ROMA – Migranti, un endorsement all’asse tra Lega e 5Stelle. Arriva dal fondatore del Movimento, Beppe Grillo. “Sia noi che la Lega intendiamo impedire questo mercimonio della sofferenza. Puoi fare come Minniti che ha bloccato il varco senza dirlo esplicitamente.Oppure puoi impedire lo spaccio di false speranze e ridiscutere la questione a livello Ue. Il che significa anche graffiarsi un pò con la Francia, che non resiste ai suoi istinti colonialisti”. Così Grillo soffermandosi sul dossier migranti in un’intervista ad “America Oggi”.
Il Movimento Ciqnue Stelle dichiara la sua linea sul caso Salvini-Diciotti.
I pentastellati diranno “Sì” all’autorizzazione a prcedere
chiesta dal tribunale dei ministri. Ad annunciarlo è stato il
sottosegretario agli Interni, Carlo Sibilia: “Sulla richiesta di
autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno
Matteo Salvini “la linea del Movimento 5 Stelle è chiara e credo che
faccia bene a tutti, anche a Salvini, andare fino in fondo in questa
storia”, ha affermato all’Adnkronos. Il sottosegretario grillino di
fatto così apre la strada a scenari impreveidibili in Parlamento per il
voto sul caso Diciotti. Dopo il pressing dei frondisti, ora arriva la
posizione del sottosegretario che a quanto pare parla a nome del
Movimento. E il titolare del Viminale è intervenuto proprio oggi sulla
richiesta del tribunale dei ministri e ha respinto le voci di una
possibile crisi di governo all’orizzonte: “Abbiamo tanto da fare, tanto
da lavorare, tante tasse da abbassare, quindi non ci sono crisi,
problemi dietro l’angolo, io sono assolutamente tranquillo”.
Altro che operazione di salvataggio! I
responsabili della nave olandese Sea Watch, con la loro condotta, hanno
rischiato di mettere a repentaglio la vita dei 47 migranti a bordo. Le
autorità di Amsterdam, stando a fonti governative italiane a stretto
contatto con la Commissione Ue, pare che mercoledì – quando le
condizioni meteorologiche come ampiamente previsto cominciavano a
peggiorare e Sea Watch si trovava tra Lampedusa e la Tunisia – avessero
comunicato al comandante dell’ imbarcazione di dirigersi verso il Paese
nordafricano e di chiedere a Tunisi il permesso di attraccare.
Così del resto hanno fatto i pescherecci presenti nella medesima area
della nave della Ong: le unità da pesca, nelle stesse ore in cui Sea
Watch decideva di puntare la Sicilia orientale, per proteggersi hanno
fatto rotta verso Zarzis, da cui distavano circa 75 miglia nautiche, e
non verso la Sicilia, lontana 100 miglia da Lampedusa. Il centro di
coordinamento della Guardia Costiera olandese, contattato ufficialmente
da quello italiano, ha riferito di non aver dato alcuna disposizione a
Sea Watch. Quest’ aspetto andrà chiarito al più presto.
Parigi, 26 gennaio 2019 – Nuovo sabato di protesta – l’11° consecutivo – dei gilet gialli e nuova guerriglia urbana nel cuore di Parigi. Violenti scontri si sono registrati alla Bastiglia, punto di incontro dei due principali cortei odierni nella capitale francese. Persone vestite di nero e con il passamontagna (probabilmente ‘casseur’)hanno preso d’assalto le strade attorno al quartiere, distruggendo barriere di cantieri e usandole come barricate. La polizia ha caricato nei pressi della stazione della metropolitana Breguet-Sabin e lanciato lacrimogeni.
Catania, 26 gennaio 2019 – L’Etna torna a ruggire con ceneri, lapilli e forti boati dai crateri sommitali: oggi spettacolo quindi, ma anche disagi. E’ ripresa oggi infatti l’attività stromboliana sul vulcano. La Sac (Società di gestione dell’aeroporto di Catania) ha riunito l’Unità di crisi che ha disposto la chiusura dello spazio aereo.
In queste ore Forza Italia compie 25
anni. Per un quarto di secolo il partito fondato da Silvio Berlusconi
non solo è stato l’ago della bilancia della politica italiana, ma ne ha
determinato un tale cambiamento formale e sostanziale che gli storici
divideranno la storia recente del Paese in «prima» e «dopo» il suo
avvento.
Il 1994 rappresentò una rivoluzione paragonabile
soltanto a quella uscita dalle urne del 4 marzo. Anche allora il vento
soffiò teso e a sorpresa alle spalle del nuovo che si candidava a
sostituire di botto l’esistente, ma l’analogia tra Forza
Italia-Berlusconi e Di Maio-Cinque Stelle-Salvini-Lega finisce lì. Forza
Italia, sia pure con qualche goffo inciampo iniziale, si pose da subito
come forza di governo responsabile nei confronti degli equilibri
nazionali e internazionali. A differenza infatti dei Cinque Stelle
partito in mano a un comico e a due disoccupati Forza Italia è stata
fondata da un costruttore, per di più di grande esperienza. Per
definizione un costruttore costruisce e non distrugge, include e non
divide, sa che cosa può stare in piedi e cosa invece, pur piacendo al
momento, non può avere lunga vita. È vero. Forza Italia non ha fatto
tutto ciò che aveva promesso, ma neppure una volta ha fatto il suo
contrario né ha permesso che altri lo facessero, come invece in questi
mesi è capitato sia a Di Maio che, in misura minore, a Salvini.
