Le Tv che non sapranno evolversi sono destinate a estinguersi. Ha un sapore darwiniano il messaggio di Luigi Di Maio sul futuro delle televisioni che, immancabilmente, coinvolge anche Rai e Mediaset. E se è vero che nel famoso contratto di governo giallo-verde non è esplicitato “l’editto” di Beppe Grillo («Rai 3, Rai 2 e Rai 1: due saranno messe sul mercato e una senza pubblicità»), l’azienda di viale Mazzini resta comunque nei pensieri dell’esecutivo. Soprattutto, in quelli del ministro del Lavoro, con delega alla telecomunicazioni, che è anche capo politico di quel Movimento 5 Stelle di cui lo stesso comico è garante. Nessuna riforma “alla Grillo’” dunque, ma stop alla lottizzazione. «In Rai deve iniziare a trionfare il merito e a entrare aria nuova», va ripetendo da giorni Di Maio.
L’idea generale è quella di una specie di “Netflix italiana”. Una nuova piattaforma con cui dovrebbero fare i conti anche Rai e Mediaset, per una volta appaiate e poste nelle stesse condizioni all’interno di un mercato che sta cambiando radicalmente. Una proposta che il vicepremier esplicita in un lungo post sul Blog delle stelle, dal titolo «Le tv tradizionali hanno i giorni contati, ma la prossima Netflix può essere italiana», e che ha un sentore quasi profetico. Tanto da ottenere il plauso dello stratega, e guru digitale del Movimento, Davide Casaleggio. «Se aspettiamo di vedere il futuro arrivare, arriverà dall’estero. Dobbiamo iniziare a costruirlo noi» scrive su Twitter definendo «emblematico» il caso dell’industria dei media italiana, visto che “ha aspettato arrivasse Netflix per preoccuparsi di innovare il proprio modello di business”. L’imperativo è dunque “pensare all’innovazione non quando é ormai inevitabile, ma quando é possibile”. Ora lo è, secondo il Movimento 5 Stelle.
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