Quello
che inquieta nel caso di Giulia Sarti non è il contenuto delle foto che
ritraggono la politica grillina in pose hard, e neppure che questi
scatti si siano diffusi rapidamente in tutto il Web, terra di Far West e
di ipocrita libertà.
No, questi aspetti, sia pure disdicevoli, riguardano la
sfera privata della signora Sarti ed eventualmente la magistratura se
mai pensasse di avere potere e capacità di fermare con la forza la
diffusione di immagini non autorizzate nella Rete dentro la quale anche
siti stranieri e pirata hanno già in casa quegli scatti e forse anche di
più (belli i tempi delle foto stampate in unica copia e dei cassetti
chiusi a chiave).
Nel
giorno della manifestazione per il clima e l’ambiente, il 58% degli
italiani ritiene prioritario ed imprescindibile che l’impegno per il
cambiamento sia nel l’agenda politica dei governi ; il 37% più
pragmatico dichiarandolo importante ma da conciliare con le esigenze
dello sviluppo economico ed un residuale 5% lo sottovaluta
considerandolo non prioritario.
Questo quanto emerge dal sondaggio di Demopolis.
I più interessati all’argomento appaiono gli elettori grillini con il
proprio 67% di interesse, seguono i democratici per il 60% di questi ed
il 48% dei leghisti. Se non si trova una sintonia neanche
sull’ambiente, quasi il 20% in meno l’interesse dell’elettorato
salviniano rispetto a quello pentastellato questo è nettamente
scavalcato dai consensi registrati. La Lega continua la sua supremazia,
su tutti, con un tondo 33% contro il 22.8 dei Cinque Stelle.
Il dato ancor più preoccupante non è solo legato alle differenze
rispetto al marzo 2018 (Lega più del 17 ed oggi, secondo Demopolis, a
pochi decimi dal raddoppio rispetto ai 10 punti in meno dei grillini) ma
dalla caduta netta negli ultimi trenta giorni. In un mese i
pentastellati, un po’ per la vicenda “Diciotti”, un po’ per Tav, un po’
per la sconfitta in Sardegna ed Abruzzo, riescono a lasciare per strada
ben 3 punti percentuali li stessi che invece conquista il Pd,
raggiungendo il 20.2%, e riducendo, tra febbraio e marzo, la differenza
con i grillini da circa 8 punti agli attuali 2.6%.
L’attacco ha causato la morte di circa 50
persone e il ferimento di altre 27. Ad aprire il fuoco è stato un
commando di cui hanno fatto parte 3 uomini e una donna. Uno degli
attantatori ha deciso di “raccontare” sui social, in diretta, l’attacco.
Nelle immagini un uomo parla davanti alla videcoamera mentre guida e
impugna un’arma. Poi mostra il suo arsenale nel bagagliaio e inzia a
sparare. La sua fuga però dura poco e la polizia arresta in pochi minuti
l’attentatore. Si tratta di Brenton Tarrant, 28 anni. Prima della
strage ha pubblicato una sorta di manifesto razzista e suprematista. Le
sue parole sono chiare: “Mi sono ispirato a Breivik”. Nel manifesto
pubblicato online (insieme al video della strage)
lo stesso attentatori spiega i motivi dell’attacco: “Ho letto gli
scritti di Dylann Roof e di molti altri, ma ho tratto vera ispirazione
dal cavaliere giustiziere Breivik”, scrive Tarrant nel documento,
intitolato “The Great Replacement”.
La mossa che ha colto tutti di sorpresa, su entrambe
le sponde della Manica, è arrivata ieri mattina via Twitter. L’autore è
Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo. Per la prima volta un
esponente Ue ha aperto esplicitamente all’ipotesi di estendere i
negoziati per la Brexit oltre il 29 marzo. Finora tutti si erano
trincerati dietro il diplomatico «prima ce lo devono chiedere i
britannici». Tusk invece ha fatto il primo passo. Doppio. Non solo ha
detto che i leader devono essere «aperti» a una proroga, ma ha anche
specificato che questa potrebbe essere «lunga».
