“Con il Pd caos e clandestini, con la Lega ordine e rispetto.
Certi sindaci rimpiangono i bei tempi andati sull’immigrazione, ma
anche per loro è finita la pacchia!”. Lo scrive su Twitter il ministro
dell’Interno, Matteo Salvini, dopo il fronte che si è aperto con alcuni sindaci, in testa Leoluca Orlando, primo cittadino di Palermo, sull’applicazione delle norme sui migranti del decreto sicurezza.
Sull’Italia arriva il gelo
artico, gli esperti già la chiamano “sciabolata”. Da questa sera
correnti fredde scenderanno dal Nord Europa e, a partire da domani,
giovedì 3, le temperature nel nostro Paese potranno scendere di 8-10
gradi rispetto alle medie stagionali. Saranno tre gli impulsi che
congeleranno soprattutto il Medio Adriatico e il Meridione d’Italia: il
primo, appunto, si sentirà domani e porterà la possibilità di neve in
pianura e persino sulle coste. Si attendono precipitazioni nevose nelle Marche e in Puglia, in Abruzzo e in Molise, in diverse zone dellaCampaniae della Basilicata. Saranno possibili nevicate a quote basse sui versanti tirrenici della Calabria e della Sicilia.
Una nuova ondata si avvertirà sabato 5, quindi tregua per l’Epifania e
ancora gelo lunedì 7 e martedì 8, quando le escursioni termiche
torneranno mediterranee.
Le città a rischio neve
Tra le varie città a rischio neve gli esperti segnalano: Rimini, Pesaro, Ancona, Macerata, Ascoli, Teramo, Pescara, L’Aquila, Chieti, Vasto, Campobasso, Termoli, entro venerdì anche Foggia, Bari, Lecce, Brindisi. Neve possibile anche ad Avellino, Benevento, Potenza, Matera,Salerno, Caserta,Napoli e Crotone. Nel corso di venerdì pioggia mista a neve non esclusa a Palermo, Messina e Reggio Calabria. Freddo e neve non risparmieranno le aree terremotate, in particolare la zona di Ussita, quindi Camerino, Norcia e Amatrice.
Matteo Renzi non ci pensa proprio a mollare
la politica dopo la tv. Anzi, parla di un ritorno al governo. L’ex
premier – reduce dall’esperienza del documentario su Firenze – in onda sul Nove – torna a parlare in un’intervista a Oggi.
Sulle voci di scissione dal Pd, con la possibile nascita di un nuovo
partito, dice: “Non è una questione all’ordine del giorno. Roba da
addetti ai lavori, fantapolitica.
di GIOVANNA CASADIO
Pensa che la sconfitta referendaria sia stata un’occasione persa più
per l’Italia che per lui: “Lì ho fatto la scelta di rimanere non più al
governo ma di restare in campo. Però la sensazione che ho provato
andando a letto quella sera era per l’occasione persa dall’Italia. In
fondo, alla fine al governo ci posso anche tornare Io sono molto fiero,
felice e contento delle cose che ho fatto, anche degli errori e dei
limiti”.
Difende il suo documentario televisivo e annuncia battaglia: “Che cosa
farò dopo la tv? Non mollo di un centimetro. Non lascio il futuro a
quelli che contestano i vaccini e fanno i condoni, a quelli che dicono
che la cultura non è importante, a quelli che fanno i sottosegretari
alla cultura e si vantano di non aver letto un libro”.
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha diramato agli uffici del capoluogo siciliano direttive per non applicare le disposizioni sui migranti del decreto sicurezza, messo a punto da Matteo Salvini.
Al fianco di Orlando e della sua “rivolta” si sono schierati anche i
sindaci di Parma, Firenze e Napoli. Immediata la replica del
vicepremier: “Pensi ai problemi di Palermo anziché fare disobbedienza
sugli immigrati”.
Chi pensava a un ritorno in pianta stabile nello scenario politico di Alessandro Di Battista si sbagliava di grosso.
Il “Dibba”, dopo il “patto del bombardino” con Luigi Di Maio siglato a Capodanno sulle piste da sci delle Dolomiti, secondo il Fatto quotidiano sta già pensando a un nuovo viaggio, con annesso reportage e libro. Non in centro America come l’ultima volta, ma in Africa, nel Congo.
Con l’inizio del 2019 Mario Draghi entrerà nell’ultimissima fase del suo mandato da presidente della Banca centrale europea,
iniziato l’1 novembre 2011. Non solo perché proprio nello stesso giorno
del 2019 si insedierà il successore dell’ex governatore della Banca
d’Italia all’Eurotower di Francoforte ma anche perché l’inizio del nuovo
anno rappresenterà il primo, vero banco di prova per analizzare la
tenuta sul lungo periodo dell’azione di Draghi alla guida della Bce.
