Leggendo la direttiva sulla revisione dei servizi di accoglienza per richiedenti asilo firmata del ministro dell’Interno lo scorso 23 luglio, ciò che appare evidente sin da subito è come si stia ancora una volta procedendo nella direzione sbagliata. Nel tentativo, pur necessario, di rivedere l’attuale sistema di accoglienza, razionalizzando i servizi per i richiedenti asilo, ciò che manca più di ogni altro obiettivo infatti è l’implementazione di strumenti e pre-condizioni davvero efficaci per l’integrazione.
I grandi centri rischiano di produrre solo isolamento
Al contrario, quello che si profila all’orizzonte è di vedere sempre più persone ospitate in grandi centri, dove gli enti gestori avranno la responsabilità di fornire un alloggio e un vitto, garantire un minimo di igiene e, dopo una formazione iniziale sulla normativa vigente sull’asilo, esauriranno il loro compito. L’effetto sarà quindi che le persone, saranno meno consapevoli del percorso burocratico che li attenderà e per mesi e mesi non avranno nulla da fare, non impareranno l’italiano, tenderanno a isolarsi o ad essere isolati.
Uno scenario che non può che produrre insicurezza maggiore sia per i migranti, che per le comunità che li ospiteranno. Più si farà accoglienza solo in grandi centri, più sarà alto il rischio di ghettizzazione, di aumentare sacche di disagio sociale e episodi di conflittualità.
Se a questo si aggiunge che nel testo non si fa nessun cenno alla necessità di condizionare la possibilità di essere ente gestore – con l’avere un’esperienza pregressa e positiva nell’accoglienza e nell’integrazione – ecco che in realtà non si fa altro che creare tutte le condizioni per favorire chi vuole realmente fare business coi migranti e non accoglienza in modo serio.
Nel suo discorso al Senato il Presidente Conte ha detto che “porrà fine al business dell’immigrazione cresciuto sotto il mantello della finta solidarietà“. Queste prime proposte però sembrano produrre effetti esattamente contrari alle intenzioni. (altro…)