Da domani non basteranno le
citofonate ma serviranno i contenuti per riempire la lunga traversata
nel deserto che attende Matteo Salvini. E non basterà nemmeno
l’onnipotenza da leader monarchico della coalizione che pone veti sui
candidati altrui, cerca di imporre profili marcatamente leghisti e
oscura gli alleati di sempre. Ecco, il dato politico della tornata
elettorale di ieri ci consegna un re leghista, ridimensionato,
ammaccato, senza più la corona. Che non solo è stato sconfitto in quella
che aveva definito la partita della vita, vale a dire l’Emilia Romagna,
ma ora è messo sotto processo dagli storici compagni di coalizione,
Fratelli d’Italia e Forza Italia. Non a caso la pasionaria Giorgia
Meloni avverte: “Ora si dia l’idea di squadra”. Che è un modo per
ridiscutere tutte le candidature delle regionali della primavera
prossima, dalla Toscana alla Puglia, dalla Campania alle Marche.Eccezion
fatta, per Liguria e Veneto dove il centrodestra schiererà gli uscenti
Giovanni Toti e Luca Zaia.
Sia come sia, è vero che il
Capitano leghista, in una surreale conferenza stampa di circa sessanta
minuti, dissimula, rispolvera l’importanza del gruppo e della coalizione
e porge l’altra guancia quando appunto sottolinea che “mi sono alzato
soddisfatto, abbiamo fatto quello che è stato possibile”. Perché
l’Emilia Romagna è la regione rossa per antonomasia, ed è già un
risultato essersela giocata al fotofinish. Come dire, una sconfitta ci
può stare, anche perché “siamo alla ottava vittoria su nove”. Un attimo
dopo però l’ex ministro dell’Interno ritorna in sé e si proietta già in
campagna elettorale, puntando tutte le fiches sulla tornata della
primavera prossima quando si voterà in sei regioni. Ma se questa è la
superficie di un racconto, la dichiarazione ufficiale da diffondere alla
stampa, poi c’è la realtà con cui scontrarsi. E ora, appunto? Può
essere ancora una volta il terreno della campagna elettorale la
strategia di questo leader che gioca da solo, che oscura la sua
candidata governatrice, che accentra tutto su di sé, e che si immagina
presto, molto presto Palazzo Chigi?