Archive for Gennaio, 2020

Messina, sequestro da dieci milioni di euro al “re” dei videopoker legato ai clan

giovedì, Gennaio 9th, 2020

di SALVO PALAZZOLO

Dagli anni Novanta è un manager attivissimo nel settore del gioco, a Messina. Un tempo, si occupava di bische. Poi, è passato ai videopoker. Domenico La Valle, 59 anni, è ritenuto il braccio imprenditoriale del clan Trovato, che opera nella zona Sud della città. Le indagini del nucleo di polizia economico finanziaria, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia diretta da Maurizio de Lucia, hanno portato a un decreto di sequestro per l’imprenditore. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale della città dello stretto. Riguarda gli investimenti messi in atto dal “re” del gioco negli ultimi anni: società di noleggio di videopoker, sale giochi, un distributore di carburanti e diversi immobili intestati ai familiari.

Già vent’anni fa, La Valle era finito al centro di alcune indagini. Ma era uscito sempre assolto, fino al processo concluso nel febbraio 2018, l’anno successivo la sentenza è stata confermata in appello: 13 anni di carcere, per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, violenza privata, gioco d’azzardo, usura, lesioni e per tutta una serie di reati fiscali.

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Libia, la lettera di Di Maio: “È vero, siamo in ritardo ma l’Italia può avere un ruolo solo se sa fare squadra”

giovedì, Gennaio 9th, 2020

di LUIGI DI MAIO

Gentile Direttore,
gli eventi degli ultimi giorni rischiano di cambiare irrimediabilmente il destino della regione mediorientale. Le milioni di persone che hanno riempito le piazze iraniane per celebrare la scomparsa del generale iraniano Kassem Soleimani sono il segno tangibile di un caos in cui incidono variabili articolate e complesse, in una cornice peraltro in cui l’onda lunga delle Primavere arabe ha ancora un peso determinante. Lo dimostrano i giovani iracheni che hanno occupato Piazza Tahrir il 25 ottobre. Lo dimostrano i giovani libanesi che scendono in strada da mesi.

Il raid Usa e la violenta risposta di Teheran, che l’Italia condanna con forza e che mette in pericolo la stessa incolumità dei nostri militari impiegati nella Coalizione anti-Daesh, rischiano oggi di aprire una crepa insanabile. Al contempo, gli sviluppi sul terreno in Libia e il recente bombardamento all’Accademia militare di Tripoli ci riportano a scenari di una familiarità inquietante, seppur in forme e contenuti diversi.

Dopo anni di immobilismo e difficoltà del sistema Italia, siamo di fronte a un bivio importante. Lo straordinario lavoro dei nostri tecnici, del corpo diplomatico, del personale militare e dei nostri apparati di intelligence è fuori discussione. Più discutibile è, invece, la capacità mostrata dalla politica nel saper integrare e mettere a sistema queste qualità e competenze. Credo sia giunto il momento di guardare avanti e pianificare, poiché il bivio in questione proietta una scelta chiarissima davanti a noi: o iniziamo a fare squadra, oppure ci relegheremo in un angolo senza via d’uscita.

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Gb, Harry e Meghan rinunciano allo status di reali | La Regina “ferita” e irritata dall’uscita a sorpresa

giovedì, Gennaio 9th, 2020

Il principe Harry e Meghan Markle hanno deciso di rinunciare al loro “ruolo senior” di membri della famiglia reale britannica per avere maggiore “autonomia finanziaria” nelle loro attività pubbliche e di beneficenza. L’annuncio è stato dato dai duchi di Sussex sul loro profilo Instagram. Come anticipato dai tabloid inglesi, nel prossimo futuro i due divideranno il loro tempo “fra il Regno Unito e il Nord America”.

Buckingham Palace “ferita” frena: discussione allo stato iniziale L’annuncio sembra aver gettato nel caos Buckingham Palace, che frena e parla di discussioni “allo stato iniziale”. In una seconda nota, firmata dalla vice responsabile comunicazione della regina, Hannah Howard, si legge: “Le discussioni col Duca e la Duchessa di Sussex sono in una fase iniziale. Comprendiamo il loro desiderio di un approccio diverso, ma queste sono questioni complicate e richiedono tempo per essere elaborate”. Ma c’è di più in realtà: la famiglia reale sarebbe stata “ferita” dall’annuncio a sorpresa del passo indietro di Harry e Meghan rispetto al loro status di “membri senior” dei reali britannici, riporta la Bbc online citando fonti non identificate.

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Conte vede Haftar, l’ira di Tripoli, poi voci e smentite su Sarraj rapito

giovedì, Gennaio 9th, 2020

di Fiorenza Sarzanini

Conte vede Haftar, l'ira di Tripoli, poi voci e smentite su Sarraj rapito

Doveva essere il giorno della svolta per la mediazione italiana, si è trasformato in un disastro di portata internazionale. Perché il doppio incontro programmato a palazzo Chigi dal premier Conte con il presidente libico Al Sarraj e il generale Khalifa Haftar aveva come obiettivo una mediazione storica tra le parti in conflitto. E invece è stata proprio la scelta di invitarli entrambi, ma soprattutto di ricevere prima il generale, a provocare l’ira di Sarraj che ha annullato la missione nella Capitale e direttamente da Bruxelles è tornato nel proprio Paese. Una situazione di confusione assoluta, complicata dalla notizia che arriva in serata: «Sarraj prelevato da una milizia all’aeroporto di Maitiga dopo il rientro a Tripoli da Bruxelles». Nel tweet diffuso dall’esercito di liberazione libico di Haftar si parla di «arresto o rapimento». Ma poi arriva la smentita.