Si tratta di una presa di posizione che potenzialmente rischia di incrinare il fronte dei 27, finora granitico su questo dossier. I leader non hanno mai discusso della questione e molti di loro restano contrari all’ipotesi del rinvio lungo per una serie di ragioni. Lo hanno fatto sapere, per esempio, i belgi e i lussemburghesi. Ma i destinatari del suo messaggio non erano i 27, bensì i britannici. Con quest’uscita, Tusk ha cercato in qualche modo di «spaventare» i Brexiters. Implicitamente ha fatto capire che l’Ue, in assenza di un accordo, è disposta a rinviare la Brexit di diversi mesi, in modo da lasciare il tempo per nuove elezioni o addirittura un secondo referendum (il polacco non ha mai nascosto questo suo desiderio). In altre parole, così facendo Tusk ha sostanzialmente offerto un assist a Theresa May, consentendole di avere qualche chance in più la prossima settimana. Quando per la terza volta cercherà un sostegno parlamentare all’accordo di uscita negoziato con Bruxelles.
Stupendi tendaggi, stupendi divani, stupendi lettini e teli da mare: ma se lo Stato incassa di concessione mensile per il «Twiga» di Flavio Briatore quanto costa una sola giornata (e mezzo) d’affitto di un solo «Presidential Gazebo» sulla spiaggia non è un po’ poco? Dirà lui: offrire il lusso è un lusso. Costa. Giusto. Anche l’area di Forte dei Marmi e Marina di Pietrasanta, però, dovrebbe costare. O no?
L’abbronzatissimo imprenditore dai mocassini rossi, in realtà, non è il bersaglio esclusivo
delle denunce di Angelo Bonelli, coordinatore dei Verdi. Anzi. È solo
il caso simbolo, per i prezzi altissimi del suo stabilimento balneare
(di cui è socia Daniela Santanchè), di una stortura contro la quale gli
ambientalisti danno battaglia da anni. Vale a dire la riluttanza dei
governi italiani a applicare davvero la «direttiva Bolkestein», la legge
europea del 2006 che in nome della concorrenza prevede tra l’altro la
messa a gara delle concessioni balneari. Legge recepita obtorto collo
(con proroga allegata) dall’ultimo governo Berlusconi nel 2010 ma
contestatissima (e se i grandi gruppi spazzassero via i titolari dei
«bagni» storici?) non solo in Italia ma anche, ad esempio, in Francia e
in Spagna.
Il reddito di cittadinanza e
quota 100, più volte annunciati e finanziati con la legge di bilancio
del 30 dicembre, sono regolati da un decreto legge del 28 gennaio. Ma
quest’ultimo è ancora alla Camera per essere convertito in legge. Per
diventare realtà, bisognerà, poi, che passi sotto le forche caudine
delle amministrazioni statali e regionali.
È dal momento della sua
costituzione che il governo annuncia una revisione del codice dei
contratti pubblici. Sulle modifiche ha anche svolto una consultazione
pubblica. Aspettiamo ora che venga presentato al Parlamento un disegno
di legge di delega, che dovrà essere approvato e seguito dai decreti
delegati. Alle nuove procedure, poi, dovrà abituarsi un’amministrazione
oggi intimorita dai troppi controlli, indebolita dall’assenza di tecnici
e «sfiduciata» dal governo.
Il governo si divide sulla famiglia tradizionale: da una parte c’è la Lega che parteciperà all’iniziativa World Congress of Families a Verona, dall’altra il M5s che parla di “ritorno al Medioevo”. E ora Palazzo Chigi ha chiesto una verifica sulla concessione del patrocinio autorizzato autonomamente dagli uffici del ministero della Famiglia. In particolare viene chiesto di verificare se persiste il fine non lucrativo della manifestazione.
Il governo gialloverde si divide
– “Tra azioni cattoliche e non, sono in molti che mi stanno scrivendo
per dire che l’evento non rappresenta la loro concezione di famiglia.
