Riaprire il Paese adesso,
anche parzialmente “è francamente prematuro, inopportuno”. Di più:
“farlo ora vanificherebbe tutti i sacrifici fatti per fermare l’avanzata
del coronavirus nel nostro Paese”. Franco Locatelli va dritto al punto.
Per il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, che fa parte anche
del Comitato tecnico scientifico della Protezione civile, la lieve
deflessione che si registra nel numero dei nuovi casi di contagio da
covid-19, la riduzione del dato relativo agli accessi ai pronto soccorso
– specie in Lombardia- “devono essere una spinta a mantenere le misure
di contenimento e distanziamento sociale attualmente in vigore”.
L’obiettivo, non ancora centrato, è far abbassare sempre di più il
valore “R0” (“erre con zero”, che indica il tasso di contagiosità di un
virus) “fino a raggiungere almeno quota 1 (che vuol dire: una persona ne
contagia 1, ndr) – spiega Locatelli – Farlo diminuire ancora,
portandolo, dunque, sotto quota 1 sarà possibile solo facendo attenzione
al contagio interfamiliare e attraverso politiche ben strutturate di
“contact tracing” (per rintracciare tutte le persone venute in contatto
con i contagiati, ndr)”.
La voce è pacata, garbo e gentilezza
quelli che ricordano i suoi studenti alla Sapienza di Roma, dove insegna
Pediatria, e i genitori dei piccoli pazienti che ha in cura al “Bambino
Gesù”, dove dirige il dipartimento di Onco-Ematologia e terapia
cellulare e genica, ma il tono è fermo, determinato. Bisogna procedere
così per fermare il virus che sta spaventando il mondo. L’Italia non può
riaprire, non ancora. Non si può allentare la presa adesso.
Professor
Locatelli, partiamo dai numeri. L’ultimo bollettino mostra un nuovo
calo dei casi di positivi al Covid-19 e un incremento, il più alto
dall’inizio dell’emergenza, dei guariti. Cosa ci dicono questi dati?
“Premettendo che i dati è sempre meglio inquadrarli in una prospettiva di qualche giorno, possiamo dire che questa settimana stiamo registrando una lieve deflessione nel numero dei nuovi casi di positivi al Covid-19 e una riduzione degli accessi ai pronto soccorso, specie in Lombardia.