Perché il mercato non è un demone
martedì, Settembre 18th, 2018«I mercati devono imparare a conoscerci e vedranno che siamo persone coerenti e serie». L’affermazione è del vice premier Luigi Di Maio (13 settembre). Impegnativa. Il modo migliore che ha un governo per farsi conoscere è quello di scrivere una legge di Bilancio credibile. E soprattutto di non cambiare idea ogni giorno, a proposito di coerenza. Perché in quel caso anche i numeri, nero su bianco, perdono di credibilità. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto, sabato 8 settembre, a manager e imprenditori riuniti a Cernobbio: «Non giudicateci per quello che diciamo ma per quello che faremo». Reazioni perplesse. Dunque le dichiarazioni non sono serie? Vanno prese con beneficio d’inventario? Ma purtroppo sono costose, come ha rilevato il Presidente della Bce. Subito si è obiettato che Mario Draghi non è stato eletto da nessuno (come aveva già sostenuto su Twitter Alberto Bagnai, presidente della Commissione Tesoro e Finanze del Senato), quasi non avesse diritto di parola. Draghi è stato indicato dai governi dell’Eurozona. Se avesse dovuto preoccuparsi del consenso, magari del suo principale azionista tedesco, non avrebbe mai varato quel massiccio programma di acquisto dei titoli di Stato che ha alleggerito (invano?) il peso del nostro debito pubblico. Questa è la forza irrinunciabile delle autorità indipendenti nelle democrazie liberali, come ha spiegato ieri sul Corriere Sabino Cassese
Le decisioni migliori non sono sempre quelle che hanno il maggiore consenso. E nemmeno dei politici cui si deve una nomina. Altrimenti rivolgersi a Turchia e Venezuela. E quando le autorità non sono indipendenti, anche dai loro regolati o non hanno sufficienti poteri — come è accaduto per l’authority dei Trasporti — non vigilano sui ponti pericolanti. La «sovranità appartiene al popolo», si è aggiunto come a dire che l’eletto ha sempre ragione. Sì, ma si dimentica di citare la seconda parte dell’articolo 1 della nostra Carta «che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Nulla di nuovo. Anche in altre stagioni politiche c’era chi scambiava il consenso per la piena legittimità e aveva fastidio per l’indipendenza della magistratura o della Banca d’Italia. «Non aspetteremo i tempi della giustizia» ha detto ancora il premier dopo la tragedia di Genova. Parola di un avvocato per giunta. Forse più preoccupato di accontentare i suoi azionisti di riferimento (Salvini e Di Maio) che di riaffermare una regola base dello stato di diritto. (altro…)