Le ombre americane sulla crisi
lunedì, Luglio 2nd, 2018Si consideri il detto «Il pesce puzza dalla testa». Non è sicuro che la crisi che sta attraversando l’Europa, e che i risultati del vertice di Bruxelles hanno drammaticamente confermato, potrebbe domani arrestarsi se ci fossero cambiamenti nella politica degli Stati Uniti ma è certo, per contro, che senza quei cambiamenti la crisi della Ue non smetterà di aggravarsi. Conviene forse guardare al problema europeo da una prospettiva diversa, e più ampia, di quella che è in genere fatta propria dai commentatori delle vicende del vecchio Continente. Per questa prospettiva più ampia, se, dato un qualunque aggregato, c’è qualcosa che non va nella sua leadership, le cose andranno male in ogni altra parte di quello stesso aggregato. Magari, la malattia di cui soffre la leadership ha un’origine diversa da quella che affligge gli altri membri del consorzio ma essa contribuisce comunque ad aggravare le loro condizioni, ne impedisce la guarigione. Anche se certi europeisti, per ragioni politiche, hanno sempre cercato di minimizzare questo aspetto, l’integrazione europea prese l’avvio, in epoca di Guerra fredda, grazie alla sponsorizzazione degli Stati Uniti (a cui serviva un’Europa più forte per tenere a bada l’Unione Sovietica). Finita la Guerra fredda, e almeno fino all’Amministrazione Obama (una presidenza in fase di ripiegamento internazionale e le cui posizioni diventarono più fredde, meno coinvolte, nei confronti dell’Europa), gli Stati Uniti non cambiarono politica. L’integrazione europea, si può ben dire, era uno speciale sottoprodotto (con vita relativamente autonoma) di quel sistema multilaterale di alleanze (militare, politica, economica, culturale) che dal ’45 in poi abbiamo chiamato Occidente. (altro…)