Continuano a far discutere le parole di Guy Verhofstadt, che in un discorso al Parlamento Europeo ha definito il premier Conte “un burattino mosso da Salvini e Di Maio”. “Se Conte è stato criticato è perché l’Italia non conta più niente”, commenta Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio e candidato alla segretaria del Pd, in diretta a Circo Massimo, su Radio Capital.
“Colpa della Lega”, “No, colpa nostra!”. Il mea culpa Cinque Stelle e la retromarcia su tutto.
Come superare la crisi? Puntando i piedi sul Tav e facendo decidere dalla piattaforma il processo per Matteo Salvini ma ben il 73% dei grillini condannano i leader alla responsabilità politica della crisi elettorale.
Dopo i precedenti sondaggi, all’indomani del naufragio abruzzese, anche Masia ad Agorà evidenzia il “sì” al processo per Dibba e Gigino, passando da Casaleggio e don Beppe. Il 73% del popolo grillino dichiara che la Lega non c’entra nulla e solo il 22% ritiene che, l’averla assecondata, possa aver nociuto nelle urne. Dopo la richiesta agli abruzzesi della restituzione dei soldi pentastellati, Beppe Grillo fa pensare che lecitamente chi li ha percepiti aveva un impegno, votare. Qual è la differenza con un contributo che qualsiasi candidato può pensare di dare per accrescere il consenso? Nessuna ed un po’ come introdurre l’intermediazione sugli appalti evitando, così, che senza legge possa esser ancora considerata tangente. A proposito di tangenti ed a proposito di Tav. I Cinque Stelle sono contrari per l’analisi costi/benefici o per le consulenze che per Dibba sarebbero le nuove bustarelle?
La sconfitta abruzzese impone al M5s una
riflessione. La apre il capo politico Di Maio annunciando che presenterà
proposte da sottoporre a referendum. Ma intanto avanza qualche spunto
di diagnosi per mettere a fuoco le ragioni della sconfitta. In sintesi sarebbero tre le carenze del Movimento. La prima riguarda la scarsa cura del territorio per le elezioni amministrative, così come invece il Movimento ha fatto alle Politiche in modo vincente. La seconda è la mancanza di una organizzazione, nazionale e locale, quindi di una classe dirigente. La terza è l’impegno sul territorio del governo e dei parlamentari.
Roma, 14 febbraio 2019 – Il Movimento subirà una trasformazione profonda, annunciata da Luigi Di Maio,
ma non tutti, dentro il Movimento, sanno realmente di che cosa si
tratterà: “Dopo due giorni di conclave – racconta un’alta personalità
grillina – la svolta sembra essere quella di buttare alle ortiche quello che per Gianroberto (Casaleggio, ndr) era un dogma: mai alleanze con nessuno…”. Insomma, dopo il ‘contratto di governo’ con la Lega,
il Movimento sembra avviarsi a prossime alleanze anche sul territorio
locale. E, di certo, non solo. Il ministro per i Rapporti con il
Parlamento, Riccardo Fraccaro, però, sembra non essere del tutto convinto della prossima rivoluzione stellata. Per lui le batoste elettorali
locali sono da imputare a una “cattiva comunicazione” sui risultati
ottenuti soprattutto al governo: “Quando i cittadini lo capiranno – ha
spiegato ieri – sono sicuro che le cose miglioreranno”. “Partiamo da una
certezza – riflette il capogruppo alla Camera, Francesco D’Uva –
in poco tempo siamo riusciti a fare grandi cose per il nostro Paese e
per tutti i cittadini. È giusto fare una riflessione e pensare a
qualcosa di nuovo che possa dare continuità al cambiamento che stiamo
portando avanti insieme. Senza nessun timore”.
Ancora una notte violenta a Roma. Paura e
scene di guerriglia al rione Monti intorno alle 21. Fuori da un locale
di via Leonina è scoppiata una rissa tra tifosi, forse della Lazio e del
Siviglia. Almeno una quarantina i giovani coinvolti. E poi, secondo il
racconto di alcuni testimoni, la spedizione prima dentro un pub e poi la
caccia ai rivali che cercavano di nascondersi dentro ristoranti e
birrerie. Sui ferimenti indaga la Digos che sta cercando di capire la
dinamica del raid e di individuare i partecipanti alla aggressione e la
loro eventuale appartenenza a frange estreme della curva Nord.
Roma, assalto ai tifosi del Siviglia: le immagini dell’attacco riprese dall’alto
ROMA – Era stata pensata
soprattutto per permettere di andare in pensione con qualche anno di
anticipo ai lavoratori precoci del Nord Italia, logorati da una lunga
attività, e invece sono i dipendenti pubblici a precipitarsi su quota
100. Delle 42.397 domande finora arrivate all’Inps 16.510 vengono dal
settore privato, 13.950 dal pubblico. Una differenza modesta, con una
proporzione che non rispecchia i numeri assoluti, dal momento che i
dipendenti pubblici sono poco più di 3 milioni, quelli privati quasi 15:
“È abbastanza sorprendente che sia il pubblico impiego che chiede di
accedere alla misura, se le domande dovessero aumentare potrebbero anche
essere congelate”, osserva Antonio Schizzerotto, sociologo, professore
emerito all’Università di Trento, da sempre attento studioso delle
disuguaglianze nella società.
