Domanda: ma di che cosa stiamo parlando? Da settimane, tutta la
discussione – a sinistra, nel centrosinistra, chiamatelo come volete –
ruota attorno al nobile manifesto di Carlo Calenda,
base ideale e culturale di una lista alle europee, che vada “oltre” il
Pd: il chi ha aderito, il chi aderirà, il chi aderirà domani anche se
non lo ha firmato oggi. Così è stata spiegata un’iniziativa che ha avuto
una grande visibilità e risonanza mediatica, anzi “spinta” mediatica,
come se per il centrosinistra fosse l’unica via, o comunque la più
feconda rispetto a un congresso con pochi fuochi d’artificio di un
partito ammaccato come il Pd.
Il punto però, scusate la semplicità e la brutalità del ragionamento, è che questo listone è un’illusione ottica. Perché non ci sono interlocutori disponibili fuori dal Pd. Né “a destra” né “a sinistra”, almeno per ora. Anzi, proprio ora, i potenziali interlocutori stanno mettendo le basi per un percorso che rifiuta l’idea di una lista comune col Pd. Sentiamo ad esempio che dice Benedetto della Vedova, neo eletto segretario di +Europa, lista che, a rigor di logica, dovrebbe essere il primo interlocutore del manifesto: “La nostra direzione di marcia è andare come +Europa, abbiamo dati confortanti dai sondaggi, e l’obiettivo non è impossibile.