Archive for Gennaio, 2020

Donald e le armi a doppio taglio

lunedì, Gennaio 6th, 2020

Fausto Biloslavo

Il presidente americano Donald Trump è riuscito, nel giro di tre mesi, a lasciare campo libero a turchi e russi in Siria e a rischiare di farsi rimandare a casa dall’Iraq, dove gli iraniani la faranno da padroni, le aree più calde del Medio Oriente.

Un genio, solo nel caso sia un’innovativa strategia machiavellica per ritirarsi da posti rognosi senza annunciarlo e facendolo per cause di forza maggiore.

Il parlamento iracheno, su proposta del primo ministro, il nostro «alleato» Adil Abdul Mahdi, ha dato la luce verde al governo per sbattere fuori le truppe straniere dall’Iraq compresi i nostri soldati. L’eliminazione del generale Qassem Soleimani ha prodotto il primo disastroso effetto e non è l’unico. La coalizione alleata a guida americana con il quartier generale a Baghdad ha già sospeso il programma di addestramento delle truppe locali concentrandosi sulla difesa delle basi a stelle e strisce nel mirino della rappresaglia delle milizie sciite. E non combatte più contro i resti dello Stato islamico avendo altri pericoli da affrontare e trovandosi una bella fetta di forze armate irachene «alleate», di stampo sciita, inferocite per l’uccisione di un generale carismatico.

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“Via un grado di giudizio nel tributario”. Conte vuole far vincere facile le Entrate

domenica, Gennaio 5th, 2020

Gian Maria De Francesco

«Siamo molto ambiziosi, dobbiamo mettere mano alla giustizia tributaria. Il mio obiettivo è quello di ridurre un grado di giudizio, per la giustizia tributaria devono essere sufficienti solo due gradi».

Queste parole del premier Giuseppe Conte, durante la conferenza stampa di fine anno della scorsa settimana, non hanno suscitato particolari reazioni nell’opinione pubblica, restando confinate nel dibattito degli addetti ai lavori. In realtà, il progetto di riforma che il presidente del Consiglio ha delineato rischia di essere molto pericoloso per piccoli e grandi contribuenti che rischiano di essere sempre meno tutelati rispetto alle pretese di un fisco molto esoso.

La giustizia tributaria, come quella penale e civile, ha infatti tre gradi di giudizio: le commissioni tributarie provinciali (Ctp), le commissioni tributarie regionali (le Ctr che si occupano degli appelli) e, ovviamente, la Sezione tributaria della Cassazione che giudica la legittimità delle sentenze senza entrare nel merito. Poiché il ruolo della Suprema Corte non si può «cancellare» con un tratto di penna del Parlamento, in quanto legifererebbe in contrasto con le prescrizioni della Costituzione, è chiaro che Conte abbia implicitamente alluso alle commissioni tributarie regionali.

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I nuovi scenari del gas nel Mediterraneo

domenica, Gennaio 5th, 2020

Andrea Muratore

La partita internazionale del gas naturale è complessa e sempre più intricata. Se sul fronte eurasiatico negli ultimi tempi la Russia si sta consolidando come attore potenzialmente inscalfibile nel mercato dell’oro blu, avendo ottenuto una triplice espansione dei suoi gasdotti verso Cina, Germania e Europa Centrale, lo scenario più caldo resta quello del Mar Mediterraneo. Bacino strategico in cui si sovrappongono le istanze di diversi attori, unitamente alle residue volontà statunitensi di esercitare un contenimento alla proiezione gasiera russa nel contesto della “guerra fredda” in corso per il controllo di tale risorsa.

Nel Mediterraneo la questione è molto più complessa di quanto l’ipotesi base di uno scontro lineare Usa-Russia farebbe intendere. Nel Mare Nostrum si sovrappongono, infatti, le volontà politiche della superpotenza, aspirazioni e timori del Cremlino, istanze di nuovi attori desiderosi di trasformarsi in mercanti di pregiato gas naturale e interessi di Paesi, come l’Italia, che dell’oro blu sono voraci consumatori.

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Ucciso il boia iraniano E il governo tentenna

domenica, Gennaio 5th, 2020

Alessandro Sallusti

È notte quando Donald Trump rompe gli indugi e dà il via libera a una operazione preparata con cura, l’uccisione di Qassem Soleimani, generale iraniano e numero due del regime di Teheran.

Non stiamo parlando di un avversario politico ma di un uomo ritenuto, con tanto di prove, il più pericoloso esecutore delle trame terroristiche in tutto il Medio Oriente e di quelle contro l’Occidente. Il suo esercito personale, un reparto speciale del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, era inserito nella lista nera delle Nazioni Unite e ritenuto dal governo americano una forza di supporto al terrorismo islamico. Di recente disse di Trump: «Presidente, ti avverto: siamo vicini a te in luoghi che tu non puoi immaginare».