L’invito a Roma

Tutto da rifare dunque, ma adesso il problema riguarda anche la credibilità dell’Italia che si era proposta come guida della missione ed è finita al centro di polemiche e accuse.

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Il discorso di Trump sull’Iran e la strategia Usa in tre punti: la “tregua” militare (ma solo a certe condizioni)

giovedì, Gennaio 9th, 2020

di Giuseppe Sarcina, corrispondente da Washington

Il discorso di Trump sull'Iran e la strategia Usa in tre punti: la 'tregua' militare (ma solo a certe condizioni)

Tregua militare. Donald Trump annuncia al Paese e al mondo che gli americani non risponderanno con le armi all’attacco iraniano dell’altra notte contro le basi in Iraq. Il presidente, parlando in diretta tv, ha invece illustrato una strategia su tre punti.
Primo: continua la massima pressione su Teheran. «Imporremo nuove e massicce sanzioni economiche sull’Iran».
Secondo: coinvolgimento delle altre potenze mondiali, in particolare le quattro che con gli Usa hanno firmato nel 2015 l’accordo sull’atomica con il Paese degli ayatollah. «Germania, Francia, Russia e Cina devono rendersi conto che quell’intesa è pessima e va rinegoziata».
Terzo: esplicita offerta di dialogo diretto con «i leader» iraniani.

«Gli Stati Uniti sono il Paese militarmente ed economicamente più forte del mondo. Ma non significa che noi dobbiamo usare questa forza. Se l’Iran cambia il suo comportamento, noi siamo pronti ad abbracciare la pace». L’amministrazione Trump, dunque, ferma la pericolosa escalation del Medio Oriente, valorizzando la sostanza politica dei segnali in arrivo da Teheran: «L’Iran si sta frenando.

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Le tensioni e il sollievo

giovedì, Gennaio 9th, 2020
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di   Massimo Gaggi

disegno di Solinas
disegno di Solinas

La preghiera di Nancy Pelosi, la leader della Camera Usa che dopo l’attacco missilistico iraniano contro una base Usa in Iraq aveva temuto il peggio, è stata esaudita: Donald Trump e Ali Khamenei continuano a usare linguaggi estremamente minacciosi, ma i comportamenti, per ora, sono quelli di due Paesi consapevoli di non avere nulla di guadagnare da una guerra totale. Il presidente americano, ossessionato dal timore di apparire debole davanti al suo elettorato, vuole mostrarsi duro, ma non ha interesse ad affrontare la campagna elettorale con centinaia di migliaia di soldati Usa inchiodati sui campi di battaglia del Medio Oriente. Gli ayatollah, furenti per l’eliminazione del popolarissimo generale Soleimani, sanno che potrebbero scatenare una guerra disastrosa per tutti, ma che non potrebbero vincerla. Continuano, così, a minacciare vendette tremende, ma hanno costruito la loro rappresaglia in modo da massimizzare l’effetto sull’opinione pubblica interna — lo spettacolare lancio notturno di 15 missili balistici — minimizzando il rischio di innescare reazioni a catena incontrollabili.

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Le basi attaccate in Iraq: «Sono stati i Patriot a salvare gli italiani»

giovedì, Gennaio 9th, 2020

di Lorenzo Cremonesi. inviato a Bagdad

Le basi attaccate in Iraq: «Sono stati i Patriot a salvare gli italiani»

«Sono stati i missili antimissile Patriot americani a salvare la zona dell’aeroporto di Erbil, dove stanno le basi di parte della coalizione internazionale. I soldati americani erano l’obiettivo dei missili balistici iraniani. Ma anche quelli italiani avrebbero potuto rimanere vittime». Quello che è forse il capitolo più drammatico per gli italiani del racconto relativo all’attacco missilistico iraniano ieri mattina alle 2 (mezzanotte in Italia) contro le basi e gli interessi americani in Iraq ci viene spiegato da Raed Abu Ayman, giovane interprete residente a Erbil, che in passato ha lavorato con i militari italiani e oggi è impiegato in loco da un’organizzazione umanitaria di Roma. «Come ben sapete, la base americana si trova a meno di 500 metri da quella italiana. Noi in città abbiamo udito nettamente il rombo della partenza dei Patriot americani, almeno due, se non tre. Subito dopo il missile iraniano è caduto in pezzi a una distanza di circa uno o due chilometri dal perimetro della base italiana», racconta. Una versione che viene ascoltata con un frettoloso «no comment» dai portavoce militari sia italiani che dell’intera coalizione internazionale.

