In fondo al Mondiale delle contraddizioni, Francia e Croazia fiutano la storia: i Bleus hanno vinto una volta sola, quando Kylian Mbappé nemmeno era nato, i biancorossi – oggi davvero: la Fifa impone la tradizionale maglia a scacchi – non hanno mai sollevato un trofeo.
Nazionali all’opposto
Squadre differenti: giovane e sfrontata quella del navigato Didier Deschamps, solida e scaltra quella di Zlatko Dalic, il ct venuto dal nulla, a un passo dal trionfo più grande dopo aver accarezzato coppette in Albania e negli Emirati. L’approccio dei due allenatori è differente come le strade battute, come i colpi cui s’affidano oltre la tattica: uno gli scatti brucianti di Mbappé, il velocista, l’altro la luce di Luka Modric, il cervello. Deschamps – che può diventare il terzo ct, dopo Zagallo e Franz Beckenbauer, a conquistare una coppa già sollevata da calciatore – detta infatti ricette classiche («Concentrazione, serenità, fiducia»), ricorda l’irrazionalità del pallone rievocando il gol all’Argentina ma ammette d’aver divorato video e approntato piani, Dalic richiama invece il compianto Johan Cruijff con l’invito a «divertirsi e godersela», confessa di «non insistere sugli allenamenti perché non c’è niente da allenare» e assicura che «in un torneo così non c’è tempo per giochini psicologici».
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