Poi, ognuno va agli eventi che vuole, ma non ci vado io”, ha affermato
Di Maio, riferendosi al socio di governo Matteo Salvini che invece ha
dato la sua adesione. “La nostra idea di famiglia – incalza il
pentastellato Stefano Buffagni su Facebook – è diversa da quella che
andrà in scena a Verona tra qualche settimana e che sembra piacere a una
certa destra”. Secondo il sottosegretario “loro vogliono donne
dimesse, chiuse in casa a fare le madri, donne che non lavorano. Questo
io lo chiamo Medioevo. Per il Movimento 5 Stelle le donne devono
essere emancipate, felici, indipendenti. Guardiamo avanti, non
indietro”.
Era un sistema diffuso di scambio di voti, favoritismi e promesse di posti di lavoro quello che a Termini Imerese (Palermo) era stato messo in piedi per condizionare due competizioni elettorali: le regionali del 2017 e le comunali dello stesso anno. Al culmine di un’inchiesta la Procura ha emesso 96 avvisi di conclusione indagini per assessori, deputati, sindaci e amministratori comunali. Tra gli indagati anche l’ex governatore Totò Cuffaro, scarcerato nel 2015.
Con lui sono indagati anche l’assessore regionale territorio, Toto
Cordaro; il capogruppo all’assemblea regionale di “Diventerà Bellisima”
(lista che fa capo all’attuale Governatore Nello Musumeci) Alessandro
Aricò; gli ex coordinatori della Lega in Sicilia Alessandro Pagano e
Angelo Attaguile; il candidato (non eletto) del Pd alle regionali,
Giuseppe Ferrarello; il sindaco di Termini Imerese, Francesco Giunta,
sostenuto da uno schieramento di centrodestra. Tra gli indagati anche
Loredana Bellavia, che quando il caso è esploso si è dimessa da
assessore comunale.
Nicola
Zingaretti sta lavorando ormai da due-tre giorni al suo discorso di
insediamento ufficiale da segretario per l’Assemblea nazionale di
domenica. Vuole dare sin dall’inizio l’idea di un partito che cambia
pelle, che vuole ritornare al centro del dibattito pubblico e in
sintonia con il suo ‘popolo’. I temi saranno quelli che hanno
accompagnato la sua campagna congressuale e, a questo proposito, sarà
una coincidenza fortunata per lui la presenza domani di due importanti
manifestazioni a Roma.
Il neo segretario parteciperà infatti in
mattinata a quella dei lavoratori edili in piazza del Popolo, mentre
manderà un messaggio di sostegno al Global strike for future, la
giornata di mobilitazione degli studenti per il clima nata su iniziativa
della sedicenne svedese Greta Thunberg, alla quale lo stesso Zingaretti
ha dedicato la sua vittoria alle primarie. Un incrocio che esprime bene
la priorità che il nuovo Pd vuole dare allo sviluppo sostenibile, alla
priorità da assegnare alle opere per la sicurezza del territorio e per
l’adattamento ai cambiamenti di climatici, a quei principi di giustizia
sociale e sostenibilità ambientale che devono essere “i contorni di una
nuova identità che può riconquistare questo Paese”.
Commons votes 412 to 202 to approve a motion to seek to extend the #Article50 period.
This extension will be until 30 June 2019 if the #BrexitDeal is approved by 20 March 2019.
It notes that if a deal is not approved, the length of the extension will depend on its purpose.
Passa al Parlamento britannico la mozione chiedere un rinvio della
Brexit. I Comuni hanno appoggiato con uno scarto di 210 deputati – 412
contro 202 – la mozione del governo sulla richiesta di un rinvio breve
della Brexit e un terzo tentativo di ratifica dell’accordo proposto
dalla premier. Nella mozione, il governo di Theresa May ha fissato la
data del 20 marzo come termine massimo entro il quale tenere un terzo
voto di ratifica del suo accordo sulla Brexit. Il testo prevede che se
il Parlamento approva l’accordo entro mercoledì prossimo, il governo
chiederà alla Ue un rinvio al 30 giugno della data di uscita (oggi
fissata al 29 marzo). Ora però la parola passa al Consiglio europeo:
affinché sia concesso, servirà l’unanimità.