Nel confronto di queste settimane sulla riforma elettorale e sulla data del voto, manca sempre qualcosa. Il dibattito si presenta amputato. Privato di quel nucleo essenziale che dovrebbe dare anima e sostanza a tutte le forze politiche. Quali sono gli obiettivi? Cosa intendono fare dopo le urne? Semplicemente qual è il loro programma? Non c’è nulla di tutto questo. Sembra quasi che nel tempo della transizione i partiti si sentano dispensati dall’obbligo di comunicare agli elettori i loro propositi e abbiano deciso di regredire in una sorta di immaturità permanente.
Non si spiega altrimenti quel che sta accadendo in Parlamento. I quattro principali partiti – Pd, M5s, Forza Italia e Lega – si stanno mettendo d’accordo per approvare una legge che ricalca il modello proporzionale tedesco. È doveroso che una democrazia abbia un sistema elettorale degno di questo nome. E l’Italia non ce l’ha. Ma non è solo questo in discussione. Il vero nodo si concentra nel motivo per cui queste quattro forze politiche lo scelgono: l’impotenza. Negli ultimi ventitré anni, uno schema sostanzialmente maggioritario ha costretto tutti a misurarsi con le richieste dei cittadini e a presentare loro le idee, le linee di un futuro governo. A esporre la loro natura. Adesso succede il contrario. In una sorta di ritorno al “pentapartito” della Prima Repubblica, tutto si rinvia a dopo. In un enorme bacino dell’indistinto. Il cui pericolo più concreto prende la forma di una nuova palude in cui ogni mossa sarà frenata dalla melma. Del resto ignorare che il sistema politico italiano non è quello di Berlino non può che portare a queste conclusioni. In Germania ci sono due grandi partiti, una leader riconosciuta, Angela Merkel, e il fronte populista non supera mai la soglia del 10%. In Italia la vera guida è la frammentazione e la protesta populista nei sondaggi arriva al 40%. (altro…)