Il lampo negli occhi era quello di Nicolae Ceau?escu quando, affacciandosi al balcone per il consueto bagno di folla, si accorse che la medesima tonitruava invece di idolatrarlo. Sgomento, incredulità. Il viso girato verso gli assistenti di studio e la platea silente. Poi la frase: “Oggi non applaudite nessuno? Non vi hanno fatto il gesto?”.
C’è da capirlo, Alessandro Di Battista. Per motivi di format, #dimartedì contempla una media applausi/minuto tra le più alte del mondo. Il pubblico termina le serate con le mani ustionate. La par condicio nei confronti degli ospiti è esercitata attraverso una ritmica in quattro quarti che ricorda certe canzoni di Donna Summer. Ma a lui, l’altra sera no. In una sorta di segno dei tempi che potremmo definire la “poetica del mobbasta”.
Perché vale tutto, per carità, siano qui per questo, battiamo le mani anche alla pubblicità o, come ipotesi estrema, perfino a Mario Giordano.
È questione di giorni, forse di ore: uno degli ultimi
bastioni del socialismo europeo potrebbe cadere. Pedro Sánchez è sul
punto di cedere, il parlamento ha bocciato la sua manovra economica e il
leader socialista è pronto a convocare elezioni anticipate. Un elemento
di instabilità in un Paese che solo qualche giorno fa ha cercato di
inserirsi nell’asse franco-tedesco che guida l’Unione europea.
La data ufficiale non c’è ancora, la deciderà, Costituzione alla mano lo stesso premier, l’annuncio dovrebbe arrivare domani al termine del Consiglio dei ministri, ma al congresso dei deputati di Madrid si fanno scommesse con una certa sicurezza: la Spagna potrebbe tornare alle urne già il 28 aprile. Il calendario mette molti ostacoli, visto che esattamente un mese dopo i cittadini saranno chiamati a votare per Municipali e Regionali (in quasi tutte le comunità autonome), oltre ovviamente alle Europee. Un intasamento che porterebbe ad escludere il «super domingo» elettorale, auspicato dalla destra, in testa il Partito popolare che cerca di fare il cappotto, grazie alla nuova alleanza con i nazionalisti di Vox e l’appoggio di Ciudadanos.
Una black list per i turisti indisciplinati, quelli che
non rispettano la Cittá eterna e le sue grandi bellezze. In una parola: i
vandali dei monumenti capitolini, tesori unici al mondo, mai abbastanza
tutelati. Per loro la sindaca di Roma Virginia Raggi sta pensando a un
daspo urbano, simile in tutto e per tutto a quello previsto per i tifosi
di calcio intemperanti. Da mettere a punto in accordo con le
ambasciate. Obiettivo: non far tornare nella Capitale i barbari delle
vacanze romane senza freni, o comunque tutti coloro che per un motivo o
per l’altro, dalla bravata da riprendere sui social oltre confine
all’euforia per la vittoria o la sconfitta della propria squadra del
cuore, vandalizzano un tesoro dell’Urbe.
Come non ricordare il danneggiamento della Barcaccia in piazza di Spagna di fronte alla scalinata di Trinità dei Monti ad opera dei tifosi del Feyernord qualche anno fa, nel 2015?
La Barcaccia ancora protagonista di atti barbarici
La Commissione europea vuole «chiarimenti» dall’Italia sulla Tav. Ma non tanto sulla metodologia utilizzata nell’analisi costi-benefici: la stessa commissaria Violeta Bulc ha definito la relazione «non necessaria». Nell’incontro programmato per oggi, i funzionari Ue faranno un paio di domande molto «politiche» ai tecnici del ministero dei Trasporti. Interrogativi che poco hanno a che fare con gli aspetti tecnici della relazione prodotta dal team coordinato da Marco Ponti.
L’Italia vuole andare avanti con l’opera oppure no? Quando sarà presa la decisione del governo? In base alle risposte (che probabilmente non arriveranno oggi, e a Bruxelles ne sono ben consapevoli) si apriranno due scenari. Il primo: si va avanti con l’opera, ma bisognerà riscrivere il «Grant agreement», l’accordo di finanziamento firmato nel 2015. Nel documento visionato da La Stampa sono infatti elencate una serie di scadenze (al più tardi al 31 dicembre 2019) che certamente non saranno rispettate. Secondo scenario: il progetto viene archiviato definitivamente e si apre il confronto sui soldi da restituire, sulle penali da versare e sulle ulteriori conseguenze che non sono state quantificate in termini economici nella relazione tecnico-giuridica, ma che sono incluse nell’accordo di finanziamento. L’Italia rischia infatti di essere esclusa per i prossimi cinque anni da tutti i programmi finanziati con i fondi Ue.