ROMA – Di Battista come Di Maio, ma anche
come Renzi, nel mirino delle Iene. Per la stessa ragione: anche il padre
dell’esponente pentastellato, rientrato in Italia per tornare
nell’agone politico di casa nostra, ha al suo servizio un lavoratore in
nero. Ed è lo stesso Alessandro Di Battista a parlarne su Facebook.
“Questa mattina mi ha chiamato mio papà e mi ha detto che era stato
avvicinato da Filippo Roma de ‘Le Iene’, che gli ha fatto delle domande
in merito a una piccola impresa familiare che abbiamo. A un certo punto
gli ha chiesto: ‘Ma lei ha o ha avuto un lavoratore in nero?’. Mio padre
gli ha detto: ‘Sì'”.
“Per me ‘Le Iene’ fanno il loro mestiere, non me la sono mai presa –
prosegue Di Battista -. Sono andati dal papà di Di Maio, di Renzi, da
mio papà e lo dico senza polemica: adesso è pure tempo che possano
trovare il coraggio per andare da Berlusconi”.
MADRID – In Venezuela è in corso “un tentativo di golpe da parte degli Stati Uniti”. Alla riunione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, convocata per discutere della crisi venezuelana, la Russia si schiera con durezza a fianco di Nicolas Maduro, alzando i toni dello scontro con Washington che ha riconosciuto il presidente pro tempore Juan Guaìdo e chiede nuove elezioni con il sostegno anche dell’Unione europea.
L’alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, ha ribadito la posizione espressa già due giorni fa, sollecitando “con forza la tenuta urgente di elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili”. In mancanza di “un annuncio sull’organizzazione di nuove elezioni con le necessarie garanzie nei prossimi giorni”, avverte Bruxelles, “l’Ue intraprenderà ulteriori azioni, anche sulla questione del riconoscimento della leadership del Paese”.
La storia di Parmalat, la prima azienda agroalimentare italiana che impiega ancora mille collaboratori, dovrebbe svegliarci.
Come ben sapete, otto anni fa fu sfilata a Enrico Bondi, grazie
ad un assegnuccio da 4 miliardi. A beccarsi la preda, fu un gruppo
familiare francese. Oggi la famiglia Besnier, come ha scritto il Sole24
Ore un paio di giorni fa, ha intenzione di concludere l’opera: azzerare
il quartier generale di Collecchio, patria di Tanzi, e spostare tutto a
Laval, il villaggio francese da cui provengono. Trecento chilometri da
Parigi e neanche 50mila anime. I Besnier non pubblicano bilanci, si
fanno, raramente, vedere alla partita della loro squadra di serie B, non
circolano molte foto che li ritraggono, sono ricchissimi e si portano
tra pochi giorni tutto a casa. Parmalat non solo non sarà più quotata,
pazienza, ma non esisterà più come entità giuridica: fusa in Lactalis.
Che nel frattempo ha piazzato i suoi manager (tutti francesi) alla guida
delle nove divisioni operative in cui verrà organizzato l’intero
gruppo. Insomma, dopo otto anni, Parmalat anche formalmente non esisterà
più. Fino ad ora i francesi hanno licenziato praticamente nessuno e
probabilmente con la prossima riorganizzazione usciranno non più di un
centinaio di persone (comunque il dieci per cento della forza lavoro
italiana). Uno stile molto diverso da quanto hanno adottato le
multinazionali, sempre francesi, della moda: hanno comprato una caterva
di marchi italiani, senza spostare una virgola della loro italianità.
Anzi sfruttandola al massimo sia nella produzione sia nello stile per
affermarne il prestigio e il successo internazionale (anche se bisognerà
accertare bene se non hanno fatto i furbetti con il fisco).
Atteggiamenti padronali diversi, per settori che forse non sono
comparabili: sulla moda ci sono margini cicciotti, sull’alimentare
striminziti. Ma tant’è.
«L’Italia è il Paese che amo. Con queste
parole 25 anni fa mi rivolsi agli italiani per chiedere loro di unirsi a
me per costruire un grande futuro».
Il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha scelto lo
stesso incipit del discorso del 1994 per lanciare un videomessaggio
celebrativo del venticinquennale anni del partito che ha rivoluzionato
lo scenario politico creando, di fatto, il centrodestra.
La
necessità di riunire i moderati, però, è ancora attuale visto che la
coabitazione al governo della Lega con i grillini ha determinato una
crisi d’identità in tutta quell’area sociale e ideale che Berlusconi
aveva portato a sintesi. Ed è proprio nei pentastellati e nella natura
eversiva della formazione guidata da Luigi Di Maio e Davide Casaleggio
che il Cavaliere individua la ragione del suo ritorno a tempo pieno
nell’agone politico. «Scesi in campo per evitare che il Paese cadesse in
mano di una sinistra ancora comunista», ha proseguito evidenziando che
il primo avversario è stato sconfitto, ma uno nuovo e più temibile ne ha
preso il posto. «Oggi quella sinistra non esiste più, ma il mio senso
di responsabilità mi induce ancora una volta a scendere in campo per le
prossime elezioni europee perché, di nuovo, il nostro paese corre un
pericolo molto grave. Il Movimento 5 Stelle è una forza politica che è
certamente moderna nell’uso degli strumenti di comunicazione ma
vecchissima nelle idee, nei contenuti, nelle proposte».