Roma, 16 novembre 2018 – Fare a pugni con la vita è una scelta personale e come tale scarsamente sindacabile. Fare a pugni con le vite di quarantatré innocenti è avvilente, soprattutto se chi giubila riveste ruoli istituzionali di primario peso negli equilibri del Paese. Equilibri che, è bene dirlo, sono stati messi ancor più in pregiudizio da questi novanta giorni di inesplicabile silenzio. Non era infatti un affare solo genovese o ligure: tutta Italia risente della mancanza di collegamenti tra il suo mare e l’Europa.

Che cosa aspettavate, potenti, per partorire il topolino? Di sistemare, come nello stile della politica più servile, che si incastrasse qualche tassello nel puzzle dei condoni? Aspettavate le sapienti mediazioni dell’abile arte del non dire; quelle stesse che hanno ridotto il Paese sull’orlo del baratro? Aspettavate la medaglia di salvatore del ponte Morandi, mentre centinaia di famiglie ancora sono fuori casa? Invece di cercare frasi degne per giustificare l’immotivato ritardo, l’Italia attonita si trova davanti l’inspiegabile trionfo, il pugno della vittoria alzato, il sorriso di sfida di chi ha stravinto. Su chi ha trionfato, signor ministro? Su quelli dinanzi ai cui piedi si è aperto il baratro della morte? Su quelli sulle cui teste è caduto il ponte? Su quelli che hanno la vita rovinata? Su chi non ha più casa? (altro…)