientamento della coalizione. Anche a quei tempi e cioè nei primi anni Cinquanta, le alleanze tra partiti erano liberamente stipulate. Nel 1953 De Gasperi realizzò una coalizione che, oltre alla Dc comprendeva anche i cosiddetti partiti minori, partiti laici dai liberali ai socialdemocratici ai repubblicani. Dai sondaggi la Dc avrebbe annoverato circa il 40 per cento, i minori erano stimati al 10 per cento complessivamente. Se l’insieme della coalizione avesse ottenuto il 50 per cento più un voto avrebbe incassato un premio del 65 per cento per assicurare la governabilità. Se avesse avuto soltanto il 49,99 il premio non sarebbe stato concesso. Questo era il meccanismo elettorale. Naturalmente le alleanze tra partiti o movimenti potevano avvenire una sola volta ma con una doppia funzione: la vittoria oltre il 50 assicurava il premio di governabilità, la vittoria sotto il 50 attribuiva i seggi secondo le reali forze ottenute dagli elettori.

Il vantaggio era soprattutto per fare chiarezza nel corpo elettorale. Il voto effettivo dette all’intera coalizione oltre il 49 per cento, di cui il 40 ai Dc e il resto ripartito tra i laici. Ma nonostante questo parziale insuccesso, il successo di fatto ci fu perché con il 49 per cento complessivo la coalizione tenne banco fino al 1962 poiché le altre forze erano molto diverse tra loro e non alleate: da un lato c’era la sinistra riformista e socialista che aveva rotto il patto d’unità d’azione con il Pci (il quale ovviamente aveva votato contro la Dc); a destra c’era invece l’onorevole Covelli che capitanava conservatori e monarchici. L’obiettiva coincidenza tra il voto contrario dell’estrema destra e quello altrettanto contrario tra le varie forme di sinistra sconfisse la coalizione guidata dalla Democrazia cristiana ma non riuscì ad impedirle di governare insieme ai suoi alleati fino al 1962 quando l’onorevole Fanfani presiedette un governo che fu il primo del centrosinistra: il Partito socialista appoggiava il governo ma non ne faceva parte. (altro…)

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Giannini: “La scommessa di Renzi e il passato che non passa”

domenica, Gennaio 29th, 2017

La svolta di Rimini, con la grande adunata degli amministratori locali del Pd e la voglia annunciata dal segretario di ripartire dai territori, non deve ingannare: “Matteo Renzi replica lo stesso copione. Tutto deve ruotare intorno al Pd e per evitare inciuci c’è solo la strada del 40%. Una storia difficile da replicare oggi”. Certo è che “la campagna elettorale è cominciata”

il commento di Massimo Giannini

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Conti in rosso, la ricetta Ue: “Aumentate Iva, Imu e Tasi”

domenica, Gennaio 29th, 2017
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Sovrani, ma senza fretta

domenica, Gennaio 29th, 2017
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Il giudice blocca il rimpatrio: a rischio il piano di Trump

domenica, Gennaio 29th, 2017
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L’asse che annulla l’Europa

domenica, Gennaio 29th, 2017

L’incontro di venerdì tra il Primo ministro britannico Theresa May e il presidente statunitense Donald Trump ha rappresentato l’occasione per entrambi i leader per sottolineare l’importanza riservata da entrambi alla Special Relationship tra Washington e Londra nel quadro delle rispettive strategie internazionali. Da un lato il Presidente statunitense ha voluto ribadire apertamente la priorità data al Regno Unito rispetto agli altri tradizionali alleati europei, sottolineando nuovamente la sua positiva interpretazione della Brexit che il governo della May è destinata a formalizzare dopo aver superato lo scoglio del dibattito parlamentare. Dall’altro, la May sta preparando il suo paese al passo decisivo tessendo un’ampia rete di relazioni internazionali destinate a prendere il posto dei legami col Vecchio Continente al centro della strategia diplomatica e commerciale britannica: in tal senso, la sua visita a Washington rappresenta un ulteriore tassello posto sul terreno per completare il disegno della Global Britain che la May immagina possa svilupparsi dopo la formalizzazione della Brexit.

Il Primo ministro conservatore, entrato in carica il 13 luglio dopo la vittoria alle primarie tories seguite alle dimissioni di David Cameron, sta interpretando in maniera ampiamente elastica il mandato principale che ha giustificato la formazione del suo governo: nei fatti, la May agisce considerando la Brexit più come l’uscita dell’Europa dal Regno Unito che come l’uscita del Regno Unito dall’Europa e punta ad ottenere tutte le potenziali opportunità che una separazione da Bruxelles comporterebbe sotto il profilo fiscale e commerciale. La Brexit che si prospetta, dunque, non potrà che avere come corollario la costituzione di una salda rete di accordi tra la Gran Bretagna e paesi rilevanti per le strategie internazionali di Londra, tra i quali ovviamente gli Stati Uniti non possono non ricoprire un ruolo di primissimo piano. Oltre a rappresentare una sorta di “prima” della diplomazia made in Trump, infatti, la visita di Theresa May alla Casa Bianca è stata un’importante occasione per parlare di affari concreti destinati a coinvolgere in futuro Regno Unito e Stati Uniti: l’obiettivo perseguito dalla May e da Trump, infatti, è la conclusione di un trattato commerciale bilaterale nel quale l’inquilina di Downing Street non ha escluso l’inclusione della concessione agli istituti britannici della possibilità di erogare servizi sanitari in territorio americano, come riportato da The Independent. (altro…)

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