ugo magri roma
Non ci si comporta così con i nostri vicini. Oltre che sbagliato, immischiarsi nelle loro vicende interne è contro i nostri stessi interessi, ci fa danno. Prima di mettersi in posa con i gilet gialli, un ministro come Luigi Di Maio avrebbe dovuto interrogarsi sulle conseguenze per l’Italia. Adesso bisogna rimediare di corsa. Anzi, «immediatamente»: è l’espressione esatta, ultimativa, che viene recapitata al governo direttamente da Ciampino, dove Sergio Mattarella sbarca a sera dopo dieci ore di volo senza scalo da Luanda, nel cuore dell’Africa. Nella mattinata aveva tenuto un discorso al Parlamento dell’Angola, Paese ricco di potenzialità e di materie prime. Mai avrebbe immaginato che esplodesse, mentre lui era in viaggio, una crisi diplomatica da cui rischiamo di uscire bastonati.
Per carità di patria, il presidente evita pubbliche reprimende. Ma fonti del Quirinale manifestano informalmente «grande preoccupazione» per l’accaduto. Rendono pubblico lo sconcerto della massima carica istituzionale che già nei giorni scorsi, quando Di Maio e Di Battista si erano scatenati contro il «franco coloniale», era stata sul punto di far sentire la sua voce. «Va ristabilito immediatamente un clima di fiducia con i Paesi amici e alleati», scandiscono i collaboratori di Mattarella. Lo strappo con Parigi dev’essere ricucito. Anzi, di più: «I consolidati e preziosi rapporti di amicizia e collaborazione con la Francia vanno difesi e preservati». Destinatario del diktat presidenziale è anzitutto il premier, che nel pomeriggio aveva cercato di nascondere l’imbarazzo minimizzando (senza successo) l’incidente con la Francia; e poi il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, con il quale Mattarella ha stabilito un rapporto di fiducia assai stretto.