Questo lungo preambolo per dire di chi stiamo parlando, cioè di un macellaio di guerra – a un passo da avere la bomba atomica e per la cancellazione di Israele – responsabile direttamente e indirettamente della morte di centinaia di migliaia di persone e poco oggi importa che per interesse personale abbia aiutato le forze occidentali a distruggere lo Stato dell’Isis.

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Haftar fa il Trump. Raid aereo all’Accademia di Tripoli causa una strage

domenica, Gennaio 5th, 2020

La battaglia per Tripoli di Khalifa Haftar, divenuta una “guerra santa” per difendere la Libia da una preannunciata invasione turca, vive una delle sue pagine più sanguinose. Un raid aereo delle forze del generale contro l’Accademia militare di Tripoli ha causato una strage di cui non si conosce ancora del tutto la gravità: almeno una trentina di morti e altrettanti i feriti, ma il bilancio delle vittime potrebbe essere anche il doppio stando a quanto rivendicato dalla propaganda dell’uomo forte della Cirenaica.

Ci sarebbero almeno 28 morti e una ventina di feriti. Il Governo di accordo nazionale libico di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale ha chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite “per discutere delle atrocità e dei crimini di guerra di Haftar a seguito del raid aereo sull’Accademia militare di Tripoli”.

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Cercasi ministro degli Esteri a tempo pieno

domenica, Gennaio 5th, 2020

Se questo fosse un Paese normale, e il nostro fosse un Governo efficiente, e i capi dei partiti fossero responsabili, come pure ripetono di essere, oggi noi discuteremmo delle possibili dimissioni del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Questione non di punizione, per carità, ma di opportunità e sicurezza.

Il segretario di Stato Mike Pompeo, poche ore dopo l’assassinio del generale Qassam Soleimani, ha parlato, per spiegare le ragioni americane, con i ministri degli Esteri di diversi paesi alleati, europei inclusi. Ma ha escluso l’Italia. Un’omissione che nelle drammatiche circostanze di queste ore appare come una scelta gravissima, qualcosa che somiglia a un incidente politico. O no? La versione che informalmente arriva dalla Farnesina è che Pompeo ha chiamato i paesi con una rappresentanza nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma rimane comunque inspiegabile perché un alleato dell’importanza dell’Italia non sia stato contattato neanche informalmente – neanche Palazzo Chigi – né sia stato considerato nelle ore e nel giorno successivo.

Qui le domande diventano tante. Come mai non siamo entrati nella lista di Pompeo? Certo non sarà un svista – queste telefonate sono accuratamente preparate, persino nell’ordine in cui vengono fatte. Se non è una svista, sarà frutto di un incidente diplomatico occorso con gli Usa, di cui non sappiamo molto?

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Incendi in Australia: il bilancio sale a 24 morti, La regina Elisabetta: “Triste, grazie a chi rischia la vita per salvare le persone”

domenica, Gennaio 5th, 2020

SYDNEY – E’ salito a 24 morti il bilancio degli incendi di dimensioni senza precedenti che da settimane stanno devastando intere regioni dell’Australia. “I danni sono considerevoli”, hanno detto le autorità in una conferenza stampa dopo un altro giorno dominato da condizioni meteorologiche catastrofiche.

Centinaia di proprietà sono state distrutte e un uomo è morto mentre cercava di salvare la casa di un amico, mentre il Paese ha vissuto uno dei giorni peggiori sabato dall’inizio degli incendi a settembre: “Siamo in un territorio sconosciuto – ha affermato Gladys Berejiklian, Premier del Nuovo Galles del Sud -Diversi villaggi che non avevano mai conosciuto una minaccia di incendi boschivi rischiano di essere completamente annientati”.

Dichiarato lo stato di emergenza nel sud-est del continente insulare, la regione più popolosa, e venerdì è stato dato l’ordine a oltre 100 mila persone di evacuare tre stati. Ieri Sydney ha registrato temperature record, con 48,9 gradi registrati a Penrith, un sobborgo occidentale.

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Password di Stato, polemica sulla proposta Pisano: la ministra fa dietrofront

domenica, Gennaio 5th, 2020

“CON l’identità digitale noi avremo un’unica e sola user e password per accedere a tutti i servizi digitali della Pubblica Amministrazione”. Così la ministra dell’Innovazione Tecnologica e della Digitalizzazione Paola Pisano alla trasmissione Eta Beta di Radio 1 spiegava questa mattina in cosa consiste la rivoluzione digitale che ci aspetta. La ministra crede talmente nel sistema da ipotizzarne l’estensione anche ai siti privati o all’ecommerce. Parole che hanno incendiato i social, dove si è aperto un fronte di critiche focalizzate su privacy e sicurezza. Va bene la semplificazione, ma l’idea di una password di Stato preoccupa molti utenti che hanno espresso le proprie perplessità sui rischi di un Grande Fratello che possa spiarci tutti nel privato.

