di Daniele Manca e Fabrizio Massaro
Liquidità, liquidità, liquidità.
Subito. Adesso. Allo Stato, per spenderla in ospedali e sanità. E alle
imprese, per consentire loro di pagare stipendi e fornitori e superare
questo momento difficile. Non è la prima di crisi che Carlo Messina si
trova ad affrontare, ed è per questo che le parole che l’amministratore
delegato di Intesa Sanpaolo pronuncia, mentre in Italia sembra prevalere
la rassegnazione, sono di orgoglio nazionale: «Siamo un Paese forte,
abbiamo imprese eccezionali, il mondo apprezza i nostri prodotti e gli
italiani hanno 10.500 miliardi di risparmio, una cifra tra le più alte
al mondo. Giusto essere preoccupati, ma con la certezza che supereremo
l’emergenza e torneremo a crescere». Da banchiere che guida uno dei più
grandi istituti in Europa sa che le parole contano, ma ancor di più
contano i fatti. «Siamo pronti a donare fino a 100 milioni, li metteremo
a disposizione del Paese, per progetti specifici che affrontino
l’emergenza sanitaria. Con 100 milioni si possono fare tante cose». Sembra
tradurre in cifre quelle parole che il presidente della Repubblica ha
indirizzato al Paese giovedì sera, invitandolo a reagire.
Ma delle cose che si possono fare ce ne dica qualcuna, a cosa state pensando?
«Vogliamo rafforzare le strutture di terapia intensiva,
portando i posti letto da 5.000 a 7.500, per portare il sistema
sanitario in condizioni di mettere in sicurezza la salute degli
italiani. Ulteriori risorse potranno essere utilizzate per creare
ospedali da campo e per l’acquisto di apparecchiature mediche. Vogliamo
dare un contributo in grado di far fronte in maniera sostanziale
all’emergenza e rafforzare in maniera strutturale il sistema sanitario».
Un gesto raro in Italia, tanto che forse nemmeno la legge lo prevede. Donare soldi allo Stato, come si fa?