In verità, è dalle ore appena seguenti il blitz americano sei giorni fa contro il leader iraniano delle brigate Quds, Qassem Soleimani, e il dirigente delle milizie sciite irachene pro-Teheran, Abu Mahdi al Mohandes, che i vertici militari italiani si sono adeguati all’ordine dei comandi americani di evitare contatti con i giornalisti.

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Perché l’Emilia-Romagna è la cerniera d’Italia

giovedì, Gennaio 9th, 2020

di Marco Belpoliti

Non sono in molti a farci caso, perché nelle cartine geografiche appese a scuola la Penisola sembra dritta, quasi verticale; in realtà è più inclinata di quanto venga raffigurata, e in questa piccola pendenza l’Emilia-Romagna è la regione cerniera. Sebbene situata al di qua dell’Appennino, la vera spina dorsale del Paese, luogo oggi abbandonato da tutti, questa regione dal doppio nome è la zip che unisce o separa, a seconda dei casi, l’Italia.

Lì è nato il socialismo, la cooperazione e poi il Fascismo, lì la Resistenza è durata almeno altri tre anni dopo il 25 aprile 1945, lì è nata la Democrazia cristiana riformista e keynesiana e il monachesimo di don Giuseppe Dossetti, lì è sorto il nucleo fondatore delle Brigate Rosse e lì il terrorismo nero ha colpito in profondità facendo esplodere la stazione del suo capoluogo.

Una regione doppia, collegata da un segno paragrafrematico, la lineetta o trattino lungo, che unisce due realtà territoriali e storiche assai diverse. La prima, l’Emilia, Aemilia, nasce da una strada che il console Marco Emilio Lepido crea nel 189 a.C. per collegare Rimini a Piacenza, un asse che è rimasto ancora oggi quasi identico nel suo tracciato, tanto da attraversare come una lancia i centri storici delle città edificate su antichi accampamenti romani, che si succedono le una alle altre con un ritmo identico. Dopo le guerre puniche i Romani hanno disegnato alla pianura, che si estende da un lato e dall’altro della via, attraverso il sistema della centuriazione, che essi usavano per colonizzare e distribuire le terre conquistate: un modo mediante cui lo Stato romano controllava la proprietà privata dei cittadini.

Matteo Salvini e la strategia per vincere in Emilia-Romagna

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Libia, Conte riceve Haftar: in serata vertice con Serraj

mercoledì, Gennaio 8th, 2020

Mauro Indelicato

Potrebbero essere le 24 ore più importanti degli ultimi mesi per la Libia. Si sapeva già, del resto, che qualche svolta importante sul dossier libico in questo 8 gennaio doveva arrivare.

Questo perché proprio oggi era in programma il bilaterale tra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan a margine dell’inaugurazione del TurkStream ad Istanbul. Un vertice poi regolarmente tenuto nella metropoli sul Bosforo, da cui è uscita una prima importante indicazione: un accordo per il cessate il fuoco da far valere almeno fino a domenica.

Ma mentre si aspettavano altre novità da Istanbul, è da Roma che sono arrivate altre importanti novità, questa volta non del tutto attese. Il generale Khalifa Haftar infatti, decollato poco prima dell’ora di pranzo da Bengasi, è atterrato nella capitale e nel primo pomeriggio ha visto il presidente del consiglio Giuseppe Conte.

L’uomo forte della Cirenaica, giunto a Roma con in tasca anche le ultime conferme sulla conquista di Sirte da parte del suo esercito, aveva anticipato a dicembre al ministro degli esterei Di Maio la sua volontà di essere ricevuto a Palazzo Chigi.

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Il discorso di Trump dopo l’attacco dell’Iran alle basi Usa: «Nessuna vittima per i raid, abbiamo tollerato Teheran troppo a lungo»

mercoledì, Gennaio 8th, 2020

di Chiara Severgnini

Il discorso di Trump dopo l'attacco dell'Iran alle basi Usa: «Nessuna vittima per i raid, abbiamo tollerato Teheran troppo a lungo»

«Nessuna vita americana o irachena è andata perduta grazie alle precauzioni adottate e al sistema di preavviso. Da troppo tempo le nazioni hanno sopportato le azioni distruttive dell’Iran. Quei giorni sono finiti». Queste le prime parole rivolte alla nazione, in diretta tv, dal presidente Usa Donald Trump dopo gli attacchi missilistici iraniani sferrati nella notte del 7 gennaio — attacchi in cui sono state colpite due basi militari irachene che ospitano i soldati Usa e internazionali. Il leader statunitense ha poi annunciato l’intenzione di applicare nuovi sanzioni.

Durante la notte, a poche ore dall’attacco, alla Casa Bianca c’è stata una prima riunione del consiglio di sicurezza nazionale Usa. I media Usa hanno in un primo momento riferito che il presidente avrebbe fatto un discorso alla nazione già nella notte, ma la notizia è stata in seguito ritrattata e Trump si è limitato a un tweet: «Va tutto bene! Missili lanciati dall’Iran a due basi militari in Iraq. Stiamo facendo una ricognizione dei danni e delle vittime. Abbiamo le truppe più forti e meglio equipaggiate al mondo!».

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