Paola Pisano‏ @PaolaPisano_Min

Vediamo di sgombrare il campo da ogni equivoco: l’identità digitale sarà rilasciata dallo Stato e servirà a identificare il cittadino in modo univoco verso lo Stato stesso. In futuro, per aziende e cittadini che lo vorranno, POTREBBE essere ulteriore sistema di autenticazione

Un allarme ingiustificato, secondo la precisazione arrivata poco dopo dal ministero:  “Nessuna nuova proposta, né nuova password di Stato. Il ministro Paola Pisano si riferiva alla Spid già usata da 5 milioni di italiani. L’intenzione da discutere con tutti gli interlocutori istituzionali competenti è solo quella di affidarne la gestione direttamente allo Stato”.

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Gli immigrati in Italia: che cosa dicono i numeri

domenica, Gennaio 5th, 2020
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di   Ferruccio de Bortoli |

Le immagini dei primi nati dell’anno sono commoventi. I neonati, in un Paese che invecchia, sono ancora più i benvenuti. Il primo nato a Torino è stato Hadega; a Brescia Youssef; in Calabria Harshita; in Liguria Daniel; in Friuli Venezia Giulia Amar; in Sicilia Mohammed; in Puglia Iuliana. Che cos’hanno in comune questi bimbi? Sono tutti figli di immigrati. L’Italia è il loro Paese. L’Unicef ha stimato per il giorno di Capodanno la nascita in Italia di oltre mille e duecento bimbi. Speriamo siano stati di più. Comunque uno ogni 39 cinesi. Questo articolo presumo non piacerà. Forse, alla fine, nemmeno al suo autore. Perché anche chi scrive vorrebbe non vivere la contraddizione italiana di temere l’immigrazione, specie se disordinata, e, nello stesso tempo, di averne razionalmente bisogno. E, dunque, rimuove il pensiero. Una sorta di tabù inconfessabile. Uno sdoppiamento consapevole della nostra personalità di cittadini. Aperti e disponibili verso lavoratori immigrati operosi, badanti e collaboratori domestici. Insostituibili, preziosi. Gli immigrati di cui conosciamo utilità e impegno sono i benvenuti. A loro concederemmo volentieri la cittadinanza, salvo opporci fermamente alla sola idea appena il discorso si sposta sul piano generale. Ma gli altri immigrati, indistinti, sconosciuti, che vediamo nelle strade e nelle piazze, non sono i benvenuti. Al di là dei buoni sentimenti e dello spirito solidale di cui è ricco per fortuna il Paese.

Scoprire di essere minoranza italiana nel vagone della metropolitana di una nostra città può suscitare un senso incontrollabile di estraneità. Normale. Lo scacciamo per buona educazione. La stragrande maggioranza degli imprenditori apprezza il lavoro degli immigrati che impiega. Sa che non potrebbe farne a meno. Ma nello stesso tempo non è raro vedere molti industriali o commercianti applaudire ai porti chiusi — che mai peraltro lo sono stati — e alla politica delle frontiere sigillate, alla Orbán. La porta serrata in faccia agli altri. Quelli che non si conoscono. Ma i propri bravi collaboratori sono lombardi, veneti, pugliesi, ormai da sempre.

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Conte: sulla crisi Usa-Iran ora parli tutta l’Europa. Il governo? Avanti come previsto

domenica, Gennaio 5th, 2020

Apparentemente defilato, tanto che ieri non era nemmeno a Palazzo Chigi, diviso fra i dossier di una verifica di governo che potrebbe slittare e la preoccupazione per un’escalation della situazione in medio Oriente che potrebbe anche coinvolgere i nostri soldati, dal Libano all’Iraq, Giuseppe Conte sta comunque tessendo una serie di contatti internazionali che dovrebbero interessare nelle prossime ore diversi interlocutori, da Angela Merkel al presidente dell’Iraq.

La posizione di Palazzo Chigi e del capo del governo è quella in primo luogo di sostenere «un ruolo unitario dell’Unione europea, che possa parlare con una voce sola» aumentando il peso specifico diplomatico del Vecchio Continente, che almeno ad oggi è apparso tagliato fuori, o comunque in seconda fila, rispetto all’iniziativa americana e alla reazione, per ora verbale, dell’Iran. [an error occurred while processing this directive]

Sulla prudenza della posizione italiana pesa, oltre che la necessità di non criticare in alcun modo l’alleato americano di cui abbiamo un fortissimo bisogno nello scenario libico, anche il nostro rapporto storico con l’Iran: non facciamo parte del gruppo di Paesi che conducono i negoziati sul nucleare, ma siamo da sempre espressione di un posizione di mediazione, di dialogo con il regime iraniano e anche di spinta verso una possibile riduzione delle sanzioni. Anche per questo forse non c’è stato finora alcun contatto fra Roma e Washington, a differenza delle telefonate che gli americani hanno fatto ad altri partner europei, fra cui Francia e Germania.

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