Il 2019 sarà infatti il primo anno in cui la Bce non avvierà alcun programma di acquisto di titoli nel contesto del quantitative easingavviato
nel 2015. Tra marzo 2015 e marzo 2016 gli acquisti di titoli di Stato
dei Paesi dell’area euro sono proceduti a un ritmo di 60 miliardi di
euro al mese; tra aprile 2016 e dicembre 2017 il volume è salito a 80
miliardi di dollari, per poi scendere a 30 a partire dallo scorso
gennaio.
ROMA «Maledetto, sei il leader», gli aveva
detto Beppe Grillo, durante una conferenza stampa del settembre 2015. E
lui, Luigi Di Maio, già all’epoca rappresentazione antropologica e
plastica dell’ala dei M5S più incline al governo che alla lotta, quel
giorno aveva portato a casa — con due anni di anticipo — l’incoronazione
a «capo politico» che sarebbe diventata ufficiale nel 2017.
L’«altro» di questa storia, il protagonista diventato antagonista per forza di cose,
l’uomo delle barricate più che delle trattative, e cioè Alessandro Di
Battista, s’era preso la sua piccola rivincita girando nell’estate
successiva l’Italia a bordo di uno scooter, a far campagna contro la
riforma della Costituzione di Renzi, per poi concludere il tour nella
bollente piazza di Nettuno guarda caso nei giorni peggiori della
carriera di Di Maio, travolto da un ciclone di omissioni, e-mail non
lette e avvisi di garanzia tenuti nascosti che aveva come epicentro il
Campidoglio di Virginia Raggi.
Trenta,
forse quaranta parlamentari pronti a chiedere delucidazioni pubbliche
sul metodo. E sul percorso futuro. Oltre a numeri sempre più incerti al
Senato. Il Movimento ha scelto la linea dura con i dissidenti: il 31
dicembre con un post sul blog sono state annunciate le espulsioni di due
senatori – Gregorio De Falco e Saverio De Bonis – e di due eurodeputati
(Giulia Moi e Marco Valli). Per il senatore Lello Ciampolillo un
richiamo, mentre il procedimento per Elena Fattori (che ha contattato il
capogruppo a Palazzo Madama Stefano Patuanelli) e Paola Nugnes è
pendente. Archiviati invece i casi di Matteo Mantero e Virginia La Mura.
Una soluzione decisa che ha scatenato una discussione in seno ai
pentastellati, sia sul blog sia tra gli eletti.
Il governo farà bene ad
accelerare su «quota 100», altrimenti rischia che la gestione concreta
della riforma che consentirà di andare in pensione a 62 anni con 38 di
contributi finisca nel caos, con gravi ritardi nell’applicazione delle
novità. Il fatto che il decreto legge tante volte annunciato non sia
stato ancora approvato dal consiglio dei ministri (si dice che lo sarà
la prossima settimana) apre già una serie di problemi, visto che siamo
al 2 di gennaio.
5 mesi già aumentati
Prendiamo,
per esempio, la decisione che il governo ha preso a livello politico,
ma appunto ancora non ha tradotto in norme di legge, di non far scattare
l’aumento di 5 mesi del requisito per la pensione anticipata, quella
che fino al 31 dicembre si raggiungeva con 42 anni e 10 mesi di
contributi (un anno in meno per le donne), indipendentemente dall’età.
Bene, da ieri, cioè dal primo gennaio 2019 l’aumento, calcolato sulla
base delle leggi vigenti in relazione alla speranza di vita, è già
scattato. Sia per la pensione di vecchiaia, dove ora servono 67 anni
d’età (e 20 di contributi) e non più 66 anni e 7 mesi, come fino al 31
dicembre 2018, sia appunto sulla pensione anticipata, per la quale ora
ci vogliono 43 anni e 3 mesi (un anno in meno per le donne). Non a caso,
nella bozza del decreto legge su «quota 100» preparata qualche
settimana fa si legge l’appunto: «Attenzione! La norma deve entrare in
vigore il primo gennaio 2019». Cosa che non è successa. E quindi ora il
decreto dovrà eventualmente ridurre di 5 mesi l’adeguamento nel
frattempo scattato. Stessa cosa anche per i lavoratori «precoci» (quelli
che hanno cominciato prima dei 18 anni), ai quali servono da ieri 41
anni e 5 mesi per andare in pensione contro i 41 anni del 2018. Anche
qui il governo voleva bloccare l’aumento.
ripudio di danza, musica e colori nello spettacolo del ballerino su Rai 1 «Roberto Bolle danza con me» | LaPresse – CorriereTv
Anche l’omaggio al film «Moulin Rouge» durante lo
show di Rai 1 di Roberto Bolle «Roberto Bolle danza con me». E così il
ballerino si è scatenato in un tripudio di danza, musica e colori in una
versione inedita con ammiccamenti e provocazioni alle ballerine
Questo video contiene contributi www.raiplay.it