roberto giovannini
Una strage infinita. Una strage che come certificano i dati dell’Inail dopo molti anni di discesa sono tornati ad aumentare in modo evidente. Gli infortuni mortali dal 2000 al 2016 si erano dimezzati; nel 2017 e in questo scorcio di 2018 sono tornati a crescere. Nel 2017 le denunce all’Inail di «infortunio sul lavoro con esito mortale» sono state infatti 1029, undici in più rispetto all’anno precedente (+1,1%). Pesano, spiega l’Inail, un maggior numero di incidenti «plurimi», che hanno cioè causato la morte di almeno due lavoratori. Sono gli extracomunitari, con undici casi in più e 119 caduti, a pagare sul fronte delle morti del lavoro nel 2017 un prezzo relativamente più alto, mentre rimane invariato il numero dei casi mortali di infortunio per lavoratori italiani e comunitari.
A cosa è dovuta questa preoccupante inversione di tendenza? Per gli esperti è «colpa» prevalentemente della ripresa economica.
Che si è accompagnata a un maggior utilizzo di lavoratori over 60, più esposti agli incidenti, e a una diffusione maggiore dei contratti a tempo determinato, che con la continua rotazione di mansioni e impieghi impediscono che i lavoratori possano accumulare le competenze e le informazioni che servono ad evitare di farsi male, o peggio, morire. Sullo sfondo, gli ancora inadeguati investimenti in sistemi di prevenzione da parte di tante aziende, specie quelle più piccole, che costituiscono l’ossatura del sistema produttivo nazionale. E pesano drammaticamente i limiti evidenti del sistema delle ispezioni e dei controlli pubblici.
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